Un manifesto non basta, per vincere serve allearsi

di Andrea Fabozzi
Un minuto dopo aver sorprendentemente vinto le elezioni a Napoli, Luigi De Magistris ha cominciato a spiegare che bisognava «andare oltre». E ha continuato, disegnando poco a poco i contorni del suo progetto politico nazionale al quale si è dedicato mentre cominciava a sperimentare le durezze del mestiere di sindaco. Il progetto ha finito col prendere la forma di una «lista civica nazionale». E così, quando giovedì scorso è diventata pubblica l’iniziativa di lancio di un «soggetto politico nuovo» (questo giornale ha pubblicato il manifesto fondativo) che ha tra i promotori due assessori della giunta napoletana e il capogruppo della lista del sindaco, inevitabilmente ci si è messi in attesa dell’adesione del primo cittadino. Che invece non è arrivata. Anzi, passati due giorni De Magistris ha precisato che questo «soggetto», del quale pure condivide l’ispirazione, non è la «sua» lista. In questa intervista spiega le sue ragioni e lascia intuire qualche differenza di vedute con le persone che gli sono politicamente più vicine, rispetto ai tempi e ai contenuti dell’iniziativa.
Sindaco, un nuovo soggetto politico costruito attorno al concetto di bene comune: perché non c’è la sua firma?
Cominciamo col dire che non si costruisce niente di buono sul leaderismo di una persona sola e dunque questa lista non può avere come organizzatore o trascinatore a livello nazionale il sindaco di Napoli. Io faccio il sindaco 18 ore al giorno e una nuova lista deve radicarsi ovunque, dall’Alto Adige alla Sicilia. Può contare su tutto il mio appoggio ma non sulla mia partecipazione in prima fila. Anche perché sono convinto che in politica i tempi non siano affatto secondari.
Significa che questo «soggetto» è venuto fuori troppo presto?
Considero questa iniziativa un fatto positivo. Avevo letto il documento prima della sua presentazione pubblica e si sono raccolte firme importanti e contenuti condivisibili. La mia opinione è che si debba costruire in modo organizzato, intelligente e con la tempistica giusta un qualcosa che non sia un fatto solamente velleitario, contenutistico.
Ma sia un quid pluris che serva a vincere le elezioni nel 2013. Un qualcosa in più da aggiungere ai partiti della sinistra?
Da tempo sono convinto che una lista civica nazionale possa aiutare quella parte dello scacchiere partitico esistente, fuori e dentro il parlamento, a creare un’alternativa tanto a Berlusconi quanto a questo governo. Ne sono più convinto adesso di fronte a un inaccettabile progetto di legge elettorale che non prevede l’indicazione preventiva delle coalizioni e costruisce le condizioni per un’altro governo Monti, o Passera. Per il manifesto di cui parliamo, invece, le organizzazioni partitiche già in campo sono «out». Secondo me è fondamentale ragionare assieme ai movimenti e alle organizzazioni come la Fiom, ma non lo si può fare in contrapposizione a tutto il sistema dei partiti. In questo senso va il mio lavoro. Io credo che oggi per vincere si debba avere un’interlocuzione importante con quei partiti che stanno dimostrando di voler costruire un’alternativa. Penso in primo luogo a Italia dei valori, alla Federazione della sinistra e a Sel. Ma sono interessato anche al dibattito interno al Pd. Credo che una lista civica nazionale costringerà una parte del Pd a scegliere con chi stare.
Queste preoccupazioni le provengono dal fatto che lei, in quanto amministratore, con i partiti deve fare i conti?
Per niente, i partiti nella mia esperienza di governo contano molto poco. Napoli da questo punto di vista è un esempio. Ma nel progetto di lista civica tanti altri sindaci e amministratori locali dovranno dare una mano, anche se non potranno dedicarsi a tempo pieno avendo un altro lavoro da fare. Il loro appoggio è fondamentale se davvero vogliamo provare a vincere le elezioni nazionali, che non è una cosa semplice.
