di Paolo Nerozzi
UN GIORNO IN PARLAMENTO
La Fiat in due giorni ha licenziato quattro operai, uno a Mirafiori e tre a Melfi, rei di essere delegati sindacali e iscritti Fiom e aver sostenuto la posizione dei meccanici Cgil su Pomigliano.
Questi gravi fatti dimostrano, se c'era ancora bisogno, che l'accordo su Pomigliano non sarebbe rimasto un caso isolato. E che la questione dei diritti non negoziabili, come il diritto di sciopero, il diritto di appartenere ad un sindacato, il diritto ad essere delegato, erano - per una parte del management Fiat - il cuore del problema.
Ecco, quindi, che la questione della democrazia in fabbrica, così come il diritto ad eleggere democraticamente le proprie rappresentanze e a decidere sui propri contratti, devono far parte con pari dignità, così come la difesa dell'autonomia della magistratura e della libertà di stampa del complesso dell'azione di contrasto all'attacco alla Costituzione.
Di Vittorio sosteneva negli anni '50, nel culmine dell'offensiva di Valletta contro i dirigenti e gli iscritti Fiom della Fiat, che la Costituzione se non fosse entrata in fabbrica sarebbe rimasta monca per tutto il Paese e che ciò che in quel momento accadeva agli aderenti alla Fiom sarebbe potuto accadere in futuro agli aderenti degli altri sindacati . E Trentin all'inizio degli anni 90 sosteneva che i diritti fondamentali che la Costituzione assegna alle persone non sono negoziabili. Le vicende della Fiat, dal referendum di Pomigliano ai licenziamenti di ieri, ripropongono con forza questi temi. Compito dell'opposizione è tenere la difesa della Costituzione come bussola nell'agire di questi difficili momenti.
Al Senato, nei giorni scorsi, è accaduto un fatto «minore» ma interessante per capire l'umore più profondo di una parte di questa maggioranza. Di fronte alla mia richiesta, anche a nome di altri colleghi, di chiedere al ministro Sacconi di venire a riferire urgentemente in aula sui fatti di Melfi e Mirafiori, una parte non irrilevante della maggioranza urlava a proposito dei licenziamenti «..bene licenziateli tutti..», dimostrando che quando si arriva al cuore del problema, cioè i diritti dei lavoratori dentro il luogo di lavoro, una parte di questa maggioranza esprime un «odio di classe» ed una violenza che non riesce a controllare. Rappresentazione di una forza politica non del ventunesimo secolo, ma dei periodi più bui del diciannovesimo e del ventesimo secolo. La presunta modernità è il ritorno del «padrone» delle ferriere.
Ecco che si ripropone per l'opposizione, per il centrosinistra, il tema della dignità del lavoro manuale e operaio ed il peso che questo lavoro e queste persone devono avere nella società. La politica potrà rinnovarsi solo a condizione che faccia fino in fondo i conti anche con questo problema e riconquisti una rappresentanza di questo mondo.
Da Il manifesto.it
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