Il dibattito su quell'istituto di intervento sociale denominato reddito di cittadinanza ha una storia molto lunga ed elaborata. Semplificando al massimo si può affermare che l'istituto in questione si richiama a quel principio di base secondo il quale, per consentire ai cittadini di esercitare e fruire dell'insieme dei diritti che la Costituzione riconosce loro, i cittadini stessi devono poter disporre di una condizione economica tale da non essere costretti a subire prevaricazioni, ricatti o lesioni della loro dignità di esseri umani.

Che cosa è successo perché questo reddito di cittadinanza tornasse di piena attualità?
In estrema sintesi in quest'ultimo trentennio, dei tre fattori dell'economia, e cioè natura, lavoro e capitale, quest'ultimo fattore, specie per le degenerazioni indotte dal processo di finanziarizzazione, è venuto registrando un vero e proprio delirio di onnipotenza che, con particolare riferimento al fattore lavoro, si è tradotto in una sempre più invasiva destrutturazione di quell'insieme di diritti che attraverso secoli di lotte e sacrifici i lavoratori sono riusciti a conquistare. Il processo di marginalizzazione del fattore lavoro ha avuto un traumatica accelerazione a seguito del recente tsunami finanziario, generando una situazione di tale sofferenza collettiva (disoccupazione e precarietà) che richiede un radicale cambiamento degli attuali assetti socio-economici. Pur se il potere dell'avversario (la classe padronale) è ancora enorme, la posta in gioco è troppo alta per sottrarci al massimo impegno di contestazione e di proposta. È proprio in quest'ottica che il reddito di cittadinanza si inserisce come una misura che può favorire la costruzione dell'alternativa di sistema configurandosi come forma di contro potere all'asservimento in atto del lavoro.

Non è casuale che un sociologo come il professor Gallino e un sindacalista come Landini in una recentissima intervista sul manifesto (7 dicembre 2010), nel riflettere sulla gravità della crisi e sulle possibili vie d'uscita, hanno concordato tra le misure urgenti da assumere, proprio l'elaborazione di un disegno di legge sul reddito di cittadinanza.

Come accennato all'inizio, sulla definizione e sul contenuto di questo istituto d'intervento sociale la discussione è in atto ed è venuta formulando una differenziata tipologia di proposte. Una definizione fra le più accreditate è quella che configura questo reddito come un vero e proprio diritto umano alla «erogazione universale e incondizionata di una certa somma monetaria a scadenza regolare e perpetua in grado di garantire una vita dignitosa, indipendentemente dalla prestazione lavorativa effettuata»(Andrea Fumagalli).

Vi sono altre configurazioni dell'istituto meno radicali, elaborate anche in considerazione del tema della relativa copertura finanziaria nel contesto fortemente deficitario del bilancio statale. La preoccupazione ha una qualche validità: ma se si riflette su quella follia che è l'incidenza sul deficit pubblico della nostra spesa militare, viene spontanea la reazione che se qualcosa deve essere sacrificato è la spesa militare e non già un provvedimento a forte valenza sociale.
Ci troviamo in un cantiere aperto, e sarà veramente benvenuta ogni disponibilità e contributo all'ulteriore approfondimento.

Cesare Frassineti, il manifesto 7 gennaio 2011
 

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