Di Tommaso De Berlanga

Per capire la gravità della situazione, bisogna sapere che attualmente i livelli di produzione dell'industria metalmeccanica sono del 25% inferiori ai livelli antecrisi. Mentre nella media Ue lo scarto negativo si riduce al 13,4 e in Germania «addirittura» all'8%. Sia nel caso italiano che in quello tedesco, il vettore della crescita è dato soprattutto dalle esportazioni; sapendo che la stessa Germania è il principale mercato estero per il nostro export, e che buona parte dei prodotti mandati lì sono semilavorati per l'industria tedesca, viene spontaneo chiedersi se per caso lassù non abbiano trovato «contoterzisti» più convenienti.

La risposta a questa domanda, da parte di Luciano Miotto - vicepresidente dell'associazione - è stata semplice: «I tedeschi vendono di più all'estero perché hanno chi li aiuta a farlo». Fuori di metafora «noi abbiamo un governo che si occupa pochino di questo». Non che manchino capacità industriali, «abbiamo tecnologie che ci permettono di fare produzione di alto livello, alla pari con la Germania». Nel settore delle macchine utensili «siamo all'avanguardia, ma serve una politica per esportarle». Un esempio viene dai flussi verso la Cina: di 4 miliardi di euro l'anno, 2,7 vengono proprio dalle «macchine e materiale meccanico». Un'altra voce critica riguarda perciò proprio i «recuperi dell'Iva», che lo stato effettua con molto ritardo, aggravando l'handicap competitivo proprio delle imprese export oriented, quelle che «tirano» di più.

D'altro canto, nemmeno sulla domanda interna «la politica» mostra di saper fare qualcosa: «se almeno lo stato onorasse più velocemente i suoi debiti, molte imprese avrebbero meno problemi di liquidità». L'ultimo aiuto era venuto infatti dalla cosiddetta Tremonti-ter (che concedeva una forte detassazione degli investimenti); ma alla fine di settembre ha cessato di funzionare e questo spiega - secondo Federmeccanica - anche la «frenata» degli ultimi tre mesi dell'anno. «A questi ritmi torneremo ai livelli pre-crisi non prima del 2014»; sempre che l'uragano che soffia sui paesi arabi si plachi presto e consenta un rapido ritorno «alla normalità». Altrimenti...

Sul piano dell'occupazione, naturalmente, questo andamento lento della ripresa ha effetti molto importanti. Attenuati soltanto dall'impiego massiccio della cassa integrazione. Le ore chieste e concesse, nel 2010, sono state pari a 276.500 lavoratori. Poiché però il «tiraggio» (l'utilizzo effettivo) è in genere intorno al 50%, si può considerare che circa l'8% di tutti gli addetti sia stabilmente in cig: circa 140.000 posti di lavoro formalmente «salvati», ma con scarse possibilità di rientro. Lo si capisce dall'impennata della cig «straordinaria» (oltre i normali limiti temporali) e «in deroga» (per le piccole imrpese, che non ne avrebbero diritto): +230%. Un quadro niente affatto rassicurante (gli ordinativi assicurano lavoro per circa per 3 mesi, mentre la media normale è 5); anche se «l'espansione dovrebbe continuare», l'andamento per ora resta «piatto».

Fonte Il Manifesto

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