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"Acqua libera tutti" contro "Acqua bene comune". Fin dalle prime battute dell'assemblea nazionale dei movimenti per l'acqua pubblica, si capisce che la battaglia è già cominciata in rete. Ed è senza esclusioni di colpi. Dietro il primo slogan si nasconde la lobby del No alla ripubblicizzazione del servizio idrico. Sul loro sito possono esibire articoli dei principali quotidiani. L'altro, invece è il motto dei referendari i quali - con le "solite" eccezioni - hanno faticato non poco a bucare gli schermi ma sono forti di una campagna di raccolta firme che ha doppiato con una relativa facilità l'obiettivo delle firme necessarie ad avviare le procedure per andare alle urne. Entrambi sono soggetti trasversali ma la potenza di fuoco sembra quella di Davide contro Golia. La prima è una «trasversalità delle alte sfere», spiega Paolo Cassetti, romano, naturalista, 33 anni. Il recente convegno di Astrid (Fondazione di area democrat per la riforma delle istituzioni e l'innovazione delle amministrazioni pubbliche) ha mostrato la convergenza "riformista" degli attuali ministri Fitto-Ronchi-Prestigiacomo con i predecessori Amato-Letta-Bassanini. Quella dei referendari, al contrario, è una trasversalità dal basso: a dispetto dell'ambiguità dei loro vertici nazionali non pochi circoli del Pd hanno voluto spendersi ai banchetti per la raccolta delle firme. La stessa diserzione ha dovuto registrare l'Idv ufficialmente schierata con un quesito che servirebbe solo a lasciare libertà di scelta - tra pubblico e privato - agli enti locali. Ma lo spettro di chi vorrebbe ripubblicizzare il servizio idrico è ancora più ampio: ritrova la varietà di rappresentazioni del mondo ereditata dai social forum e trova altri pezzi di mondo cattolico e di reti civiche. In Toscana al comitato promotore ha aderito perfino il Pli. Fa parte, Cassetti, della segreteria organizzativa del comitato promotore dei tre referendum e ieri era a Firenze all'assemblea nazionale del Forum dei movimenti per l'acqua. Più di trecento partecipanti, avamposti di quel popolo dell'acqua che ora deve costruire il quorum e tenere a bada eventuali sabotaggi ai referendum per i quali dal 30 settembre inizierà l'esamina della montagna di firme e l'ammissione dei quesiti dopo di che, entro il 10 febbraio, dovrà pronunciarsi la Corte costituzionale. Il gioco si fa duro fin da ora e per quella data i movimenti vogliono essere pronti allo slancio finale. Anche perché questi referendum, come fu per quello sul divorzio del '74, potrebbero fotografare un'Italia molto diversa dalla sua rappresentanza politica. Anche la scelta di Firenze per il primo appuntamento nazionale lascia spazio ad alcune suggestioni. La regione del primo social forum europeo e dei primi passi dei movimenti per l'acqua è anche quella che ha assistito per prima alla privatizzazione delle municipalizzate. Luciano D'Antonio, 47anni, è tesoriere del comitato regionale e impiegato di Publiacqua che serve 51 comuni tra Firenze, Prato e Pisa e appartiene per il 40% alla cordata capitanata da Acea con Caltagirone e Suez. Loro l'unica busta presentata alla gara. Con buona pace della concorrenza. D'Antonio spiega che il 10 agosto è partita la privatizzazione dell'ultima gestione in house della Toscana, quella di Gaia che serve le provincie a nord. «E' il modello toscano, gestito dagli ecodem». Ma nel totale silenzio mediatico, la raccolta delle firme ha corrisposto qui al 237% degli obiettivi. Fa scuola il dato di Arezzo, la prima città privatizzata in Italia, che ha contribuito con 20mila firme al bottino regionale di 107mila adesioni. Ma l'acqua toscana è anche sotto l'attacco dell'Enel che minaccia il bacino dell'Amiata, 150 sorgenti, il più importante del centro Italia, con lo sfruttamento geotermico sempre più intensivo. Dopo un "ponte" con l'America Latina e con il Kurdistan - sono intervenuti il boliviano Oscar Oliveira di Cochabamba e un rappresentante della vertenza No Diga di Hasakeyf - l'assemblea s'è articolata in quattro gruppi di lavoro. Questi i temi: dalle vertenze internazionali a quelle locali, dalla costruzione del referendum al disegno di una ipotesi di gestione popolare e partecipata, dalla costruzione di rapporti organici coi lavoratori delle aziende idriche e con gli enti locali, dai nessi con le altre battaglie per i beni comuni (ad esempio la conoscenza) fino al tema delicatissimo del rapporto tra questo forum dei movimenti e il comitato promotore del referendum di cui il forum è una delle gambe. La discussione approderà stamattina in plenaria dove si deciderà sulle proposte scaturite: una campagna per la moratoria del decreto Ronchi, che intanto è operativo, che vedrà il 4 dicembre - in contemporanea con la mobilitazione di Cancun - una giornata di mobilitazioni diffuse; un pressing sui comuni per ottenere delibere che sottraggano il servizio idrico al mercato; la partecipazione alla manifestazione del 16 ottobre con i metalmeccanici; un corteo nazionale il 19 marzo; un convegno itinerante di costituzionalisti; una modalità di finanziamento che, accanto alle donazioni, preveda una sottoscrizione che verrà restituita al momento del rimborso elettorale. Servono almeno 500mila euro e il dibattito su come reperirlo e su quali forme di comunicazione agire è stato molto acceso ed ancora in corso mentre Liberazione va in stampa. Condividi