Quando cominciò a guardarsi attorno, all'alba di un nuovo secolo, Perugia, diranno poi gli storici, " era una città senza vocazione economica". Cioè rendita, piccoli artigiani, professionisti tradizionali, impiegati pubblici, l'università e poi la campagna che aveva plasmato la città e i suoi borghi. Qualcosa in realtà c'era, anche se non tutto durerà a lungo. La filanda Faina, il lanificio Bonucci, lo stabilimento bacologico e il cotonificio Pucci Cesarei. Così, Luisa Spagnoli, quando aprì con Francesco Buitoni in fondo a via Alessi una piccola azienda aveva quindici dipendenti e trenta anni. Aveva già comprato, con il marito Annibale Spagnoli, una drogheria. Facile pensare ai confetti e alle cose dolci.

Da allora, i  due cognomi, Spagnoli e Buitoni, avranno una vita parallela. Almeno finché Luisa vivrà e cioè sino al 1935, ma anche dopo. Una fabbrica di cioccolato per Buitoni ed una di abbigliamento per Spagnoli, dopo la Grande Guerra, e poi negozi  sparsi per l'Italia, gli uni e gli altri, cura intransigente della qualità, comunicazione sempre fantasiosa ed efficace. E poi l'originalità dell'offerta. Quei cazzotti che diventano baci e quei vestiti tessuti con una cosa che non s'era mai vista. La lana d'angora.

Questi percorsi paralleli attraverseranno le temperie della guerra e correranno sui binari, anch'essi, del boom e ancora dopo il miracolo economico. In fondo sono ancora lì, le due aziende, ma non si parlano più da tempo. La Spagnoli è sempre Spagnoli mentre la Perugina è nelle mani di una multinazionale svizzera. Si potrebbe pensare che le multinazionali siano più capaci di muoversi dentro i sentieri della modernità, di annusarli meglio. In realtà è stata proprio la famiglia Spagnoli a riposizionarsi nel mercato globale mentre la Perugina è finita in uno dei tanti tunnel che lasciano alle loro spalle le grandi aziende che si muovono sui mercati del mondo. La fabbrica, che ha preso il nome della città, come a Terni le acciaierie, si trascina dietro un nome troppo ingombrante per 867 dipendenti e trecento stagionali, zero investimenti e contratti di solidarietà per tutti, insomma meno lavoro. Il 10 febbraio l'azienda si incontrerà con i sindacati per discutere del futuro ma, cosa assai singolare, saranno i rappresentanti dei lavoratori a presentare il loro Piano di investimenti. La Nestlè ci penserà ancora un po' sino al 2 marzo, poi, forse, dirà la sua. In ballo c'è il futuro delle caramelle e dei biscotti, i prodotti che servono a completare il ciclo annuale in un'azienda legata alla stagionalità del consumo del cioccolato. Ceduti ad altri gelati e surgelati, ridimensionate le confezioni da regalo che impegnano troppa manodopera. L'azienda non pensa più alle ricette esclusive, vivacchia, mentre in città sta crescendo un piccolo distretto del cioccolato grazie all'iniziativa di diverse aziende artigianali. In realtà, Perugia sembra tornare, agli occhi del grande pubblico, la città del cioccolato una volta l'anno, in mezzo a quella fiera grande e caotica che è Eurochocolate. Per il resto, la crisi della sua fabbrica non muove più di tanto l'animo dei perugini e  l'attenzione delle istituzioni.

Il film che vedremo nei prossimi giorni in televisione e che ci racconta la vicenda di una grande imprenditrice come Luisa Spagnoli, la sua vita e, inevitabilmente, i suoi amori, ci parla degli anni felici, i primi, di una storia molto lunga.

Siamo spesso in televisione in questi ultimi tempi. A Spoleto con don Matteo che corre con la sua bicicletta sempre sulle stesse strade e sempre in discesa, ed ora a Perugia con la favola bella di Luisa e i luoghi del passato appena ritoccati per la televisione, ma non più di tanto perché la scalette di Sant' Ercolano, la piazza Grande, il Morlacchi e la via Vecchia, sono ancora lì, uguali a se stessi.

Luisa e la sua modernità ci voleva proprio, mentre i nostri amministratori a Palazzo dei Priori non fanno che sognare vecchi cortei, rievocazioni di tempi lontani, costumi e bandiere al vento. Autocelebrazioni di una nuova classe dirigente al potere? Anche alla luminaria di San Costanzo sono apparsi figuranti e coreografie che ci parlano non certo del Patrono ma dei tempi che verranno quando in campo scenderà nientemeno che Braccio Fortebracci da Montone a celebrare i fasti delle signorie e gli intrighi dei nobili perugini. Forse stiamo facendo un po' di confusione e chissà se San Costanzo avrà avuto voglia quest'anno di far l'occhiolino a qualche speranzosa fanciulla dagli occhi grandi come quelli di Luisa Spagnoli che sapeva guardare lontano e senza nostalgia. Lei, figlia di un pescivendolo e di una casalinga.

Renzo Massarelli

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