Dopo la sonora batosta elettorale, sembra che il Renzi abbia pronto un piano tattico per giocarsi il tutto per tutto sul referendum costituzionale e rimanere, così, un uomo solo al comando. Già l’intenzione di voler seguitare a comandare da solo, la dice lunga sul fatto che la severa lezione scaturita dalle urne non gli abbia insegnato nulla e che il “fu rottamatore” perde pezzi uno dietro l’altro, ma non il vizio.

Procediamo però con ordine, rivolgendoci innanzitutto una naturale e necessaria domanda: cos’è la “bestia” citata nel titolo? “The Beast”, ideata negli Stati Uniti da Jim Messina a sostegno di Obama in occasione delle presidenziali americane per il secondo mandato, è una struttura propagandistica a tre teste -una politica, una digitale e una operativa- che, negli auspici dell’inquilino “pro tempore” di Palazzo Chigi uscito rotto dal voto popolare, dovrebbe tentare di porre un freno al sempre più vigoroso e gagliardo “Fronte del NO” in vista della consultazione di ottobre.

L’accelerazione sul battesimo della “bestia” discende dalla quasi banale considerazione che le recenti elezioni comunali hanno evidenziato, inconfutabilmente, il seguente dato di fondo: i partiti tradizionali, PD in testa, vengono percepiti dalla generalità dei cittadini come odiosi comitati d’affari o, ancor peggio, di malaffare e, quindi, i cittadini stessi si sono rivolti o verso il M5S, avvertito invece quale garante di legalità e di giustizia sociale, oppure si sono astenuti.

Ne è conseguito che due elettori su tre hanno esternato sentimenti politici di profonda avversione e contrarietà al cosiddetto centrosinistra e, se questa pulsione come prevedibile sarà confermata in ottobre, per Renzi e il suo partito non vi sarà alcuna via di scampo.

Ma il paladino delle mille promesse, mai mantenute, mostra di non volersi ancora arrendere. E così tenta disperatamente di correre ai ripari! Come? Con la “bestia a tre teste”, appunto!

La prima delle tre teste, quella politica, è costituita da uno staff ristretto che elabora indagini demoscopiche, detta le linee della strategia comunicativa, redige discorsi pubblici e organizza raccolte di fondi monetari. La seconda, quella digitale, è formata da una più numerosa equipe di addetti che monitora i flussi e le tendenze preferenziali provando a invadere, se non addirittura ad aggredire, la rete di internet con particolare riguardo ai social network. La terza, quella operativa, è infine composta da venti mediatori, uno per ogni regione italiana, e ha il compito di coordinare i volontari sparsi sul territorio nazionale e, cioè, tutti coloro che hanno aderito ai comitati per il sì.

Spetterà, infatti, agli aderenti a detti comitati la gestione del “porta a porta” elettorale, considerata di vitale importanza proprio da quel Jim Messina di cui si è accennato sopra. Nel presentarsi a quello che fu “il giglio magico”, ora più tragico che magico, quest’ultimo ebbe testualmente a dichiarare: “La struttura della bestia è rigida e organica, prevede una ferrea disciplina politico-militare da ramificare nel Paese reale e, inoltre, non consente di disattendere le direttive provenienti dalla mente decisionale”.

Mi pare superfluo dover commentare tali parole, tanto esse sono chiare nel loro significato tipico della renziana mentalità autocratica.

Un’ultima annotazione in forma interrogativa: chi pagherà tutto ciò? Se dovesse essere Palazzo Chigi, sarebbe l’ennesima depredazione di denaro pubblico; se invece sarà a carico dei dirigenti del partito democratico, probabilmente non sapremo mai dove andranno a prelevare il denaro occorrente considerato che, da anni, non pagano nemmeno gli affitti delle loro sedi romane e non solo. Ma ora, statene certi, questo fiume di arretrati verrà loro richiesto e con sopra gli interessi! 

Mario Tiberi

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