di Fulvio Perini

Ho sen­tito per la prima volta il nome di Pie­tro Ichino qual­che anno dopo la scon­fitta alla Fiat del 1980, quando in Par­la­mento si stava discu­tendo delle norme di supe­ra­mento del col­lo­ca­mento pub­blico e della abo­li­zione della assun­zione per chia­mata nume­rica, inven­zione di un con­ser­va­tore dal nome Giu­seppe Di Vit­to­rio (c’è un bel ricordo di Vit­to­rio Foa sulle sue pro­po­ste in un incon­tro in una lega dei brac­cianti dove ave­vano liti­gato su chi doveva essere il primo ad andare a lavorare).

Allora ero in segre­te­ria regio­nale della Cgil a Torino e seguivo le que­stioni del mer­cato del lavoro e della mobi­lità dei lavo­ra­tori. Allora «mobi­lità» non era sino­nimo di licen­zia­mento, venivi posto in cassa inte­gra­zione straor­di­na­ria e poi attra­verso la Com­mis­sione regio­nale per l’impiego si atti­vava la ricerca di domande di forza lavoro per il reimpiego.

Di quel periodo e di quella espe­rienza ho il ricordo inde­le­bile dei 179 sui­cidi tra i lavo­ra­tori della Fiat posti in cassa inte­gra­zione a zero ore.

Ed ho il ricordo dei miei incon­tri all’ufficio legale della Cgil di Torino con Marian­gela Roso­len, par­la­men­tare tori­nese del Pci. Gli incon­tri erano pres­so­ché set­ti­ma­nali e par­te­ci­pa­vano gli avvo­cati della Cgil per scri­vere emen­da­menti e con­tro­pro­po­ste all’abolizione del col­lo­ca­mento pub­blico e della chia­mata nume­rica al lavoro: quando Marian­gela ritor­nava dal lavoro par­la­men­tare a Roma ci rac­con­tava che le pro­po­ste erano state cas­sate sulla base del giu­di­zio nega­tivo del par­la­men­tare Pci Pie­tro Ichino e che, quando emer­geva un dis­senso in Com­mis­sione, inter­ve­niva il capo­gruppo alla Camera del Pci per dare soste­gno a Ichino. Il capo­gruppo era Gior­gio Napolitano.

Anche allora i "con­ser­va­tori" per­sero ed ora si può lavo­rare qual­che ora con un biglietto com­pe­rato dal tabaccaio.

Ho chie­sto nei giorni scorsi a un dele­gato sin­da­cale della Fiom della Fiat Mira­fiori – che ha lavo­rato sette giorni negli ultimi tre mesi – quali erano i lavo­ra­tori in cassa inte­gra­zione che ruo­ta­vano tra lavoro e cassa e quali no: gli ini­do­nei o par­zial­mente ido­nei al lavoro non ruo­tano. Non solo, dopo lo scio­pero alla Mase­rati di Gru­glia­sco il signor Mar­chionne aveva bloc­cato il pas­sag­gio di alcune cen­ti­naia di lavo­ra­tori dalla cassa inte­gra­zione alla Mira­fiori al lavoro alla Mase­rati, poi aveva cam­biato idea, forse gli ave­vano spie­gato che per pro­durre più Mase­rati erano neces­sari più lavo­ra­tori, e i tra­sfe­ri­menti sono ini­ziati, ma è anche ini­ziata la sele­zione medica e parec­chie lavo­ra­trici e lavo­ra­tori sono stati rispe­diti indietro.

Sem­bra che si con­fermi il rein­te­gro quando avviene per discri­mi­na­zione; lo scrisse già la signora For­nero. Ma da trent’anni la più grande e dif­fusa discri­mi­na­zione tra lavo­ra­tori non avviene per ragioni di etnia, di sesso, di reli­gione o di genere ma per ragioni di effi­cienza fisica delle risorse umane.

E a pro­po­sito di donne che lavo­rano, non va igno­rato che tutti gli studi epi­de­mio­lo­gici evi­den­ziano come incon­trano prima degli uomini il momento in cui nella loro vita subi­scono delle disa­bi­lità, dati ripor­tati negli atti degli «stati gene­rali delle donne», con­fe­renza pro­mossa annual­mente dal mori­turo Cnel.

Oggi in cassa inte­gra­zione ci sono circa mezzo milione di lavo­ra­trici e di lavo­ra­tori che hanno in molti casi subito delle sele­zioni per ragioni di salute, sono i pros­simi can­di­dati al licenziamento? Inol­tre, va con­si­de­rato che il feno­meno dei sui­cidi rap­pre­senta solo la punta dell’iceberg dell’emarginazione e del disa­gio deri­vante dalla per­dita del lavoro. Gli studi sul ricorso ai ser­vizi di salute men­tale dei lavo­ra­tori emar­gi­nati sono anch’essi nume­rosi e si pos­sono leg­gere. Sarebbe inte­res­sante cono­scere anche l’incidenza degli infarti car­diaci tra i lavo­ra­tori licen­ziati e in mobi­lità e non è dif­fi­cile rico­struire i dati.

Sul gior­nale della Con­fin­du­stria c’è un arti­colo che annun­cia che con la fles­si­bi­lità si sono creati nel mondo 10 milioni di posti. Nel sot­to­ti­tolo si evi­den­zia "con­tratti a costo dimez­zato per i neoas­sunti nel set­tore auto­mo­bi­li­stico". Dicono che non ci sarà una ridu­zione dei salari ed è l’ennesima bugia: quali sono il sala­rio ed i diritti di par­tenza? Entrare in una impresa di puli­zia con il con­tratto a tutele cre­scenti al 65–70% del sala­rio del pri­vi­le­giato già assunto, per impa­rare in tre giorni come si fa il lavoro e aspet­tare tre anni per supe­rare il periodo di prova non si con­fi­gura, anche in que­sto caso, come discriminazione?

So già la rispo­sta, non è apar­theid per­ché è il mer­cato che decide. Ma io il signor Mer­cato non ho ancora modo di cono­scerlo, cono­sco invece il signor Mar­chionne, il signor Pas­sera … e ora anche il signor Renzi e via di seguito…

Non decide il mer­cato, deci­dono loro.

I servi della gleba erano servi per­ché vin­co­lati alla terra. Come ci ha spie­gato Karl Polany, ci volle l’abolizione delle norme medie­vali sul vin­colo a dimo­rare nel ter­ri­to­rio della par­roc­chia e la «Spee­n­ham­land Law» che garan­tiva il pane per sfa­marsi per te e la fami­glia alla fine della gior­nata per costruire un mer­cato del lavoro. Ed ora siamo ai servi del mercato.

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