Castori (Fi), “Perugia non si lasci sfuggire l’opportunità Ikea”
“Se il vertice di Ikea deciderà di non aprire a Perugia, avremo perso una grande opportunità”, ne è convinto il consigliere comunale di Forza Italia Carlo Castori, che interviene con una nota in merito alla possibilità che il colosso del mobile svedese vagli altri insediamenti in Umbria. “Mentre una burocrazia farraginosa rallentava l’iter a Perugia, altrove c’era già chi spianava la strada per cercare di rendersi il più appetibile possibile alla multinazionale.
E invece quella di Ikea per Perugia potrebbe essere una grande risorsa sia in termini economici che occupazionali”. Castori si riferisce ai circa 8 milioni di euro di urbanizzazione che il Comune potrebbe incassare e investire “nella messa in sicurezza delle scuole per esempio – sottolinea Castori – e in interventi per la frazione di San Martino in Campo, dove appunto l’insediamento era previsto”. Dagli articoli apparsi in queste ore sulla stampa locale si comprende che la volontà di Ikea di aprire in Umbria non è venuta meno, “quindi prima che questa occasione ci sfugga di mano – continua il consigliere di Fi, favorevole al progetto fin dai suoi albori - ci auguriamo che il progetto vada avanti a Perugia e che venga considerato come si tratti di un’azienda seria, rispettabile, attenta all’ambiente e alla sostenibilità”.
Nella sua filosofia aziendale Ikea ha infatti sempre contemplato l’agevolazione all’uso dei mezzi pubblici (sia dei dipendenti che dei dipendenti), la massima attenzione alla raccolta differenziata e il risparmio energetico, oltre ad un piano occupazionale che, i manager di Ikea in Italia, hanno stimato aver occupato il 95% dei dipendenti a tempo indeterminato. “Ci auguriamo quindi – conclude Castori – che il progetto Ikea in Umbria veda il capoluogo e il Comune di Perugia come unico interlocutore, non lasciando ad altri questo ruolo”.
Sabato
11/10/14
17:05
A proposito di Ikea,leggo che il consigliere del comune di Perugia Carlo Castori è favorevole alla realizzazione all'insediamento dell'Ikea a San Martino in Campo in quanto ci sarebbe una notevole ricaduta occupazionale e un notevole introito per le casse del comune di Perugia.
Non mi era sembrato che nella passata legislatura ci fosse stata tutta questa attenzione sia da parte del consigliere Castori che dell'attuale maggioranza sulla questione Ikea, anzi l'attuale vice Sindaco era fermamente contrario, insieme a tutte le associazioni ambientaliste, alla costruzione del mega centro commerciale perché non si doveva e non si poteva sottrarre ancora terreno a favore del cemento.Mi piacerebbe conoscere il parere di Italia Nostra e dell'avvocato Barelli sulla questione Ikea.
Martedì
14/10/14
10:15
Ma secondo voi l'IKEA guadagna o perde dalla costruzione di un nuovo punto vendita in umbria?
Se ci guadagna evidentemente sottrae risorse alla economia locale per drenarle in altri luoghi.
Ma se si sottraggono risorse alla economia locale le attività che restano si arricchiscono o soffriranno per la riduzione delle risorse circolanti? Allora di quale guadagno si parla, di quello dei pochi assunti che sostituiranno i licenziati dalle attività locali circostanti o del comune che prenderà più soldi dall'IKEA e meno dai commercianti locali?
Nelle realtà più evolute da tempo si é bandita la costruzione di punti vendita troppo grandi, perché alla lunga impoveriscono irreversibilmente le economie dei territori piuttosto che farle sviluppare, fino ad inaridirle.
Martedì
14/10/14
13:30
Provo a rispondere alla domanda posta.
Se l'IKEA aprirà un nuovo punto vendita in Umbria è evidente che lo farà perchè le analisi economiche fatte indicano un ritorno economico dell'investimento.
In conseguenza di ciò è plausibile che l'apertura dell'eventuale centro IKEA in Umbria interferirà con le dinamiche economiche locali sottraendo una fetta di mercato alle attività già esistenti.
Tuttavia mi permetto di avanzare dei dubbi sulla sostanziale compensazione dei due sistemi, ovvero che il volume di affari economici che interesserà l'eventuale IKEA sia corrispondente in termini di valore a quello che sottrarrà agli operatori economici locali.
A mio parere l'eventuale apertura di un centro IKEA in Umbria solo parzialmente drenerà risorse economiche attualmente ad appannaggio del mercato locale.
Ritengo ciò dato che la tipologia del prodotto IKEA è specifica e riguarda un mercato diverso da quello dell'artigianato locale. Infatti IKEA produce esclusivamente mobili e complemenbti di arredo moderni low-cost e quetso è un segmento di mercato sul quale (per caratteristiche e dimensione azioendale) gli artigiani locali non potranno mai entrare. Ed è sbagliato - a mio avviso - supporre che la domanda attuale del segmento di mercato (mobili e complementi di arredo moderni low-cost) sia assorbita (e dunque vvantaggi) le imprese artigiane locali. Sicuramente in una piccola misura chi vive in Umbria acquista mobilio dagli artigiani locali per comodità (mentre il grosso del mercato artigianale locale attiene ad una clientela che sceglie proprio quel tipo di mobilio) ma la maggior parte dei potenziali fruitori di IKEA umbri o si sposta e và ad acquistare i mobili IKEA nelle Marche, nel Lazio o in Toscana (i centri esistenti più prossimi) o non acquista. Daltra parte chi vuol comprare - per fare un esempio - un mobile soggiorno spendendo meno di 200 euro lo può fare con IKEA ma non esiste (e non può esistere per la struttura aziendale) nessun artigiano locale che possa offrire un prodotto simile e dunque semplicemente quel segmento di domanda resta insoddisfatto (con il risultato che non aumenta comunque il fatturato delle aziende locali ma in compenso qualcuno non arrederà il soggiorno).
