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Editoriale di Alessandro Cardulli Sergio Marchionne va giù duro, arrogante, provocatore, offensivo anche nei confronti del Presidente della Repubblica. La lettera con cui Napolitano aveva risposto ai tre operai licenziati dalla Fiat di Melfi, due dei quali delegati Fiom e poi reintegrati dal giudice, era stata molto chiara. Solo chi non voleva intendere ha potuto, ci si scusi il bisticcio di parole, fraintendere. La dignità del lavoro, problema sollevato dai tre licenziati è il cuore della vicenda. Napolitano l'aveva ben colto questo problema che Marcionne e i suo dirigenti avevano messo sotto i piedi. Reintegro significava nel posto di lavoro e non nella saletta sindacale, lontani dalla produzione. Così come il presidente della Repubblica aveva posto il vero problema di fondo: quello delle relazioni industriali con un esplicito invito ad affrontare una questione così importante non solo dal punto di vista sindacale, ma anche da quello politico e più in generale sociale. Reazioni industriali che devono tenere di conto dei diritti dei lavoratori, della dignità del lavoro, del ruolo del sindacato. L’ad del Lingotto, tornato dalla residenza americana per rispondere all’invito di Comunione e Liberazione, ha fatto finta di apprezzare le parole del Presidente della Repubblica, ma in realtà si è nuovamente scagliato contro i tre lavoratori e contro chi li difende. Ovviamente visto che Napolitano aveva capito ciò che provavano i tre operai di Melfi e che si era espresso con chiarezza perché “ si rispetti la sentenza di reintegro”, anche il Capo dello Stato entra nel mirino del manager con il maglioncino. E’ evidente che se Napolitano pone il problema del rispetto della sentenza significa che la Fiat non l’ha rispettata. La pensa così anche monsignor Giancarlo Mafia Brigantini, arcivescovo di Campobasso e presidente delloa Commissione Cei per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia, la pace. Dice il porporato che “ il lavoro non esiste solo per essere pagati, ma per la dignità dell’uomo”. Ma per l’ad della Fiat, noto per il maglioncino che indossa sempre come segno distintivo nei confronti di chi porta giacca e cravatta, evidentemente la dignità è un optional. Tanto è vero che le parole di Napolitano definite da monsignor Brigantini, “un prezioso appello a superare lo strappo”, hanno fatto andare in bestia Marchionne, incerto sul tono della risposta ma non sui contenuti. E così è stato ed ha attaccato chi difende i tre operai: "E' inammissibile tollerare e difendere – ha detto-alcuni comportamenti, che vedono la mancanza di rispetto delle regole e di illeciti arrivati in qualche caso al sabotaggio". Poi una pressione, una critica neppure troppo velata nei confronti della magistratura, Berlusconi insegna. “ Adesso siamo in attesa del secondo grado di giudizio, ci auguriamo che siano meno influenzate dall'enfasi mediatica. La dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone: sono valori che vanno difesi e riconosciuti e tutti, la responsabilità è anche quella di tutelare la dignità della nostra impresa e il diritto al lavoro di tutti i dipendenti". Dunque la sentenza di condanna della Fiat per comportamento antisindacale sarebbe dovuta all’enfasi mediatica. I giudici che dovranno esaminare il ricorso della Fiat sono avvisati. Tutto il resto del discorso solo chiacchiere. Da notare che Marchionne si è detto disponbile a parlare con il segretario generale della Cgil, “un uomo che rispetto”. Bontà sua. Epifani è alla testa di un sindacato che conta quasi sei milioni di iscritti. Marchionne non fa certo un grande sforzo a dire che è disposto a parlarci. Viene ancora una volta una lezione di grande dignità dai tre lavoratori di Melfi. Dice Giovanni Barozzino, uno dei due delegati Fiom licenziati: “ Visto che gira sempre gli stabilimenti Fiat in America, perché non viene anche qui, e accetta un confronto anche con noi e con i nostri legali, se non ha paura della verità. Lo stabilimento di Melfi ha festeggiato da poco i cinque milioni di vetture prodotte: credo che il merito sia soprattutto degli operai". Già, perché. Forse ritiene che gli operai non siano degni di lui. Portano la tuta e non il magliocino. 
 Da dazebao.org Condividi