Il soggetto che è venuto alla luce giovedì scorso non le pare sufficientemente attrezzato per la vittoria?
Quello non è un soggetto né un movimento politico. Quello è un manifesto. È un contributo – fondamentale – alla costruzione di una lista civica nazionale. È ovvio che se fosse tutto lì non si vincerebbe mai. Ma io non credo, come ha sostenuto qualcuno che questa accelerazione, al limite estemporanea, produca danni. Penso al contrario che sarà utile. A prenderla male sono astati soprattutto alcuni rappresentanti della sua maggioranza, del suo stesso partito.
Le è ancora un iscritto all’Idv?
Da quando sono diventato sindaco non sono più iscritto all’Idv e quest’anno non ho rinnovato la tessera, ma non è questo il punto.È vero che qualcuno ha visto in questo «soggetto» una fuga in avanti e capisco che a prima vista possa sembrare una critica giusta. Io voglio leggerlo invece come una prima risposta, a un anno dalle elezioni politiche. Secondo me andava più condivisa, sarebbe stato più utile allargare la rete delle persone che potevano essere da subito soggetti fondatori non solo di un appello-manifesto ma anche di una lista. Diciamo che c’è stata un’accelerazione da parte di chi in perfetta buona fede aveva l’ansia di cominciare a percorrere il paese per favorire il cambiamento. Però su quel manifesto bisogna costruire rapporti e alleanze. Senza nasconderci che anche la lista civica non può essere l’obiettivo finale, tutt’al più può essere uno strumento. L’obiettivo, dopo le elezioni, sarà trovare una nuova forma organizzativa. Il manifesto di cui parliamo insiste sul concetto di «partecipazione».
Così come fa anche lei, che però dopo la vittoria su questioni come l’immigrazione e la legalità ha finito col rompere con i movimenti che l’avevano sostenuta.
Ci sono state contestazioni ma sono state molto molto marginali, In generale la nostra esperienza di democrazia partecipativa sta andando molto molto bene. È inevitabile che su alcuni temi si apra un confronto, ma siamo a Napoli. E d’altronde la democrazia serve a questo. Proprio oggi (ieri per chi legge) a Bagnoli è in corso una contro-coppa America, ed è un successo. Quell’iniziativa io non la leggerei come una cosa contro di me. Tant’è vero che si chiama la «Giggin Vitton Cap». Voglio ricordare che ero io a voler fare le regate a Bagnoli. Se adesso si vuole sostenere che Bagnoli non dev’essere abbandonata e va rilanciata io sono d’accordo. È un tema che condivido in pieno e mi unisco alla richiesta al governo nazionale perché completi i fondi necessari per bonificare la colmata a mare, quella che non ha consentito di svolgere le gare. Sui temi cruciali in città c’è un confronto aperto com’è giusto che sia. Però alla fine siamo sempre riusciti a trovare una sintesi importante. Secondo me anche grazie al fatto che la nostra è un’esperienza lontana dai partiti. Io oggi sono tanto il sindaco dell’America’s cup, che è un evento che serve soprattutto per rilanciare internazionalmente l’immagine della città e portare investimenti e turismo, quanto della «Giggin Vitton Cap». La democrazia partecipativa è anche il luogo del conflitto e del confronto duro, altrimenti sarebbe solo acclamazione del sindaco.
La tendenza leaderistica non le è certo estranea.
Secondo me l’elezione diretta del sindaco è stata una delle poche leggi buone degli ultimi venti anni. Il sindaco ha un rapporto diretto con le comunità e credo che sia giustificata una certa forma di responsabilità personale e di leadership. Napoli in particolare, storicamente, è una città che ha bisogno e vuole una figura di riferimento forte. Se è una figura democratica è garantito che si terrà lontana dall’autoritarismo, così come fa tutta la mia giunta. Io mi confronto con tutti, poi decido in tempi rapidi. Semmai il problema è che le decisioni non trovano una macchina organizzativa che ha i tempi delle scelte politiche. Ci stiamo lavorando.
Fonte: Il Manifesto

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