Dai giornali di ieri, pagine umbre, leggevo che il Dott. Attilio Solinas, medico perugino, con una “via crucis” di 3 anni, finalmente riesce a portare in giudizio Facebook, per questioni inerenti la violazione della privacy ed anche della violazione dell’ordine del Garante della privacy di rendere disponibili l’accesso a contenuti a lui inerenti, oltreché i dati inerenti a dei profili falsi, dai quali prima è stato fatto oggetto di ricatto, poi da uno falso a suo nome, dai quali partivano contenuti a carattere sessuale e pornografico.

Al netto del doveroso diritto da parte del Dott. Attilio Solinas di tutelare la propria onorabilità ed immagine, io penso, anche alla luce dello svolgimento di questi fatti, ben venga il precedente giudiziario nei confronti di queste piattaforme social, che prontamente, in casi come questi, si dichiara assolutamente “terze” non ritenendosi responsabili dei contenuti veicolati. Dimenticando poi che la stessa piattaforma è fonte di guadagno attraverso pubblicità. Con la logica, di certi “algoritmi” così puntuali nel determinare abitudini ed interessi, di ogni genere, che poi diventano dati, anche “sensibili” nella determinazione del codice privacy vigente. Non posso credere, essendo anche un po’ del mestiere, che la stessa attenzione nello sviluppo di tali algoritmi potrebbe essere profusa nello sviluppo di altri algoritmi, atti a un pre-controllo dei contenuti, foriero poi di un vero e puntuale controllo umano, anche dei contenuti in aperta violazione delle leggi vigenti, tipo quella di apologia di reato dovuta a pagine e contenuti, pululanti su Facebook, inneggianti al fascismo, per quanto riguarda l’Italia. Una piccola avvertenza, a questo punto, il fatto che, in questo caso Facebook, sia una piattaforma internazionale, non la esime dall’osservanza delle leggi nazionali dove viene fruita. Per altro l’attenzione di questa piattaforma alle leggi dei Paesi, avviene solo nel caso di fini commerciali, anche prostrandosi a regimi autoritari. Per esempio, è di qualche tempo fa un articolo del Financial Times sulla denuncia di attivisti vietnamiti che accusavano Facebook di aiutare il regime alla persecuzione dei dissidenti (https://www.ft.com/content/560c8300-3c58-11e8-b7e0-52972418fec4). Attenzione, nessuna censura, bensì rispetto delle leggi. Vigenti. Senza che dalla politica venga ispirazione di qualche soluzione legale/censoria “definitiva”.

Tornando poi alla questione di partenza, secondo me, una eventuale sentenza a favore del Dott. Attilio Solinas, potrebbe servire da monito, sia per i big dei social, che trattino i clienti (che tanto li fanno guadagnare) nel rispetto delle leggi del Paese di appartenenza, sia per quell’onda di produttori di fake-news/hatespeech/bullismo vario. Che si capisca, in maniera più diffusa, che internet non è un “non-luogo” e che reati come la diffamazione, il razzismo, l’istigazione all’odio e le violazioni di legge in genere, sono reati anche qui. Forse l’innovazione e la tutela dei diritti individuali dei netizens italiani passerà per Perugia.

Condividi