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PERUGIA - La Confesercenti dell’Umbria torna sulla questione “prezzi” dopo che – afferma – “alcune confederazioni, hanno ripreso a fare proposte solo propagandistiche e demagogiche come ad esempio quella dei mercati degli agricoltori”. Propagandistiche perché secondo Confesercenti laddove questi mercati si sono creati, “i prezzi esposti sono praticamente identici a quelli praticati all’interno delle attività commerciali, senza considerare che questi produttori hanno un regime fiscale completamente diverso e soprattutto agevolato. Se teniamo conto anche del fatto che gli vengono concesse aree di suolo pubblico senza pagare nessun tipo di affitto e con norme igienico sanitarie tutte da valutare”. Se così fosse, allora non si comprende il perché di tanto astio! “Per quanto ci riguarda – prosegue il comunicato - continuiamo a ribadire il senso di responsabilità degli esercenti in un momento economico difficile e di tensioni dei prezzi e la volontà di contribuire ad un comune impegno per affrontare con determinazione le attuali difficoltà. Ma va chiaramente sottolineato come il balzo dei prezzi alla produzione va ben al di là della dinamica dei prezzi praticati al dettaglio. A questo si aggiunga il caro-petrolio, il caro-trasporti ed il peso delle tariffe”. ”Solo per fare qualche esempio, in un anno i prezzi alla produzione sono saliti a giugno del 49% contro una variazione del prezzo del pane del 13%. Stesso discorso per la frutta (24,5% contro il 7,2%) o per la carne (il prezzo alla produzione di quella bovina è salito dell’11,4%, mentre al dettaglio è aumentata del 4,7%). E se ci spostiamo a raffrontare l’andamento inflazionistico nel settore Ue food si vede come a giugno 2008 l’inflazione dell’area euro tocca il 6,4% contro il 6,1% di quello dell’Italia”. Gli argomenti usati da Confesercenti Umbria non sono nuovi ed hanno certamente anche un fondo sia pure parziale di verità, ma ciò non giustifica l’abbandono del Tavolo regionale e soprattutto il fatto che le associazioni umbre dei commercianti non abbiano aderito ad iniziative che con la partecipazione di tutte le parti in causa sono state invece positivamente avviate in altre regioni italiane anche a noi vicine. Perciò non convince appieno l’appello finale a “finirla una volta per sempre con le inutili crociate contro gli esercenti per concentrare l’attenzione sulle reali inefficienze della filiera alimentare, sul rischio di oligopoli che non riguardano certo i piccoli negozi, sulle contromisure da adottare per frenare l’impatto con le tensioni internazionali, queste sì caratterizzate da forti movimenti speculativi”. Condividi