di Anna Maria Bruni
Ad un passo da quella che a tutti gli effetti si profila come una disdetta unilaterale del contratto metalmeccanici 2008 da parte di Federmeccanica, con l’aiuto di deroghe stabilite nella riforma degli assetti contrattuali del 2009, la Fiom torna in campo per ridefinire le coordinate entro le quali trattative, accordi e contratti si sono sempre definite in questo Paese. Una banalità, potrebbe sembrare, se non si profilasse come una situazione drammatica, e non solo perché tutto ciò avviene, sarà bene ricordarlo, sulla pelle di 2 milioni di lavoratori e lavoratrici metalmeccaniche, ma anche perché il polverone sollevato da Marchionne, sul quale governo e Confindustria hanno soffiato, è platealmente utile a ridefinire le “moderne relazioni industriali”.
Così oggi il numero uno della Fiom Maurizio Landini, in conferenza stampa nella sede di Corso Trieste a Roma, ha ridefinito i temi sui quali tutti i protagonisti succitati, e a ruota i media, in prima fila il giornale di Confindustria, fanno finta che basta dirlo perché norme e accordi siano superati. Probabilmente anche questo stile si è inverato con la seconda berlusconiana Repubblica: a forza di ripeterle, anche le balle più colossali diventano vere. Dunque il tema vero è che i contratti non si possono disdire, né derogare, senza un accordo tra le parti firmatarie. E la Fiom è firmataria del contratto metalmeccanici del 2008 ma non dell’accordo del 2009, e non per niente è tutt’ora in vigore la parte normativa (quella economica scadeva a fine anno) e la Cgil non è firmataria della riforma sugli assetti contrattuali.
“Leggo sul Sole 24 ore di ieri che Ceccanti (presidente di Federmeccanica, ndr) – sottolinea Landini – ci fa sapere che intende convocare Fim, Uilm e Fismic al tavolo per martedì prossimo 7 settembre, con l’intenzione di definire gli ambiti di derogabilità del contratto, così come prevedono le nuove regole contrattuali”. “Così si cancella il contratto nazionale collettivo di lavoro”, dice senza mezzi termini il dirigente sindacale, “e senza alcun mandato dei lavoratori”, rimarca. “Quel mandato che noi abbiamo invitato Fim e Uilm a cercare indicendo un referendum dopo l’accordo che loro hanno sottoscritto, ma che non ha avuto seguito”. La fiom ha sempre avuto “un costume, quello della democrazia – ci tiene a sottolineare Landini – al quale non ha mai derogato, anche quando è andata sotto coi numeri”.
Uno per tutti l’accordo alla Piaggio, molto mal digerito dai delegati Fiom, eppure. “E trattative la Fiom ne ha fatte in questi mesi, e ne ha firmati di accordi”, puntualizza il leader sindacale, la cui storia da questo punto di vista parla da sola. “Ciò dimostra nei fatti la nostra disponibilità a discutere e a trattare – insiste il leader Fiom – perché i lavoratori sono i primi ad avere interesse a dare solidità alla produzione qui in Italia”. Ma bisogna vedere se i lavoratori oltre ad essere i primi, non siano anche gli unici. Perché come appare chiaramente, il nodo del contendere è la Fiat, con le ricadute sulle “nuove relazioni industriali” che Federmeccanica e tutta Confindustria sono pronte a sostenere. E non solo per il ricatto posto dal “primo azionista” di uscire dall’organizzazione padronale sull’ accordo per Pomigliano – solo qualche mese fa un “caso a parte” ricorda Landini, ma perché “la globalizzazione – dice chiaramente – significa competizione non su qualità e prodotto, ma sull’imbarbarimento del lavoro”.
Tutto si può trattare per arrivare a chiudere accordi di lavoro, ma non i diritti indisponibili, legati alla dignità della persona. Ci sono le leggi per questo, a cominciare da Costituzione e Statuto, le stesse che dicono che gli accordi vincolano i firmatari, e non basta una delle parti a disdirli, sono necessari tutti i firmatari. E che poi questi, vanno sottoposti al voto dei diretti interessati, i lavoratori, perché solo loro possono approvarli. Per questo motivo Landini ha ricordato che la Fiom ha inviato "lettere di diffida a 2-300.000 aziende ad applicare l'accordo separato del 2009" che la Fiom non ha firmato, così come ha teso a sottolineare che invece molte sono le aziende che hanno confermato di attenersi al contratto 2008”. E altrettanto i meccanici della Cgil sono pronti a fare se il 7 vi saranno ulteriori passi in questa direzione. "Se le aziende applicheranno quell'accordo rischiano di essere portate in tribunale per comportamento antisindacale", ha dichiarato Landini.
Inoltre il leader Fiom ha ricordato che è in Commissione alle Camere la legge di iniziativa popolare sulla rappresentanza sindacale presentata dalle tute blu della Cgil.
“Una legge indispensabile – ha chiarito Landini – per definire democrazia e rappresentanza nei posti di lavoro”. Ma che non basterà probabilmente ad impedire che i sindacati complici facciano il lavoro sporco al posto dell’azienda, come è accaduto ieri a Melfi dove i rappresentanti Fim e Uilm hanno impedito un’assemblea in fabbrica per informare i lavoratori sulla situazione relativa ai loro tre compagni reintegrati e ancora fuori dal posto di lavoro grazie alla Fiat. E nonostante avanzino ancora 6 ore di assemblea. Una vicenda che deprime ancor di più il diritto, e che fa il paio con il licenziamento avvenuto a 150 metri dalla Sata, in Commer Tgs, un’azienda dell’indotto, di due lavoratori colpevoli di essersi ammalati in seguito alla nocività delle loro mansioni. Sono tutti elementi di un quadro di stravolgimento dei diritti del lavoro sui quali non è più possibile derogare, in nessuna occasione. Questo è il motivo per cui, in accordo con Cgil, la Fiom ha deciso di querelare il ministro Gelmini, che al meeting di Rimini, abbondantemente dopo il reintegro dei tre di Melfi, ha esplicitamente parlato di “sabotaggio” da parte loro durante lo sciopero. E’ lo stesso motivo per cui ha voluto esprimere esplicitamente solidarietà ai precari della scuola, costretti allo sciopero della fame per difendere il loro diritto al lavoro. Sono tutti i motivi per i quali la Fiom annuncia battaglia. Campagna e assemblee in tutti i posti di lavoro, attivo dei delegati metalmeccanici di Torino proprio il 7, e poi manifestazione nazionale, il 16 ottobre, per “lavoro, dignità e diritti”, che oggi più che mai impongono, ha concluso Landini, “un nuovo modello di sviluppo”.
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