La legge 180 del 1978, la cosiddetta Legge Basaglia, è tuttora una delle poche riforme legislative di cui la storia dell’Italia repubblicana può menare vanto e credito presso la comunità internazionale, una delle poche riforme effettivamente coerenti al significato più stretto ed alla storia di questa parola che ha riconosciuto per la prima volta i diritti costituzionali dei pazienti psichiatrici, ponendoli sullo stesso piano di tutti gli altri cittadini.

Dopo i tanti tentativi andati a vuoto che nel corso degli anni si sono prodotti per affossare il portato “rivoluzionario” della legge e dopo quelli di maggiore successo che hanno tagliato le gambe ai servizi territoriali che quella legge prevedeva, v’è ora da parare la nuova minaccia portata dalla proposta di modifica dell’ordinamento in materia di assistenza psichiatrica presentata dal deputato del PDL Ciccioli, così come approvata nei giorni scorsi dalla Commissione affari sociali della Camera.

Dietro il proposito solo apparentemente ammirevole di “sostenere le famiglie dei pazienti, oggi abbandonate a se stesse”, si nascondono invece due aspetti per niente ammirevoli: un approccio alle problematiche di salute mentale che ci riporta indietro di mezzo secolo e che va contro quella territorializzazione delle cure così pervicacemente voluta dalla Legge Basaglia e la tutela degli interessi economici privati che si attendono più posti letto in convenzione dal ritorno alla ghettizzazione extra ospedaliera dei pazienti psichiatrici nelle strutture di ricovero e di contenimento prolungati.

La trasformazione del trattamento sanitario obbligatorio in trattamento sanitario necessario contenuto nella proposta del parlamentare e psichiatra di scuola manicomiale annulla il riconoscimento del paziente psichiatrico e della sua dignità. Se il TSO costituisce un provvedimento obbligatorio solo in contingenze straordinarie e nell’ambito di un percorso terapeutico e socio-sanitario in cui è costante la negoziazione tra chi cura e chi viene curato, con il TSN torna a farsi avanti la concezione preriforma che considera il paziente come oggetto, non ne prevede più il consenso per la terapia e lo riconfina nei limiti di un’inesorabile incurabilità della malattia mentale e della sua pericolosità.

Se la proposta dovesse superare il vaglio delle due Camere, il trattamento sanitario necessario avrà una durata di quindici giorni anziché dei 7 previsti oggi per il TSO e prolungabili se il medico lo ritenesse opportuno. Ma il peggio della modifica si presenta al termine dei 15 giorni con il trattamento che potrà essere prolungato dietro proposta motivata del responsabile dell’SPDC, il servizio psichiatrico di diagnosi e cura, il cosiddetto “repartino”, senza specificare esattamente fino a quando.
E’ qui che la proposta di Ciccioli interviene a gamba tesa ed introduce la fattispecie di Trattamento sanitario necessario extraospedaliero, oggi non previsto dalla Basaglia, con una durata di sei mesi, prolungabili a dodici a discrezione dello psichiatra, senza però specificare esattamente che al loro termine il trattamento non sarà più rinnovabile.

Come si vede, la proposta è subdola e costituisce una manipolazione dell’impianto fondamentale della Legge Basaglia e dell’organizzazione dei servizi di salute mentale come si è imposta con ottimi risultati nei 34 anni dalla sua promulgazione. Se non c’è la previsione di un termine, subentra infatti la possibilità che il nuovo regime di trattamento possa essere rinnovato ancora di sei mesi in sei mesi, fino al trattenimento a tempo indefinito del paziente in strutture sanitarie quasi sempre private che così possono contare sull’acquisto di un posto letto per sei mesi, un anno ed anche di più. Da questo punto al ritorno dei manicomi altrimenti denominati il passo sarebbe breve.

Altro che sostegno alle famiglie dei pazienti: si torna indietro alla vecchia terapia psichiatrica, con la deresponsabilizzazione del medico che si dimentica di controllare il suo paziente per sei mesi abbattendo così la continuità delle cure e con il riallontanamento dal contesto sociale e affettivo di un malato che si torna a considerare un pericolo per l’ordine pubblico, una minaccia incombente e permanente per la sicurezza sua ed altrui. Al contrario di quanto rivendica Ciccioli per la sua proposta di modifica, il sostegno alle famiglie si è potuto affrontare per la prima volta nel nostro Paese proprio grazie alla Legge Basaglia: prima del 1978 le famiglie non venivano nemmeno considerate, visto che gran parte dei malati di disturbi psichici venivano strappati dai loro contesti relazionali e rinchiusi negli ospedali psichiatrici per anni. La legge 180, invece, con la chiusura dei manicomi e la costituzione dei dipartimenti di salute mentale organizzati a livello territoriale, ha determinato le condizioni affinché si lavorasse per il reinserimento dei malati psichici nel contesto sociale e nel proprio contesto familiare.

