Referendum trivelle/ Appello alla Marini dalla sinistra Pd: inviti a votare “Sì”
PERUGIA - Un appello rivolto alla presidente della Regione Umbria "per invitare i cittadini umbri ad andare domenica 17 aprile al voto al referendum sulle trivelle in mare" è arrivato dal coordinatore nazionale del Comitato No Triv, Piero Lacorazza.
Stamani a Perugia, in una conferenza stampa organizzata dalla Sinistra Pd dell'Umbria, Lacorazza ha ricordato che "l'Umbria e la Toscana sono due Regioni che non hanno promosso il referendum. Il presidente Enrico Rossi però alla fine ha fatto un appello schierandosi anche per il 'Sì' e quindi vorrei che anche la Marini facesse lo stesso, almeno invitando gli umbri a recarsi alle urne".
Il referendum per Lacorazza "è politico perché non solo ha l'obiettivo di fermare le trivelle ma anche quello di far cambiare la strategia energetica del Paese".
Giovedì
14/04/16
10:59
Referendum:Fallimento della politica
Solo in un gruppo di persone di numero limitato si possono applicare i principi di democrazia diretta e solo per decidere fatti semplici comprensibili a tutti.
Negli altri casi si decide applicando o principi della "democrazia delegata" ovvero si decide democraticamente che deciderà per tutti, ovvero non si decide sul singolo fatto, ma sulle capacità dei candidati chiamati a guidare la collettività.
Il referendum sulle trivelle dimostra come anche questo principio ovvio viene sovvertito nel caos generale di principi e valori che sta caratterizzando questo decennio.
Queste questioni specialistiche fanno parte dei compiti delegati al "politico". Il cittadino vota con la pancia, non può conoscere tutte le conseguenze "tecniche" di queste decisioni.
Il referendum evidenzia un fatto preoccupante. Il "politico", delegato a decide su fatti complessi, candidamente afferma di non sa che pesci pigliare e chiama i cittadini che lo hanno delegato, a prendere queste decisioni e a decidere per lui, delegandogli la funzione ricevuta.
Un paradosso intellettuale di non poco conto perché così facendo in pratica dichiara la sua incapacità a svolgere il ruolo che i cittadini gli hanno conferito.
Allora nasce un'altra questione di fondo su cui bisognerebbe riflettere: che senso ha fare decidere a degli incompetenti (i cittadini) quanto i competenti delegati a farlo non sanno fare? Potrà mai essere una decisione saggia e lungimirante coerente con le politiche generale di governo?
Giovedì
14/04/16
17:39
Lo strumento del referendun e le implicazioni circa l'uso che se ne sta facendo da qualche decennio a questa parte attengono a mio avviso a problematiche leggermente diverse da quelle esposte dall'Ing. Ceci.
Innanzitutto ritengo - nel contesto legislativo vigente - fuorviante l'equiparazione proposta, ovvero Referendum=fallimento della politica.
La ritengo fuorviante perchè nel nostro ordinamento l'istituto referendario non ha e non può avere carattere propositivo ma solo abrogativo o confermativo. Agisce cioè ex-post all'azione politica e non la surroga. Non sussiste dunque il presupposto citato dall'Ing. Ceci che - se esistesse - avvalorerebbe la sua tesi: "Il politico, delegato a decide su fatti complessi, candidamente afferma di non sa che pesci pigliare e chiama i cittadini che lo hanno delegato, a prendere queste decisioni". Ciò avverebbe invece se si introducessero principi ordinativi di "democrazia diretta" tanto cari sia al M5S che ad una parte della sinistra, ma - a mio avviso, per fortuna - non è così. Ritengo invece di maggiore rilievo la questione dell'uso, o per meglio dire dell'abuso, che si sta facendo di questo istituto che oramai viene sfruttato come forma di lotta politica ordinaria anzichè come strumento di carattere straordinario. Infatti l'istituto referendario è stato creato come forma di controbilanciamento del potere discrezionale degli eletti ai quali è costituzionalmente concessa la piena libertà nel loro agire non dovendo sottostare ad alcun vincolo di mandato. In poche parole lo strumento con cui chi delega può intervenire sulle scelte del delegato qualora le ritenga inadeguate. Il problema di fondo è che il basso quorum richiesto per l'indizione di un referendum ha fatto si che prendesse sempre più piede un suo uso distorto, con cui l'opposizione pro-tempore al Governo ha iniziato a portare avanti le proprie battaglie politiche facendo propaganda a spese del contribuente (non a caso molti referendum vengono indetti anche se si sa benissimo che non vi è alcuna reale possibilità di raggiungere il quorum prescritto per la sua validità e soprattutto vengono caricati di significati che non hanno. Come in questo caso sostenendo che il referendum di domenica inciderà sulle politiche energetiche del paese o salverà il nostro ambiente quando invece si decide solo ed esclusivamente - senza alcun altra ripercussione - in merito alla competenza ed alla modalità di rilascio delle concessioni in essere nei tratti marini entro le 12 miglia dalla costa: rinnovo automatico fino all'esaurimento del giacimento o ripristino della norma precedente che prevedeva concessioni di durata temporale predeterminata). Purtroppo quello che non si comprende è che un utilizzo così disinvolto di questo istituto (come purtroppo sta sempre più avvenendo) lo sta rendendo inutile in quanto crea verso di esso sempre più disaffezione e distacco. Continuando così, con l'attuale uso disinvolto, finiremo solo con il renderlo inutilizzabile e la volta che sarà davvero necessario ricorrere ad esso questi sarà oramai diventato solo un'arma del tutto spuntata. Personalmente mi auguro che il prima possibile si riformi l'istituto innalzando considerevolmente il numero di sottoscrizioni necessaria alla sua indizione.