Il valore aggiunto per l'IKEA di un nuovo punto vendita in Umbria non stà tanto - a mio avviso - nel concorrere con il mercato locale quanto nel soddisfare una domanda latente che in molti casi resta inespressa (perchè se per una spesa di qualche migliaio di euro - come l'acquisto di una cucina con elettrodomestici - può valere la pena di mettere in conto una trasferta in un'altra regione, per spese più piccole no e dunque semplicemente la gente non acquista quei prodotti). Intediamoci l'IKEA non è un ente no-profit e la sua presenza condiziona il mercato locale (ad esempio a parità di bilancio familiare, il mese in cui la famiglia acquista il succitato mobile per il soggiorno a 200 euro magari spenderà meno in alimenti e divertimento), tuttavia rappresenta anche un'opportunità occupazionale ed una fonte di entrate tributarie (tributi che, anche dei cittadini umbri che in assenza di un'IKEA sul territorio acquistano in quelle di altre regioni), oggi finiscono nelle casse di comuni di altre regioni anzichè restare in Umbria, oltre che un'attrazione verso l'Umbria dalle aree confinanti (provincia di Arezzo, Siena, Viterbo, Rieti, Grosseto) che può alimentare l'economia e dunque l'occupazione locale (non a caso generalmente attorno ai centri IKEA si sviluppano sempre tantissime altre attività commerciali locali destinate appunto a chi arriva da fuori). Non dico che sono tutte "rose e fiori" ma forse il bilancio di un'eventuale apertura di un centro IKEA in Umbria potrebbe essere nel complesso (è evidente che comunque qualche attività locale esistente ne risentirà negativamente) tutt'altro che negativo.
Sabato
18/10/14
15:56
La macroeconomia segue regole diverse da quelle della microeconomia.
Per comprendere i fenomeni macroeconomici bisogna necessariamente "volare alto".
In effetti il problema della IKEA o di qualsiasi altro intervento che incide sulla economia complessiva della regione non si dovrebbe analizzare con la ottica della microeconomia che si sofferma sui particolari, ma dovrebbe prendere a riferimento solo le variabili aggregate che però sono complesse.
Per capirci: la costruzione di un grande centro nella regione produce un aumento o una riduzione delle risorse finanziare circolanti? Nel saldo regionale ci si guadagna o ci si perde? L'analisi non è matematica, spesso ci si può basare solo sulle sintesi istintive di un "politico" accorto.
Una cosa é certa. Se la analisi non può che essere frutto di conoscenze approfondite del contesto socio economico locale e dal proprio intuito (meglio se sa ha la modestia di confrontarlo con quello di altri), le conseguenze delle scelte invece si possono misurare.
Basta vedere come varia il saldo della bilancia dei pagamenti di una comunità. Se si sbaglia non sempre é facile rimediare.
In questa logica, ogni situazione socio economica (regionale o nazionale) è il frutto della bontà e lungimiranza delle decisioni di politica economica prese in passato.
Giampaolo Ceci
Domenica
19/10/14
13:47
Non c'è alcun dubbio che "ogni situazione socio economica (regionale o nazionale) è il frutto della bontà e lungimiranza delle decisioni di politica economica prese in passato". e che quando queste risultano sbagliate è poi difficile rimediare.
Putroppo, come giustamente sottolineato dall'ing. Giampaolo Ceci, solo ex-post si posso verificare gli effetti di una scelta di macro-economia dato che questi si dispiegano solo nel tempo e non a ridosso della sua assunzione.
Ogni cambiamento è sempre dunque un'incognita - lo è anche l'eventuale apertura di un centro Ikea in Umbria per restare al tema iniziale - su questo non c'è dubbio.
Tuttavia la soluzione non è mantenere lo status-quo pensando che evitare di cambiare equivalga ad escludere le incognite ed i rischi.
Non è così perchè, anche se noi ci astenessimo da ogni decisione, tutto continuerebbe a cambiare attorno a noi; e dato che la nostra comunità, come nessun'altra comunità al mondo oramai, non vive isolata e in un sistema di scambi impermeabie all'esterno, anche non cambiando subiremmo comunque gli effetti dei cambiamenti esogeni.
Quello che invece possiamo decidere è se rischiare di pagare per i nostri errori (quando si sbaglia) o subire gli effetti di quelli degli altri, perchè ci piaccia o meno il mondo non stà fermo.
Come aveva ben sintetizzato Francesco Guccini in Eskimo il nocciolo della questione davanti ai cambiamenti (che sono ineluttabili) è nel "saper scegliere il tempo e non arrivarci per contrarietà". Da qui, e solo da qui [non dalle manifestazioni di piazza, dagli scioperi generali (che sono comunque necessari - così evitiamo fraintendimenti - ma solo limitatamente a contesti ed a situazioni particolari e per evitare o mitigare delle crisi acute ma NON riolvono in alcun modo il problema che le ha generate) o dai No senza alternative praticabili nel contesto dato] passa la fortuna o il declino di un territorio. Il resto sono solo desideri condannati a non avverarsi mai.