Terza parte

Prospettive politiche

di Luca Santini

Il tema della tutela del reddito si impone dunque come cruciale e ineludibile per sortire in modo virtuoso da questa lunga crisi europea. In effetti l’opinione pubblica del continente appare, su questo argomento, molto meno statica di quel che sembra. Una ricca serie di iniziative in materia di reddito garantito si è susseguita nelle ultime settimane; poiché i mezzi di informazione non sempre hanno mostrato l’attenzione dovuta, vale la pena richiamare brevemente le notizie.

In Spagna è stata ufficialmente depositata (il 15 gennaio per la precisione) una iniziativa di legge popolare e di conseguenza ha preso avvio una campagna di raccolta delle firme (dovranno essere mezzo milione nei prossimi nove mesi). Il testo di legge mira ad introdurre nel territorio spagnolo un reddito di cittadinanza “individual, universal e incondicional” sufficiente a coprire le necessità di base (i promotori fanno riferimento, riecheggiando una risoluzione del parlamento europeo in tema di reddito minimo, a un ammontare pari al 60% del reddito mediano, cioè attualmente pari ad euro 645 circa). La proposta mira a coprire, in una prima fase, tutti i residenti in Spagna che sono privi di altre entrate o che hanno redditi inferiori alla soglia suddetta; in una seconda fase però la misura dovrebbe estendersi fino a configurare un diritto universale di cittadinanza.

Il 4 ottobre 2013 sono state invece depositate in Svizzera le centomila firme necessarie a sostenere l’istituzione di un referendum sull’introduzione del reddito di cittadinanza; i cittadini svizzeri saranno dunque chiamati a votare (probabilmente nel corso dell’anno 2015) su una proposta che prevede che la Svizzera conceda 2.500 franchi svizzeri al mese (pari a circa 2.000 euro) a ogni cittadino maggiorenne e l’equivalente di 500 euro mensili a chi non ha ancora compiuto 18 anni. Per festeggiare il raggiungimento del numero di firme necessarie i promotori dell’iniziativa hanno realizzato un’azione dimostrativa molto particolare: hanno letteralmente inondato Berna di denaro, versando nella piazza del parlamento otto milioni di monete da cinque centesimi (una moneta per ogni persona che vive in Svizzera, hanno spiegato).

Il reddito di cittadinanza proposto dall’iniziativa popolare non è subordinato ad alcuna contro prestazione e non è sostitutivo di un salario o di un’indennità perduti. E’ individuale, nel senso che si prevede venga dato alle singole persone, e non alle famiglie. Come si ricorderà gli svizzeri hanno votato il 24 novembre scorso un referendum che mirava ad imporre un tetto agli stipendi dei manager; la proposta non è passata, tuttavia, nonostante l’opposizione di tutte le maggiori forze politiche e l’intervento massiccio per contrastare la proposta di tutti i media e le principali corporation, i favorevoli hanno superato la soglia del 35%. Sarà dunque interessante vedere se, una volta bocciata la proposta di un reddito massimo, sarà invece approvata dagli elettori svizzeri l’idea di una soglia minima inderogabile. Sul piano invece della politica continentale va segnalata la conclusione della campagna per un reddito di base incondizionato lanciata dodici mesi fa nella forma dell’Ice (iniziativa dei cittadini europei, strumento che come noto consente di presentare petizioni alla Commissione e al parlamento europei con il sostegno di un milione di firme di cittadini dell’Unione). La campagna si è conclusa purtroppo senza successo, anche se è stato raggiunto il ragguardevole risultato di ben 285.042 firme di cittadini europei nei 28 Paesi.

In Italia giace in parlamento dal 15 aprile scorso una proposta di legge di iniziativa popolare appoggiata da oltre 50.000 cittadini e da oltre 170 tra associazioni, comitati, partiti politici. L’articolato di legge e ispirato a quanto di meglio avviene nei vari Paesi europei sul fronte della tutela del reddito e si pone nel solco della indicazioni offerte dal parlamento europeo nella risoluzione del 20 ottobre 2010 “sul ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa”.

Un insieme di leggi delega contenute nel provvedimento (in tema di salario minimo, di estensione del sussidio di disoccupazione e di razionalizzazione della spesa assistenziale) mira a raggiungere una modulazione coerente tra i livelli di reddito nei vari momenti della vita lavorativa della persona, con una modulazione razionale delle forme di protezione nei casi di disoccupazione di breve o di lunga durata. Il Governo sembra per la verità piuttosto refrattario a incamminarsi su questa strada, sebbene in parlamento ci sarebbe una maggioranza di eletti favorevoli al tema, posto che ben tre forze politiche (Sel, Partito democratico e Movimento 5 Stelle) hanno depositato altrettanti disegni di legge; per non parlare del sempre più vasto consenso che il reddito garantito incontra fuori dalle istituzioni, tra la cittadinanza e la società civile.

L’incalzare della crisi e la compiuta maturazione del dibattito, costituiscono obiettivamente dei punti a favore della battaglia per il reddito garantito. La politica appare però ancora drammaticamente debole e incapace di prendere decisioni coraggiose. Ciò che forse ancora manca, in questi tempi di politica debole, è una sorta di “vincolo esterno”, che nelle condizioni date non può che venire dall’Europa politica e istituzionale. L’Unione europea dovrebbe prendere un’iniziativa forte nel senso della tutela della dignità e del “diritto ad esistere” dei cittadini, indicando agli Stati membri anche le forme di possibile copertura finanziaria della misura. Reddito garantito e tassazione a livello continentale delle transazioni finanziarie, potrebbe questo binomio essere la base per la costruzione non più rinviabile di un’Europa sociale?

* presidente dell’Associazione Basic Income Network – Italia

Fonte: Alternative per il Socialismo

Condividi