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Al referendum sull'accordo per il futuro di Pomigliano d'Arco hanno vinto i sì con il 62,2% (2.888 voti), i voti contrari sono il 36% (1.673). Il primo dato di fatto è che due operai su tre sono stati messi nella condizione di tradire se stessi, in primo luogo, i colleghi di Pomigliano e, in definitiva, i lavoratori di tutta Italia. La deriva che presuppone l’atteggiamento della FIAT tanto sprezzante quanto padronale è chiarissima: nessun diritto sarà al riparo dal ricatto della delocalizzazione, il piano inclinato lungo il quale si vuol far rotolare duecento anni di conquiste del lavoro porta fino all’incredibile evocazione di un famigerato piano C che l’amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, avrebbe già predisposto qualora l’esito del referendum sull’accordo per Pomigliano non fosse stato da lui ritenuto soddisfacente. Questo piano consisterebbe nella chiusura dell’attuale società che gestisce lo stabilimento campano seguita dal licenziamento e da una successiva riassunzione del personale, selezionata presso un’azienda nuova di zecca. Naturalmente questa azienda, casualmente, riassumerebbe tutti i lavoratori che hanno votato si e non quelli che hanno votato no. Rifondazione comunista di Perugia pensa che di fronte a questa barbarie ci debba essere una risposta durissima di tutti i lavoratori di tutti i settori, produttivi e non, perché sono in gioco due secoli di conquiste del mondo del lavoro. Il secondo dato di fatto è che un operaio su tre è riuscito, nonostante le immani pressioni, a non tradire se stesso e la classe sociale a cui appartiene neppure sotto il ricatto della fame e della disoccupazione per sé e per i suoi familiari. Le straordinarie pressioni subite dagli operai in questa settimana si sono sviluppate in varie forme: i capi girano nello stabilimento invitando a votare si, nei punti ristoro viene trasmesso un dvd che manda in onda uno spot sulle ragioni del voto, con l’indicazione del sì, a chi dice che voterà no, viene mostrato un tabulato con un elenco di nomi: questo poi lo passiamo all'azienda, si dice a tutti: se i sì al referendum saranno al di sotto del 90 per cento, per la Fiat scatta il piano C. In queste condizioni una parte importante della fabbrica non ha abboccato, non ha piegato la testa. Un risultato, quello dei «no», molto al di sopra dei consensi che in teoria sommerebbero la Fiom e lo Slai Cobas, il fronte contrario all'intesa. Da qui bisogna ripartire verso lo sciopero del 25 giugno consapevoli che nulla è più come prima dopo la svolta padronale e infame della FIAT. Per Rifondazione Comunista di Perugia lo sciopero del 25 è contro la manovra finanziaria ma anche, e soprattutto, contro questo nuovo modello di imposizioni (non relazioni) industriali. Sappiano i padroni (quelli veri, quelli che fanno i soldi nella crisi e sulla pelle dei lavoratori e non i piccoli imprenditori o gli artigiani) che l’escalation che hanno attivato non vedrà inerti e amorfi le classi sociali di cui si vuole cancellare ogni diritto. La riuscita dello sciopero di venerdì è fondamentale per lo sviluppo di una vera opposizione politica e sociale che sia si contro il Governo ma anche, e soprattutto, contro le logiche Confindustriali che hanno volutamente sabotato questo sciopero cercando di isolare e indebolire la CGIL con il referendum di Pomigliano. Per questo saremo a Perugia con la Cgil, contro il Governo e contro Confindustria. Enrico Flamini Segretario Provinciale Prc Perugia Federico Santi, Segreteria Provinciale Prc Perugia, Responsabile Lavoro. Condividi