Tommaso Nencioni

 

In Ita­lia – soste­neva il grande libe­rale Erne­sto Rossi – esi­ste un solo grande par­tito orga­niz­zato, ed è quello della Con­fe­de­ra­zione gene­rale dell’Industria». Pas­sata la not­tata della Prima Repub­blica, durante la quale il potere di que­sto par­tito, se non total­mente ridi­men­sio­nato, era stato comun­que con­teso, agli albori della Terza esso torna a dispie­gare in pieno il suo potere.

In pieno con­flitto di inte­ressi (una cate­go­ria ormai paten­te­mente demodé) un suo espo­nente di spicco, ancor­ché “rosa”, siede al mini­stero dello svi­luppo. Più in gene­rale, nes­suno più si sogna di con­te­stare la cen­tra­lità dell’impresa nello svi­luppo del paese: ciò che va bene per le aziende va bene per l’Italia, è il refrain domi­nante, refrat­ta­rio ad ogni smen­tita della logica. La cilie­gina sulla torta l’ha ora aggiunta il governo Renzi, con la nomina dell’ex pre­si­dente di Con­fin­du­stria, Emma Mar­ce­ga­glia, ai ver­tici della più impor­tante azienda pub­blica del paese, l’Eni.

Tra­la­sciamo il dato di fatto, di per sé scon­cer­tante, dell’intrico affaristico-giudiziario che pesa sulla nomina. Il punto cen­trale è che que­sta vera e pro­pria inva­sione di campo da parte del Par­tito unico della Con­fe­de­ra­zione degli indu­striali, pur ingen­ti­lito dalla maschera della quota rosa, dovrebbe far riflet­tere ciò che resta della sini­stra sul rap­porto esi­stente tra impresa pub­blica ed inte­resse pri­vato. Se ana­liz­zata in que­sta luce, la nomina di Mar­ce­ga­glia costi­tui­sce un vero e pro­prio schiaffo nei con­fronti della sto­ria della sini­stra italiana.

La Repub­blica ere­ditò dal crollo del fasci­smo un sistema arti­co­lato di imprese pub­bli­che, che il regime aveva pezzo a pezzo costi­tuito in maniera disor­ga­nica, quasi obtorto collo, in seguito ai grandi crack che coin­vol­sero anche il nostro sistema pro­dut­tivo nel corso della Grande Depres­sione. Già durante il primo quin­quen­nio repub­bli­cano le sini­stre det­tero bat­ta­glia non tanto per difen­dere, quanto per ampliare le pre­ro­ga­tive del sistema delle Par­te­ci­pa­zioni Sta­tali, e indi­riz­zarle a fini di svi­luppo equi­li­brato sul ter­ri­to­rio. Da par suo, parte con­si­stente del mondo indu­striale e finan­zia­rio ita­liano, con solidi adden­tel­lati all’interno del gruppo diri­gente demo­cri­stiano (oltre che nel Par­tito libe­rale), vedeva di buon occhio invece lo sman­tel­la­mento del sistema, poten­dosi per­met­tere oltre­tutto, con­si­de­rate le sue ori­gini, di amman­tare la pro­pria bat­ta­glia di un anti­fa­sci­smo invero super­fi­ciale. Se il fasci­smo era stato sta­ta­li­sta – era l’argomentazione di Angelo Costa e dei suoi cori­fei – la Repub­blica non poteva che nascere liberista.

Per­duta la bat­ta­glia per lo sman­tel­la­mento dell’industria pub­blica, certo per l’opposizione delle sini­stre, ma anche in seguito al revirement che la gene­ra­zione fan­fa­niana di diri­genti dc impresse in que­sta mate­ria al par­tito cat­to­lico, i gruppi diri­genti tra­di­zio­nali con­dus­sero una sot­ter­ra­nea opera di subor­di­na­zione agli inte­ressi pri­vati del sistema delle par­te­ci­pa­zioni sta­tali. In set­tori deci­sivi quali, fra tutti, la chi­mica e l’estrazione, a fare da padroni nel det­tare gli indi­rizzi alle aziende pub­bli­che furono i grandi inte­ressi mono­po­li­stici, Fiat, Edi­son e Mon­te­ca­tini in testa.

Il vento mutò con l’approssimarsi, e poi con l’effettiva rea­liz­za­zione, del centro-sinistra. Nel campo del movi­mento ope­raio, della demo­cra­zia laica e dello stesso par­tito cat­to­lico, per­so­na­lità come Ric­cardo Lom­bardi, Ugo La Malfa e Giu­lio Pastore festeg­gia­rono come una vit­to­ria lo scor­poro dalla Con­fin­du­stria delle aziende con­trol­late da Iri ed Eni (1957), una misura vista come fumo negli occhi dall’establishment indu­striale e finan­zia­rio del Paese, che vi si oppose con la nobi­li­tante coper­tura dell’allora pre­si­dente della Banca d’Italia Guido Carli. Fu lo stesso con­glo­me­rato che, a distanza di pochi anni, si oppose fie­ra­mente (ma invano) alla nazio­na­liz­za­zione delle aziende ero­ga­trici di ener­gia elet­trica, e che riu­scì a sven­tare la messa in campo di una moderna rego­la­men­ta­zione dello svi­luppo urbanistico.

Ma cosa c’era alla base di quella bat­ta­glia “sta­ta­li­sta” con­dotta dalla sini­stra? In una Ita­lia povera di capi­tali, era il ragio­na­mento, e con­di­zio­nata da un modello di svi­luppo che, se lasciato al libero gioco del mer­cato, avrebbe ine­so­ra­bil­mente aumen­tato il “dua­li­smo” tra aree pro­gre­dite ed aree sot­to­svi­lup­pate del paese, l’iniziativa pub­blica appa­riva deci­siva per impri­mere diverse moda­lità di cre­scita agra­ria ed indu­striale alla peni­sola nella sua inte­rezza. In que­sto pano­rama, il ruolo delle aziende pub­bli­che era visto come neces­sa­ria­mente – non ideo­lo­gi­ca­mente – con­flig­gente con l’interesse pri­vato. Lo Stato dun­que, agendo da impren­di­tore, era chia­mato, più che a sup­plire tem­po­ra­nea­mente alle defi­cienze dell’industria pri­vata, o ad agire in fun­zione ad essa ancil­lare, ad ope­rare in maniera diretta ed auto­noma per supe­rare le stor­ture di lungo periodo del nostro appa­rato produttivo.

Riflet­tendo sui casi nostri degli ultimi vent’anni, c’è da ripen­sare a quanto ancora rimane di valido in quello schema inter­pre­ta­tivo e nella pro­po­sta poli­tica che lì traeva le pro­prie sca­tu­ri­gini. Ora che il fal­li­mento dell’ondata pri­va­ti­sta è sotto gli occhi di tutti, c’è da pen­sare che i gruppi diri­genti, che quell’ondata si sono dimo­strati inca­paci di caval­care, siano più che altro inte­res­sati a subor­di­nare a fini pri­va­ti­sti ciò che di sano rimane nel nostro appa­rato pro­dut­tivo pub­blico. La nomina di Mar­ce­ga­glia va ine­so­ra­bil­mente in que­sta direzione.

Il rilan­cio della pro­po­sta poli­tica della sini­stra, invece, passa anche dalla ripro­po­si­zione, in un qua­dro certo mutato, di un inter­vento pub­blico svin­co­lato da fini par­ti­co­la­ri­stici, e teso alla defi­ni­zione di un nuovo ed alter­na­tivo modello di sviluppo.

 

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