LA SALUTE NON E’ UNA MERCE –LA SANITA’ NON E’ UN AFFARE

IN DIFESA DI UNA SANITA’ PUBBLICA, GRATUITA E PER TUTTI

Da una Sanità pubblica di eccellenza ed universalistica garante di pari opportunità e accesso alle cure mediche di base a tutti ad un nuovo modello di Sanità classista e di censo. Da una Sanità umbra all’avanguardia e punta di diamante anche in Italia, ad un sistema sanitario regionale “colabrodo”, con tempi d’attesa per visite e prestazioni lunghissimi e logisticamente improponibili, carenze ormai croniche di medici e infermieri ed un ricorso inaccettabile a prestazioni private solo per chi se lo può permettere o con un atteggiamento di resa da parte dei cittadini, che porta a non sottoporsi più ad indagini diagnostiche, a cure o a prevenzione.

Il nuovo modello che la destra sta realizzando, attraversa tutte le realtà dal nord al sud del Paese, chiaramente con toni di accentuazione in quelle zone che da sempre soffrono un ritardo di riorganizzazione.

La deriva privatistica diventa la panacea per risolvere tutti i mali ma con una serie di contraddizioni quali gli alti costi per le casse regionali ed una frequente differenza nella qualità delle prestazioni rispetto al pubblico.

All’origine del declino della Sanità pubblica, con tutte le conseguenze che ne derivano, c’è il progressivo de finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale (oggi a 126 mld ma destinato, come scritto in legge di Bilancio 2023-2025 e nel DEF ultimo, a calare al 6.1-6.2% del PIL nel 2025, sotto la media OCSE dei Paesi Europei avanzati che raggiungono anche il 9% del PIL) e la falsa ideologia della "insostenibilità" del Welfare State, alla quale si potrebbe  controbattere facilmente che basterebbe recuperare risorse da un contrasto serio all’evasione fiscale, storica piaga nazionale.

Prevale la concezione neoliberista nella quale, anche la Sanità diviene strumento che va parametrato solo sul rendiconto economico e diviene fonte di profitto per i privati. Commercializzazione della salute come obiettivo dove le strutture sanitarie diventano imprese profittevoli e le decisioni sulla salute possono essere influenzate da considerazioni finanziarie anziché dal bene comune. Attenzione sulla redditività anziché sulla salute della persona.

C'è dietro la precisa volontà di privatizzare pezzi del Servizio Sanitario Nazionale, di renderlo "selettivo" e "duale" (il privato si occupa con elevati profitti di prestazioni diagnostiche e terapeutiche “semplici” e poco costose lasciando al pubblico la diagnosi e la cura di problematiche complesse costose quali infarti, ictus, emorragie ed altro).

Evidente è la conseguenza naturale di questo sistema, la diseguaglianza nell’accesso alla cura, le persone a basso reddito o vulnerabili non hanno più la possibilità di ottenere assistenza sanitaria adeguata.

Si privilegia la cura basata sulla domanda rispetto alla prevenzione della malattia.

Altre conseguenze di questo nuovo modello che concede spazio al privato sono: 

- fuga di molti sanitari dal pubblico verso il privato, legata a stress, fatica, delusione e smarrimento del senso della missione pubblica ma anche alla convenienza del lavoro più remunerativo dove c’è profitto;
- "gettonismo" ovvero rimpiazzo delle unità di personale mancanti negli ospedali e negli ambulatori con  personale esterno assunto con contratti libero professionali a partita IVA  occasionali;
- espansione della cosiddetta "terza gamba" (assicurazioni per aggirare le liste d'attesa e welfare aziendale a carico dei lavoratori senza controlli su appropriatezza e con costi intermedi esorbitanti);
- aumento della spesa "out of pockets" , ovvero soldi tirati fuori dalle tasche dei cittadini per fare esami diagnostici e  cure, in quanto  impossibilitati ad accedere alle prestazioni pubbliche per le  lunghe liste di attesa.

A rischio non c’è solo la Sanità ospedaliera ma anche la Sanità territoriale e tutto il sistema della prevenzione primaria e secondaria.

Il Sistema sanitario dell’Umbria è stato giudicato virtuoso ed efficiente

sin dall’inizio della sua istituzione negli anni ‘70 e ha mantenuto tale caratteristica per molti anni, subendo però un’involuzione negativa negli ultimi 10-15 anni, involuzione che si è particolarmente aggravata sotto l’attuale governo regionale di destra.

Liste d’attesa che sfiorano i 70.000 umbri questo significa una percentuale che sfiora il 9% di tutti gli abitanti della regione;

Ripiano che prevede 92 milioni di euro che va a tappare il buco come fa il Comune di Perugia nelle sue strade, si sana il deficit e si evita un percorso di rientro condiviso salvando i Direttori Generali dell’Azienda e USL che qualche responsabilità sicuramente ce l’hanno;

Totale cessione di potere e risorse da parte del sistema sanitario regionale all’Università stravolgendo quelli che dovrebbero essere i punti fermi dei diversi ruoli, da una parte la responsabilità del servizio Sanitario in capo alle regioni affinché venga garantita l’assistenza a tutti i cittadini e dall’altra l’università che dovrebbe garantire didattica e ricerca;

E’ necessaria, improrogabile una forte reazione che coinvolga tutti i soggetti che operano nelle strutture della Sanità umbra, ma anche i cittadini che della Sanità sono i fruitori. Recuperare lo spirito guida della Legge 883/1978 in particolare per ciò che concerne il coinvolgimento dei Consigli comunali nella discussione sulla sanità;

Le nostre proposte per una soluzione temporanea ed immediata dei problemi e che riorientino la barra verso prevenzione-cura riabilitazione e partecipazione sono:

- investire 5-6 mld subito e 5-6 mld ogni anno sino a raggiungere almeno 150 mld per il Fondo Sanitario Nazionale da vincolare all’ utilizzo e gestione diretta ed esclusiva del Pubblico;
- stabilizzare i precari e assumere gli specializzandi, con stipendi da CCLN della dirigenza, a partire dal III anno;
- aumentare il numero di borse per la Medicina Generale e disporre servizi e fiscalità di vantaggio per le zone carenti;
- aumentare gli stipendi del personale medico, infermieristico e tecnico a livelli adeguati, generare occasioni di progressione di carriera e responsabilità;

- porre limiti al fenomeno del "gettonismo", alle esternalizzazioni, alla pratica delle convenzioni con le assicurazioni;

- porre fine allo scambio salario-welfare sanitario spesso con esami inappropriati e inutili e basta defiscalizzazione per le aziende;

Comitato Umbro per la difesa della sanità pubblica

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