La Usl Umbria 1 ha attivato una rete aziendale per la diabetologia al fine di garantire omogeneità dei servizi, appropriatezza e migliore fruibilità delle prestazioni e continuità assistenziale in tutto il territorio aziendale. A coordinarla è Roberto Norgiolini, già responsabile da due anni del centro di diabetologia di Città di Castello.

Il percorso di riorganizzazione dell’assistenza diabetologica avviato dalla Usl  Umbria 1 si propone di affrontare in modo efficace, nel più vasto territorio della nuova Azienda sanitaria, le problematiche correlate al progressivo incremento della malattia diabetica, che in Umbria incide del 6,3% contro la media nazionale del 5%. Nello specifico il piano operativo aziendale ha delineato aree di intervento ed azioni strutturali per favorire un approccio assistenziale omogeneo con metodologie e pratiche cliniche condivise e per governare in un’unica piattaforma aziendale il diverso assetto organizzativo dei servizi della ex Asl1 (Città di Castello, Branca) e della ex Asl2 (Perugia, Assisi, Città della Pieve, Castiglion del Lago, Pantalla).  Particolare attenzione sarà riservata al rapporto con i medici di assistenza primaria, per definire una gestione integrata dei percorsi diagnostico-terapeutici della patologia, e al ruolo delle associazioni di  volontariato, che potranno apportare un contributo importante nei percorsi di informazione, accoglienza e cura, senza tralasciare il tema della sostenibilità economica.

“I dati della letteratura mondiale – spiega Giuseppe Legato, direttore generale della USL Umbria 1 concordano nel definire il diabete una delle più rilevanti e costose malattie croniche della nostra epoca, per la tendenza a determinare complicanze nel lungo periodo e per il progressivo spostamento dell’insorgenza nelle età giovanili. In Italia il diabete assorbe oltre il 10% della spesa sanitaria globale per una spesa complessiva di circa 10 miliardi di euro all’anno. Si calcola che il costo totale pro-capite del cittadino con diabete sia circa triplo rispetto al non diabetico e circa la metà di questi costi risultano imputabili a ricoveri per complicanze e danno d’organo.  Questi costi, tuttavia, sono suscettibili di possibile riduzione attraverso una programmazione efficace del percorso clinico-assistenziale che garantisca la diagnosi e il trattamento precoci della patologia e delle complicanze, oltre che un giusto investimento in educazione sanitaria e prevenzione”.

“Per la sua crescente diffusione -  sottolinea inoltre Roberto Norgiolini, coordinatore della rete diabetologia della USL 1 – il diabete può essere considerato a tutti gli effetti una malattia sociale poiché, oltre alle sue dimensioni epidemiologiche, ha effetti importanti sulla famiglia, le strutture sanitarie preposte all’assistenza, il mondo del lavoro e dello sport. Tale esplosione epidemiologica, solo in parte correlata a fattori genetici ed ereditari, è in larga misura dovuta alla occidentalizzazione delle abitudini alimentari, a stili di vita non adeguati, al crescente numero di persone obese o in sovrappeso, al progressivo invecchiamento della popolazione”.

 

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