Due anni sono passati dal primo Gruppo di Acquisto Popolare nel quale denunciavamo la speculazione sul pane e sui prezzi del grano. Avevamo visto lungo allora, c'eravamo accorti che il sistema aveva prodotto il paradosso che dopo la speculazione sul grano, il suo prezzo era talmente caduto basso da non essere coltivato mentre restavano altissimi i prodotti venduti al bancone. In questi due anni abbiamo visto che gli elementi che producono effetti distorsivi sulle filiera sono di diverso genere, speculazione sui prezzi, biocombustibili, le politiche del wto e della PAC, ed infine gli eventi naturali.
In termini più comprensibili il sistema capitalista non è un sistema con il quale si può pensare di risolvere il tema della fame nel mondo. I movimenti anticapitalisti hanno provato a dirlo in tutte le maniere che la questione della sovranità alimentare e della crisi sarebbero esplose per effetto di un'economia capitalista caotica che non ha fatto altro che ragionare in termini di profitto affamando interi popoli. Com'è andata lo sappiamo, e sappiamo che invece di ascoltare la voce dei popoli le elite globali hanno fatto l'inverso. Un esempio è il fatto che le ricette neoliberiste hanno addirittura impedito ai paesi arabi di porre in essere politiche di calmieraggio del prezzo del pane, provocando in questi anni diversa rivolte. Questa volta però la rivolta del pane ha fatto saltare il tappo, ed ha acceso la miccia di una possibile rivoluzione molto più estesa di quanto si pensi. Se dovessimo guardare questa situazione dal punto di vista dei generi di prima necessità siamo all'inizio. Basti pensare che oggi sono salite ancora le quotazioni mondiali del grano dopo l'annuncio che l'Egitto ne acquisterà di più sotto la spinta delle proteste di piazza iniziate proprio per il prezzo del pane.
E' come un serpente che si morde la coda, oggi l'Egitto compra il grano e la spinta del prezzo e della speculazione provocheranno rivolte in Sudan, o in altri paesi. Il prezzo fissato al Chicago Board of Trade oggi da valori vicini a quelli record registrati a seguito dell'allarme incendi e siccità in Russia, di circa 8,5 dollari per bushel (22 centesimi al chilo), in aumento di oltre il 30 per cento nell'ultimo anno. La volatilità delle quotazioni dei prodotti agricoli è quindi uno dei punti principali che produce elementi distorsivi sulla filiera. E' chiaro che la volatilità del prezzo è data anche dalla speculazione internazionale che non esita a giocare con il prezzo del grano come bene rifugio. Garantire la stabilità dei prezzi in un mercato a domanda rigida come quello alimentare è un obiettivo che agenzie come l'Onu o la Fao dovrebbero garantire, chiedendo innanzitutto l'espulsione dalle quotazione di borsa dei generi di prima necessità. Il concetto di prezzo equo, lo stesso che chiedono i movimenti agricoli è uno dei terreni sui quali discutere ripensando il concetto di sovranità alimentare contro il modello agricolo globalizzato. Il grano, il riso, sono beni comuni, specularci sopra è un atto criminale contro l'umanità che andrebbe perseguito dalla corte penale internazionale. Solo l'economia capitalista rende legale e tollera tale infamia. Per questo motivo vanno salutate positivamente le rivolte di questi giorni che sono riuscite a far saltare in aria governi dispotici e regimi, esse infatti sono la prima risposta politica ad una delle più grandi atrocità che quest'epoca ci consegna: la fame dei popoli quotata in borsa.

Da controlacrisi.org

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