E’ triste verificare come nell’attuale fase di instabilità politica ed istituzionale, vi siano tanti in questo Parlamento che non indugiano ad approfittare per imporre provvedimenti di controriforma e di ritorno al passato e sono disposti a spazzare via pezzi importanti della nostra migliore civiltà giuridica e delle eccellenze organizzative del nostro sistema sanitario, solo per favorire interessi economici precisi. Alla base della proposta Ciccioli c’è infatti la vecchia concezione dei disturbi mentali come un problema di ordine pubblico, per cui i malati psichiatrici andavano allontanati dal contesto sociale per motivi, non di salute, ma di sicurezza. Il risultato era la dipendenza istituzionale, l’aggravamento della patologia psichica e la negazione dell’autonomia di pazienti in cui la malattia li avrebbe inesorabilmente e con tanti stenti accompagnati fino alla morte, con l’insorgenza della sindrome dovuta proprio alla lunga permanenza in questi istituzioni chiuse dove tutti i diritti venivano annullati e ogni possibilità di libera scelta veniva annullata.

Tutte queste problematiche sono tuttora largamente e gravemente presenti proprio in quelle strutture extraospedaliere dove la proposta Ciccioli vorrebbe rinchiudere i pazienti psichiatrici soprattutto nei casi in cui la convivenza con il paziente comporti rischi per la sua incolumità fisica o dei suoi familiari, cioè in quella miriade di cliniche psichiatriche private che campano e lucrano proprio sulle inevitabili inefficienze di un sistema sanitario a cui ogni anno vengono sottratte risorse umane ed economiche. Già oggi i soldi che molte Regioni non spendono per i dipartimenti di salute mentale vengono spesi per sostenere questi manicomi di fatto dai nomi così accattivanti e rassicuranti.

Il nodo cruciale si presenta proprio in questa fattispecie: in Italia strutture ospedaliere e Centri per la salute mentale sono sparsi in tutto il territorio e, attraverso programmi semplici e dai costi contenuti, hanno riportato nel corso degli anni ottimi risultati. Il vero problema, semmai, riguarda le differenze di offerta, di funzionamento e di pratiche tra le diverse Regioni ed anche nell’ambito di una stessa regione.
L’eliminazione di queste differenze e la maggior cura di quei servizi pensati da Basaglia e predisposti grazie ad una legge comunque migliorabile e modificabile dovrebbero essere i primi e più importanti obiettivi di una politica sanitaria e sociale attenta, realmente riformatrice ed effettivamente preoccupata dei disagi che tuttora sono vissuti dai pazienti e dalle loro famiglie.
Se questo Parlamento non è in grado di farlo, che almeno non tocchi niente. Se la gran parte dei suoi componenti si preoccupano di favorire gli interessi dei privati in sanità, continuandola ad assaltare finchè c’è tempo e possibilità, abbiano almeno l’accortezza di non farlo su una delle poche cose su cui il mondo intero ci prende a modello.

L’Umbria, con le sue Istituzioni, le sue forze democratiche e di progresso e la sua società civile, fu protagonista di quella grande stagione riformatrice che rese infine possibile, con la Legge Basaglia, la chiusura dei manicomi e l’affermazione di un nuovo modo, sanitario, culturale e sociale, di affrontare la malattia mentale. Oltre l’Umbria, anche il nostro territorio fu direttamente protagonista di quella prova di civiltà: Carlo Manuali fu uno dei padri della nuova psichiatria, fu uno degli ispiratori della Legge 180 ed operò nella stessa USL di cui Gualdo faceva allora parte, con benefici importanti e verificabili su tanti pazienti e sulle loro famiglie anche nella nostra Città.

Una tradizione, dunque, che va difesa in virtù del miglioramento radicale delle condizioni di chi vive problematiche di salute mentale ottenuto proprio grazie alla Legge 180. E’ un bene che anche dall’Umbria e dal nostro territorio parta e si renda possibile una mobilitazione istituzionale, politica e civile contro la regressione che si prepara, per difendere la dignità e la possibilità di riscatto delle persone che vivono l’esperienza del disturbo mentale, per salvaguardare il loro diritto a stare nella società e conservare le loro relazioni affettive, per dare effettivo sostegno alle loro famiglie attraverso le migliori pratiche di corresponsabilità e per esaltare l’operato dei tanti operatori di sanità e del Terzo settore cooperativo che anche dalle nostri parti si occupano di queste persone con grande impegno, innegabile professionalità ed encomiabile dedizione.

Per la sinistra per Gualdo
Gianluca Graciolini

 

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