Renzi è doveroso che si dimetta subito, senza nessun condizionale. Bisogna ricostruire un partito radicato sui territori, rivitalizzare le sezioni, dare a queste un ruolo nelle decisioni politiche, come è avvenuto nell'SPD nei giorni scorsi. Aprire un confronto politico programmatico, valoriale, che porti, questo il mio auspicio, il PD ad assumere un chiaro profilo socialdemocratico. Seguitare a presentarsi da parte del PD, come un soggetto politico, che non si comprende bene quali valori e principi, stanno alla base della ragione d'essere del partito, non è più possibile.

Una scelta politica e culturale dalla quale far discendere di conseguenza le scelte, le proposte, in campo economico e sociale del partito. Un partito che sia capace primo di ascoltare tornando tra la gente, così come di saper indicare strade e obiettivi, con l'ambizione di far nascere un dibattito di massa su cosa fare per l'Italia e per l'Europa. Un partito in grado di mobilitare, portare nelle piazze, milioni di persone per reclamare modelli diversi di sviluppo, dove al centro ci siano sempre più gli interessi dell’uomo e meno quelli dei dividendi delle società multinazionali.

Aprire quindi una discussione su questa globalizzazione, questo liberismo, che la sinistra italiana e europea si è limitata a scimmiottare, mentre al contrario (ne sono da tantissimo tempo convinto), questa vada combattuta rilanciando una idea di cooperazione Nord Sud del mondo.

L’aver smantellato da parte soprattutto della sinistra infervorata negli anni passati dal sacro fuoco delle privatizzazioni, l’IRI, che aveva permesso all’Italia di diventare la settima potenza industriale nel mondo, è stato uno sbaglio, una miopia politica che abbiamo pagato a caro prezzo. Alla strategia di delocalizzazione messa in atto da multinazionali e da grandi gruppi industriali, con la conseguente desertificazione delle aree produttive, non è arrivata da sinistra una contrapposta credibile, efficace a fermare il fenomeno, ma solo un tentare di mettere toppe attraverso la elargizione di denari pubblici.

 Renzi ha affermato fino alla vigilia del voto, che si stava combattendo per essere il primo partito alla Camera e al Senato. Alla luce del rovinoso risultato, va preso atto che, questo suo dire, è la prova provata, che lui e il partito sono divenuti oramai un corpo estraneo alla società italiana; incapaci di percepire il disagio, la rabbia che da anni, in un crescendo rossiniano, andava dilagando nella società.  

L’On. Walter Verini: “abbiamo dato l’impressione che si discutesse di noi, non del Paese”. Quando cerano le sezioni territoriali che funzionavano, queste venivano frequentate spesso dai parlamentari, dai consiglieri regionali, da esperti di vari discipline. C'era un osmosi, uno scambio di informazioni, si costruivano programmi per i territori, assemblee pubbliche dove i cittadini potevano esprimersi, ci si confrontava con le tematiche nazionali. Insomma la democrazia partecipata e diffusa che saliva dal basso. Tutto questo è scomparso insieme agli iscritti.

Nessuno, a partire da Renzi, se ne è preoccupato di questa dissoluzione del tessuto militante diffuso sui territori. Il partito si è trasformato in comitati elettorali, che seguono i sondaggi, che anche in questa occasione, hanno dimostrato tutta la loro incapacità a fotografare, a capire e interpretare quello che va maturando nella società.

Su temi di grande rilevanza sociale come quelli del lavoro, delle pensioni, delle delocalizzazioni industriali, della sanità, dei trasporti, sicurezza, immigrazione e tanti altri, non ci sono stati luoghi in cui poter discutere e confrontarsi tra militanti. L’esplodere delle tante forme di violenza nelle periferie delle città, che ci hanno colto di sorpresa, ne sono una tragica testimonianza. Una volta in quei luoghi, cerano le sezioni del partito, oggi ci sono i fascisti di Casa Paund.

Insomma il PD, ma tutta la sinistra oramai da tempo, non vengono più percepiti dalla società, come soggetti portatori di un cambiamento radicale, di cui il voto ha fotografato impietosamente il bisogno.

 Certo quel fenomeno chiamato populismo, sta avanzando anche il Italia, ma non è con l’etichettare la Lega e i 5s, che fermeremo questo fenomeno. Ad una prima riflessione sul risultato elettorale, si capisce subito che gran parte dell’elettorato di sinistra ha votato per i 5s e per la Lega. E nemmeno l’operazione politica rappresentata da Grasso, messa su in tutta fretta ha fatto da argine alla emorragia di consensi al PD. Questo perché gli votanti hanno mandato a dire, senza tanti giri di parole, che operazioni fatte a tavolino per salvare il culo a qualche vecchio capataz rimasto appiedato non interessano più nessuno, non sono ricette credibili. E che, nella fattispecie, Bersani, D’Alema, Grasso & C. sono stati considerati appartenenti alla Casta politica che si è bevuta il Paese, quindi responsabili dello sfacelo almeno quanto Renzi, se non di più.

Sta tutto qui il successo di questi movimenti, esso affonda le radici nel fallimento di una politica incapace di scaldare i cuori, di riempire di aspettativa gli animi della gente. I giovani vivono il futuro più come una minaccia, che come una speranza. Ora tanta umiltà, tanta disponibilità a mettersi in discussione, in gioco c’è la qualità della nostra democrazia.

Renato Casaioli

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