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Nelle ultime settimane è tornato prepotentemente d’attualità, nella nostra regione, il problema della sicurezza stradale. Vittime e feriti, purtroppo, si continuano a contare con una cadenza costante, al punto che le statistiche evidenziano che gli incidenti stradali si stanno rivelando come la prima causa di morte tra i più giovani dell’Umbria. Ma non è sui numeri che oggi ci vogliamo soffermare. Non serve, infatti, sciorinare cifre per capire che la situazione attuale permane grave. Grave quanto ieri. E, se non si farà presto qualcosa, grave quanto domani. Senza voler mancare di rispetto alle vittime e alle loro famiglie, non importa neppure se il numero dei deceduti stia aumentando, diminuendo o se resti immutato. Il nocciolo indigeribile del problema è che sulle strade dell’Umbria si continua a spargere sangue. Automobilisti che finiscono fuori strada, altri che si schiantano, altri ancora che falciano i passanti sulle strisce pedonali. Le tipologie degli incidenti sono sempre le stesse. Immutate da anni perché immutato, da tempo immemorabile, è il comportamento di chi si trova alla guida. Un comportamento spesso distratto o condizionato dall’ignoranza delle norme, dall’arroganza, dalla maleducazione, ma anche aggravato dalle condizioni psico-fisiche (stress, alcol e droga) e da molto altro ancora. Raramente, invece, la colpa è riconducibile alla fatalità, alla pura accidentalità, ai guasti tecnici, meccanici e allo stato delle strade che ci si trova a percorrere. Non sempre, poi, la responsabilità è di chi muore o resta ferito. A volte, infatti, la colpa è di chi ha provocato l’incidente e ne è uscito illeso. Oppure di chi è fuggito senza curarsi di cosa è accaduto e senza prestare soccorso. Bastano una manovra azzardata, l’ingresso in una rotatoria senza dare la precedenza a chi già la sta percorrendo, ma anche una banale svolta compiuta senza inserire la freccia e l’incidente è compiuto. Poi, però, c’è anche l’errore che si rivela fatale: il modo di guida inopportuno, per esempio, per affrontare una giornata di maltempo o un ostacolo improvviso. La stragrande maggioranza degli automobilisti, infatti, è convinta che basta ottenere la patente di guida per saper condurre un mezzo. Perché, così, viene insegnato da sempre. La quasi totalità - per fare solo uno degli innumerevoli esempi possibili - ignora completamente la consistente differenza di modalità di guida che deve esserci tra una vettura con trazione anteriore e una con trazione posteriore: d’altronde, oggi, c’è l’elettronica pronta a correggere qualsiasi errore con interventi che, però, diventano totalmente inefficaci, se non addirittura dannosi, quando si superano i limiti imposti dalla fisica. Ecco, quindi, che per tutti questi motivi gli incidenti si ripetono. Cambiano soltanto le scene e i personaggi, ma le dinamiche e le cause sono quasi sempre le stesse. Oggi, però, di fronte a tante tragedie c’è, almeno, la magra consolazione di un aspetto positivo: che si è tornati a parlare, anche sui tavoli delle istituzioni locali, di sicurezza da raggiungere sulle nostre strade. Non può, infatti, che essere accolta positivamente l’iniziativa intrapresa dalla Regione Umbria attraverso il suo assessorato specifico alla sicurezza stradale: avviare un confronto con tutti i soggetti che possono contribuire a prendere di petto il problema è un primo passo importante. Un passo che ha tutti gli auspici per essere efficace visto che si è partiti con un colloquio diretto con chi si trova dalla parte degli automobilisti (vedi le delegazioni dell’Aci). Il quadro che sta uscendo fuori, finalmente, comincia ad avere contorni ben più ampi delle analisi fatte nel passato. Analisi che hanno prevalentemente puntato a maggiori controlli sulle strade, stangate sugli indisciplinati, nuovi autovelox e altri etilometri. Iniziare, invece, a parlare seriamente di necessità di formare una nuova cultura tra gli automobilisti è il segno che si è imboccata davvero la strada giusta. Ora, se si riuscirà ad arrivare fino in fondo con fatti concreti, in Umbria potrebbe addirittura maturare un’esperienza da esportare come apripista nel resto del Paese. Gli sforzi da compiere sono ancora tanti, ma almeno la marcia sembra ingranata. Condividi