Par­tite di cam­pio­nato rin­viate a tempo inde­ter­mi­nato, cal­cia­tori, soprat­tutto impie­gati e for­ni­tori non pagati da mesi. In alcuni casi, anni. Assieme a mobi­lia e pan­chine dello sta­dio pigno­rate, com­pu­ter seque­strati. A Parma ormai si è ben oltre l’avanspettacolo di scarsa qua­lità. Lo sce­neg­gia­tore si è diver­tito, tra gag, caos, buf­foni e truf­fati: orrido che avrebbe disgu­stato anche Seneca. Ma ora ser­vono solu­zioni imme­diate. La Serie A 2014/2015 è di fatto un tor­neo fal­sato. Non più cre­di­bile anche se il Parma arri­vasse a gio­care sino all’ultimo turno. C’è una squa­dra che gioca gra­tis da mesi. Che ha deciso, d’accordo con l’Associazione ita­liana cal­cia­tori, di non scen­dere in campo dome­nica scorsa con­tro il Genoa. Con il tec­nico Roberto Dona­doni che ha pagato anche il conto con il far­ma­ci­sta di fidu­cia del club. Il Parma ha un pro­prie­ta­rio fan­ta­sma, Giam­pie­tro Manenti che dice di avere i soldi per pagare i debiti, senza aver avuto il tempo (sono le sue parole…) di fare due conti sulla situa­zione finan­zia­ria pre­gressa. E che dopo esser stato aggre­dito per strada dai tifosi par­mensi si dice pronto a vendere.

E le Isti­tu­zioni del pal­lone sono arri­vate sulla fac­cenda con un paio di giri di ritardo. Solo la punta dell’iceberg, seb­bene il caso abbia rico­perto pagine dei quo­ti­diani inter­na­zio­nali. È il sistema cal­cio che non fun­ziona. In Ita­lia chiun­que può acqui­stare una società di cal­cio. Non ci sono con­trolli pre­ven­tivi, nes­sun anti­vi­rus. Nulla. In Inghil­terra Mas­simo Cel­lino è stato invi­tato senza troppi fron­zoli a mol­lare il Leeds per la sua con­danna per eva­sione fiscale. Men­tre in Serie A – in attesa di svi­luppi dalle serie infe­riori – per esem­pio ci sono club con più di 200 tes­se­rati per pro­durre plu­sva­lenze a bilan­cio, che com­prano cal­cia­tori in lea­sing oppure a rate come gli elet­tro­do­me­stici, altre che spen­dono anche se indebitate.

E altre come la Samp­do­ria che ingag­gia Samuel Eto’o ma non gioca il derby della Lan­terna per campo impra­ti­ca­bile – niente teloni dopo tem­po­rale a Genova — per il man­cato paga­mento da due anni, assieme al Genoa, della ditta che gesti­sce Marassi. Per il Parma la dead­line è venerdì 6 marzo, ovvero il giorno dell’assemblea della Lega cal­cio (quella pre­ce­dente, giorni fa, ha omesso la discus­sione sull’argomento), men­tre il sin­daco Fede­rico Piz­za­rotti prova a mediare tra le parti della farsa. La Lega potrebbe strap­pare ai club un con­tri­buto di soli­da­rietà – 500 mila euro a testa – per far con­clu­dere il tor­neo al Parma. Ma solo a fal­li­mento dichiarato.

Sono però in molti a essere con­trari, tipo le società con bilanci in regola. Non sono tan­tis­sime, ma esi­stono. Senza una solu­zione tam­pone per resti­tuire un minimo di cre­dito al cam­pio­nato (non è forse il caso che abbo­nati del Parma non pen­sino a una class action con­tro le Isti­tu­zioni del cal­cio per essere risar­citi come parte lesa di que­sta sto­riac­cia?), con due gare già rin­viate, il dos­sier Parma fini­rebbe sulla scri­va­nia del governo. La minac­cia arriva da Gio­vanni Malagò, numero uno del Coni, che nei giorni scorsi ha richia­mato alle pro­prie respon­sa­bi­lità sia Lega che Figc. Il pre­si­dente della Lega, Mau­ri­zio Beretta – quello che con­tava zero, secondo il con­si­gliere della Figc Clau­dio Lotito ’inter­cet­tato’ – ha spie­gato come le regole sul con­trollo dei conti della società, a opera della Covi­soc, sareb­bero state rispet­tate e le deli­bere fir­mate anche dal Coni. Che però ha dalla sua parte il Governo.

Insomma siamo al gioco delle parti, in attesa del gong del tri­bu­nale sul fal­li­mento del club, il 19 marzo. Man­cano ancora due par­tite da gio­care sul campo. Quella deci­siva si gioca invece sui tavoli della poli­tica del cal­cio. Cioè, chi ha fatto guai dovrebbe anche risolverli.

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