Tutto cominciò e tutto finì con lo storico concerto dei Pink Floyd a Venezia, nel 1989. Fu un tale disastro che da allora il rapporto tra i grandi eventi e le piazze italiane è cambiato per sempre. I concerti si fanno ancora, si capisce, ma con più attenzione e anche con qualche brivido di paura. Andrà tutto bene? Questa incertezza dovrebbe segnare il confine entro il quale muoversi. 

I concerti dei grandi tenori  italiani si svolgono sempre in vaste aree verdi. Ricordiamo quelli di Luciano Pavarotti e ora di Andrea Bocelli. Il motivo è molto semplice. In spazi liberi tante persone possono incontrarsi riducendo al massimo possibile pericoli e rischi. In Italia abbiamo piazze bellissime, scenari unici concepiti per gli incontri consueti dei cittadini, per i mercati, per le assemblee popolari. Queste piazze hanno perduto un po' ovunque nel tempo nostro la loro naturale funzione storica. Così, la sempre maggiore marginalità sociale delle piazze ha cambiato l'aspetto dei centri antichi e il senso della loro presenza al centro delle città che nel corso del Novecento si sono sviluppare quasi sempre senza un disegno razionale, oltre le mura e verso la campagna. Per questo le piazze sono il luogo dei turisti e dei piccioni, troppo solitarie per essere vissute con la stessa naturalezza del passato.

Bisogna ammettere che a Perugia questo fenomeno è più evidente che altrove. Perché? perché le piazze sono il termometro della salute sociale di una città. Se sappiamo guardarle ci dicono tutto ciò che c'è da sapere. A Perugia abbiamo smarrito da tempo il senso della nostra identità, il rapporto tra le vecchie mura e la città nuova, il senso del futuro e il progetto del domani. Tutto questo è già scritto in Piazza IV Novembre, la Piazza Grande, che guarda un po' dall'alto il Corso e finché lo sguardo non si perde lontano, verso i giardini e il grande balcone che si apre sull'orizzonte dell'Umbria. Il suo silenzio, la sua marginalità sociale, la sua solitudine non ci emoziona più.

Per questo la presenza di migliaia di persone attorno ad un enorme palco accanto alla Fontana Maggiore non ci crea nessuna inquietudine, anzi. E' bella la piazza ed è bello il corso dove non si vede che una grande folla, nient'altro che una grande folla. Finalmente tutti insieme, appassionatamente. Non è ciò che volevamo? E' vero, per una sera è stata più importante la gente stipata in ogni dove che i protagonisti del concerto. Alla fine il silenzio della folla lontana dai microfoni è stato più assordante dei decibel sparati senza risparmio dal grande palco. 

Perugia rinasce, hanno detto a Palazzo dei Priori, riproponendo uno slogan del lessico elettorale. Poi hanno tirato un sospiro di sollievo. Vedete, voi profeti di sventure, non è successo nulla. Non è successo nulla ma poteva succedere tutto. Non si può trasformare una  città in un circo, in uno stadio, in un parco giochi. Non è possibile. Basti pensare che migliaia di persone sono arrivare in centro occupando tutto lo spazio disponibile e che una parte non secondaria di queste persone non è riuscita neanche a vedere il palco, pur così enorme. Per non parlare degli abitanti sequestrati in casa ai quali è stata tolta ogni possibilità di movimento. Chissà come avrebbe potuto raggiungere le case di tanta gente, mettiamo, un'autoambulanza.

I residenti non hanno alzato barriere di filo spinato, come ha scritto qualcuno. A queste cose sono abituati e anche alla sufficienza con la quale vengono trattati. Il confronto sui grandi eventi in centro non si è svolto, in realtà, tra chi in questo centro abita e tutti gli altri. Questo tema divide l'opinione pubblica da sempre e si dovrà affrontarlo di nuovo, città per città, piazza per piazza.

Hanno anche detto che la Fontana non ha ricevuto danni. Ci mancherebbe. Però ci si dovrà ricordare che questo tipo di eventi si tengono al centro di uno spazio dove c'è la Fontana, il Duomo e la Galleria nazionale dell'Umbria. I danni provocati dalle vibrazioni sonore al nostro patrimonio culturale non si possono valutare il giorno dopo con una semplice occhiata. Infine c'è questo argomento di Umbria Jazz. Non ci sono sempre stati i concerti in piazza? e quelli famosi degli anni settanta? Beh, quelli, per tante ragioni diverse, non ci sono più. Come tutti sanno nel corso degli anni la manifestazione più prestigiosa che abbiamo ha ripensato se stessa, cambiando formula per cercare nuovi spazi, finendo per qualche tempo anche in un tendone a Pian di Massiano per poi scoprire il Frontone e infine Santa Giuliana.

Rispettare la città e le sue fragilità è pensare davvero al suo futuro e a tempi nuovi. Il suo declino non è scontato. Ma trentamila persone in un giorno solo e poi il vuoto il giorno dopo non è la soluzione giusta. Ci manca la vita vera, i mestieri, il lavoro, le famiglie. Se no non possiamo aspettarci che una specie di città dei balocchi con al centro un Concertone ogni tanto e poi l'infinito moltiplicarsi dei locali che vivono la notte. Ma non è così che Perugia può rinascere, ammesso che sia morta davvero. Non ancora, almeno.

Renzo Massarelli

 

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