Che le sinistre umbre, a sinistra del PD, non godano di buona salute è un dato certo.

L’unica prospettiva seria è vedere se la “Coalizione sociale” di Landini riuscirà a svilupparsi nei prossimi mesi e sarà in grado di costruire una controffensiva sociale alla continua riduzione dei diritti praticata dal governo Renzi.

Sul versante politico la sinistra si è spaccata tra chi ha scelto la corsa autonoma alle prossime elezioni regionali, rispetto al centrosinistra e alla candidata Catiuscia Marini, e chi, invece, seppur criticamente si pone l’obiettivo del rinnovamento sociale ed economico, influenzando le politiche della coalizione di centrosinistra umbro.

Gli alternativi, che chiamiamo l’Altra Umbria, dopo aver bruciato diversi candidati alla presidenza Mauro Volpi, Rita Castellani e per ultimo Alessandro Placidi, lanciano il ternano Michele Vecchietti.

I bene informati raccontano di un’assemblea, quella decisiva, dura e spaccata, durante la quale Rita Castellani, fuoriuscita dal PD ed in cerca della candidatura a Presidente, capisce che “non c’è trppa per gatti”, prende la borsa e se ne va. Fuori una.

L’assemblea prosegue con il tentativo di convergere su Alessandro Placidi, delegato Fiom della Umbria Cuscinetti di Foligno, ma i rifondatori di Damiano Stufara, ritenendolo inadatto, chiedono una votazione tra questi e Vecchietti. Esito? Fuori il secondo e Vecchietti candidato presidente.

Michele Vecchietti, membro della segreteria regionale di Rifondazione, teorico della rottura con il PD umbro, funzionario di partito e segretario del consigliere Stufara, passa a maggioranza. Una vittoria di Stufara e di Rifondazione Comunista di Terni, una sconfitta degli antipartitisti dell’Altra Umbria e di Rifondazione di Perugia.

Come Caligola, Stufara impone il suo candidato. Tutto scritto, da lungo tempo.

Sul versante dei lealisti di Umbria+Uguale, oltre ad un inquietante immobilismo dell’iniziativa politica e di propaganda elettorale, basti pensare che ad oggi il simbolo della lista non è ancora dato di sapere, viene praticato uno sport molto singolare: la rottamazione di tutti coloro che hanno un potenziale elettorale significativo. L’accusa? Essersi impegnati in politica, una motivazione in piena continuità con il renzismo/grillismo nazionali. Insomma, sostenere il centrosinistra umbro negandone la positiva esperienza e la sua storia di buon governo.

Una sorta di rinnovamento suicida, senza simbolo e senza candidati riconoscibili. Sarà una opzione politica anche questa ma le elezioni, da che mondo è mondo, le vincono chi prende più voti, francamente, non mi sembra questa la strada migliore per entrare in Consiglio regionale, usufruendo di una legge elettorale oggettivamente antidemocratica e che avvantaggia, in modo spudorato, gli alleati del PD in una coalizione probabilmente vincente.

Sembrano dire: il quorum lo abbiamo in tasca, minimo arriviamo terzi, dopo il PD e il PSI, tagliamo le teste a Tizio e a Caio in odore di prendere molte preferenze, così eleggiamo chi più piace a noi”.

Un ragionamento miope e di scarso respiro, che si affida al rivendicazionismo territoriale e ad una residua capacità di attrazione di un partitino che non gode del radicamento sociale necessario, dell’autorevolezza indispensabile e di adeguati gruppi dirigenti locali, che d’altra parte hanno già fallito in tutte le altre elezioni in cui si sono cimentati.

Vedremo chi ne viene fuori ma, al momento, le sinistre umbre, sono messe proprio male.

Quinto Sertorio

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