di Giovanni Dozzini 

Da stamattina a Perugia c'è una targa in ricordo di Paolo Vinti. È per strada, in via Cartolari. È una targa molto bella. Essenziale, elegante, eloquente. L'ha ideata Luciano Zeetti. Al nostro arrivo era coperta da un drappo rosso con su ricamato un grifo, perché l'apposizione di questa targa è un atto ufficiale del Comune di Perugia. Paolo Vinti non ha ancora una strada o una piazza intitolata a suo nome, ma è già qualcosa.
Di questo riconoscimento Vinti non aveva bisogno. Paolo Vinti i riconoscimenti importanti li ha già ricevuti: in vita, dalle generazioni di donne e uomini che sono cresciute gomito a gomito, di notte e di giorno, con lui, e poi dopo, attraverso le riedizioni e la lettura critica delle sue opere, in particolare quella, approfondita e illuminante, di Wu Ming 1. I Wu Ming gli hanno anche regalato un cameo nel loro ultimo romanzo, 'Ufo 78', e questo è un omaggio di grande pregio.
Il riconoscimento del Comune di Perugia non era necessario, quindi, ma era giusto che arrivasse. Le istituzioni siamo noi, sono tutte le cittadine e tutti i cittadini, e Paolo Vinti è stato un cittadino illustre di Perugia, e il più significativo dei letterati perugini di questo scorcio di ventunesimo secolo.
Il Comune ha fatto bene a certificarlo.
Perugia, insomma. Dopo la morte di Paolo Vinti è diventata un'altra città. Da ormai quasi dieci anni a Perugia governa la destra, e molte volte mi sono chiesto, nel piccolo sciocco malinconico esercizio che spesso si fa in questi casi, cosa avrebbe detto e fatto Paolo, se ci fosse stato ancora. Credo che da un lato, in virtù della sua natura inguaribilmente ottimistica e solidale, avrebbe saputo cogliere dei barlumi di progressismo anche in parte, una parte piccola, di questa destra. Riesco a immaginarlo invocare il compagno Romizi da una parte all'altra del Corso.
Poi però Paolo sarebbe tornato molto utile a noi che rispetto a questa destra stiamo da un'altra parte. Noi che ci sentiamo orfani di un passato al quale non vorremmo tornare, e che abbiamo bisogno di trovare un nuovo modo di concepire la città che vogliamo. Un modo diverso da quello in cui in questi dieci anni l'ha legittimamente concepita la destra al governo. Ecco che allora Paolo Vinti sarebbe stato per noi un pungolo e un'ispirazione. Paolo avrebbe saputo evocare, suggerire, costruire un nuovo immaginario a cui poterci aggrappare. E sarebbe stato un immaginario potente, perchè è questo che fanno i grandi poeti, i grandi intellettuali e i grandi visionari: costruire immaginari potenti. E Paolo Vinti era un grande poeta, un grande intellettuale e un grande visionario. Per questo ci manca e ci mancherà sempre moltissimo.
 

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