di Maurizio Acerbo

Secondo Eurostat l’Italia ha raggiunto un altro record negativo in Europa: siamo gli ultimi su 27 paesi per il tasso di occupazione fra i neo-laureati di età compresa tra 20 e 34. In Italia trova occupazione solo il 65%, siamo dietro persino a Grecia (66%) e Romania (70%).

Guidano la classifica Lussemburgo, Olanda e Germania con oltre il 90%. La media europea è dell’82%.

Non solo dunque siamo tra i paesi con meno laureati ma i giovani che si laureano trovano con difficoltà lavoro.

Ricordo che l’Italia è al penultimo posto fra i paesi Ocse anche per quanto riguarda la quota di laureati sulla popolazione in età 25-34 (davanti al solo Messico), ma al tempo stesso il tasso di inattività dei laureati è eccezionalmente alto (23%, contro per es. il 7% del Regno Unito, l’8% della Francia, il 9% della Germania, ma anche l’11% della Spagna).

Questo spiega l’emigrazione di massa verso l’estero (la vera emergenza negata) che va avanti da anni in proporzioni da primo dopoguerra quando il paese era in macerie.

Siamo di fronte al fallimento delle politiche neoliberiste degli ultimi tre decenni che hanno visto il nostro paese perdere una quota enorme di tessuto industriale, lo smantellamento delle grandi imprese pubbliche e dello stesso stato.

Le difficoltà di utilizzare i fondi del PNRR fotografano lo stato degli enti locali, le liste di attesa quello della sanità pubblica.

Il nostro sistema economico dopo la cura di privatizzazioni, tagli della spesa pubblica, precarizzazione del lavoro e bassi salari, maggiore concentrazione della ricchezza non è in grado di offrire lavoro qualificato per i neolaureati.

La propaganda contro i “fannulloni” tende a nascondere questa realtà.

Solo riprendendo la via maestra della Costituzione si potrà uscire da questa situazione.

Come ci ricordava Luciano Gallino è lo stato che in ultima istanza deve svolgere il ruolo di creare occupazione.

Il gap del nostro paese rispetto al resto dell’Unione Europea per quanto riguarda il numero di dipendenti pubblici è di dimensioni enormi.

Persino negli USA, la patria del neoliberismo e dello ‘stato minimo’, il numero di dipendenti pubblici in proporzione agli abitanti è superiore a quello dell’Italia.*

Un addetto italiano alla sanità deve mediamente servire circa il doppio di utenti rispetto ai suoi colleghi tedeschi, inglesi o francesi.

Per questo c’è bisogno di un piano per il lavoro per il rilancio del pubblico, la riconversione ecologica, la cura delle persone e del territorio. Un piano che si affianchi al reddito di cittadinanza, alla riduzione d’orario, al salario minimo, alla fine della precarizzazione in un’agenda di cambiamento rispetto ai fallimenti dei governi dell’ultimo trentennio.

Una prima risposta era contenuta nel programma di Unione Popolare: ASSUMERE UN MILIONE DI PERSONE nel settore pubblico per colmare almeno parzialmente il gap con gli altri paesi europei.

Il costo dell’assunzione di un milione di nuovi dipendenti pubblici può essere coperto tassando il 10% più ricco del paese con una modesta imposta dell’1% sulla ricchezza o dello 0,5% sulla sola ricchezza finanziaria, come hanno dimostrato economisti che hanno lanciatoun appello inascoltato due anni fa.

Basta con l’assistenzialismo ai ricchi e alle rendite!

Una riforma fiscale di segno opposto alla delega fiscale del governo consentirebbe di affrontare questi deficit strutturali del nostro paese assai più della demagogia vuota sulla patria o sull’Europa.

Abbiamo bisogno di lavoro di qualità per dare a cittadine e cittadini servizi efficienti e garantire l’effettivita’ dei diritti costituzionali.

Avremmo più servizi, meno disoccupazione e un’economia più solida se finalmente si cominciasse ad applicare la Costituzione, l’agenda che da troppo tempo è stata gettata nel cestino dai due poli.

Fonte: contropiano.org

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