Sembrano due musicisti nati per suonare insieme, Stefano Bollani e Chick Corea, che ieri sera hanno inaugurato Umbria Jazz Winter al teatro Mancinelli di Orvieto. Eppure la loro e' una partnership inventata a tavolino e poi consolidatasi per convinzione seguendo il filo dell'improvvisazione jazz, che e' cosa molto diversa dall'estemporaneita'. Il duo di pianoforte, formula non tanto battuta, nel loro caso si fonda sull'analogia, non sulla differenza. Bollani e Corea - generazioni diverse, storie artistiche che nulla hanno in comune - si incontrano sul palco senza nessun artificio e con naturalezza: stessa idea della musica intesa come godimento, creativita', arte del buon vivere. Inclusa la disponibilita' all'ironia e al gioco. Non e' difficile capire perche' il pubblico ami questi due artisti, che infatti hanno appena vinto, Bollani il 'top jazz' come musicista dell'anno secondo il referendum di 'Musica Jazz', e Corea, l'analogo riconoscimento dei lettori di 'DownBeat'. Stessa popolarita', sulle due sponde dell'Atlantico. Il duo e' ormai in giro da un paio di anni. Bollani e Corea sono musicisti indaffaratissimi e coinvolti in tanti progetti diversi, ma hanno badato bene a non perdersi di vista. Il tempo era maturo per incidere insieme, e difatti i tre concerti di Umbria Jazz (si replica questa sera ed il primo gennaio, ma i biglietti sono esauriti) sono registrati dalla Ecm perche' Manfred Eicher, che negli ultimi anni ha prodotto i cd di Bollani e negli anni Settanta aveva sotto contratto Corea, ha pensato bene di farne un disco live. Il concerto ha regalato scampoli di ottima musica e qualche pausa, momenti intricati e solari aperture melodiche, con maggiore intesa ma forse minore freschezza rispetto alle prime uscite. Piu' struttura e meno sorpresa. Nella scaletta, molto spazio per classici di Tom Jobim e Joao Gilberto, piu' qualche tema latino di Corea come Armando's Rhumba ed un blues improvvisato sul posto. Bollani e' piu' estroverso, come persona e come musicista, ma il carismatico collega di fronte a lui sembra indurlo a non esagerare. Corea si lascia coinvolgere, ma non perde mai il controllo del gioco. Quello che li unisce e' una visione davvero orchestrale della tastiera, il gusto per il suono, la forte scansione ritmica, un virtuosismo senza effetti speciali. In ogni caso, jazz di gran classe e di valore assoluto, e non puo' che far piacere il fatto che la meta' della band sia italiana (anche piu' di meta', considerando che Armando 'Chick' Corea ha lontane origini calabresi).

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