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di Anna Maria Bruni “Chiusa un’altra fabbrica”, una sintesi efficace che centra il punto. Così la Flc-Cgil di Terni denuncia altri 153 posti di lavoro in meno nella scuola per il prossimo anno, che si sommano ai 189 dell’anno scolastico appena trascorso. Dopo il riuscito presidio di ieri del movimento precari della scuola sotto Montecitorio, che già si è dato un nuovo appuntamento a settembre, anche la Cgil non si ferma, e questa mattina, nella sede della Camera del Lavoro di Terni, il segretario generale dei lavoratori della conoscenza Tommaso Dionisi, insieme alla numero uno della Cgil ternana Lucia Rossi, tornano a denunciare la situazione drammatica in cui versa la scuola. I numeri sono pesantissimi, insistono, sono 342 posti di lavoro in meno, “che rappresentano i due terzi dei tagli previsti dalla Legge 133 cioè 120mila posti di lavoro in meno complessivi nell’arco di tre anni”, precisa Dionisi. Ciò vuol dire che non è ancora finita, e questo pone due ordini di problemi, entrambi strutturali. Il primo, interno alla questione scuola, riguarda l’aumento del tasso di dispersione – sottolinea ancora Dionisi – e inversamente proporzionale alla qualità della scuola. Piediluco, Orvieto e la sezione distaccata di Amelia vedono già tre plessi chiusi, il che vuol dire ammassare gli studenti nelle classi, diminuire le compresenze e gli insegnanti di sostegno (oggi 1 ogni 2,5 alunni, nonostante il pronunciamento della Corte Costituzionale) tagliare il numero di ore di lezione. Un quadro che, per le superiori, sposta la scelta della formazione verso quella professionale provinciale – ricorda il numero uno dell’Flc ternana – che è ovviamente incentrata sull’avviamento al lavoro, ben diversamente dalla preparazione di cultura generale che anche un istituto professionale o tecnico continua ad offrire. Per non parlare poi del problema della sicurezza, che già il numero di alunni per classe fa diventare cruciale, e che invece, con i tagli previsti finisce nel dimenticatoio. Anche perché gli stessi enti locali, razziati dalla manovra economica in atto nonostante il parere contrario delle Regioni, non riescono a calendarizzare alcun intervento. Un quadro desolante, se si pensa che “fra le misure per affrontare la crisi altre nazioni europee, Germania in testa”, ricorda Dionisi, “hanno investito nell’istruzione e nella ricerca”. D’altronde basta il buon senso per capire che scuola, università e ricerca sono il fulcro dello sviluppo e della civiltà del lavoro. Ed un governo che mette in campo una politica che ostacola questo sviluppo, deprimendo occupazione e benessere attraverso il servizio pubblico, ha altre mire, che solo la demagogia di Tremonti può mascherare dietro gli equilibri di bilancio. E qui veniamo al secondo ordine di problemi, legato alla questione più generale della perdita di posti di lavoro, in particolare nel pubblico impiego che in ogni settore vede il blocco delle assunzioni, insieme al mancato rinnovo dei contratti precari, provocando la chiusura di interi settori di servizi (non solo scuole quindi ma anche settori della sanità, dei trasporti, e uffici pubblici in genere) dovuti al decreto Brunetta, senza che sia stata messa in campo alcuna alternativa. “Il che vuol dire – stringe Lucia Rossi – dover ricorrere al privato”. La questione investe la provincia di Terni poco meno di altre province italiane. “Ecco perché diciamo – sottolinea la dirigente sindacale – chiusa un’altra fabbrica”. “E’ un modo per richiamare l’attenzione sul numero enorme di posti di lavoro, come se chiudesse una “una media impresa nel territorio”, ed anche forse per svegliare nella gente “una sensibilità purtroppo tramortita dai tanti colpi inferti in questi anni”. Veder chiudere una grande fabbrica salta ancora ben più agli occhi dell’opinione pubblica, che rendersi conto della perdita di altrettanti posti di lavoro, però distribuiti nelle diverse scuole. “Certo fin quando non chiudono la scuola di tuo figlio, o tagliano il tempo pieno, o tolgono compresenze”. Chi lavora, colpito anche come genitore, comincia a rendersi conto. Il punto è rimettere insieme questi pezzi di società. “La confederalità, su cui punta ancora la Cgil” dicono Dionisi e Rossi, è la leva per trovare il minimo comune denominatore per rimettere insieme lavoro e diritti. Tornare a difendere la piena occupazione, lo slogan con cui il sindacato di Di Vittorio ha maturato le lotte degli anni ’60, è esattamente ciò che coniuga lavoro e diritti e tutela formazione e sviluppo. Dopo gli ultimi scioperi e ancora il presidio di ieri, l’Flc nazionale ha già in programma perciò a settembre, annuncia Dionisi, gli “Stati generali della scuola”. Data ancora da stabilire, ma certezza sui contenuti: continuare a denunciare una situazione inaccettabile, e mettere in campo proposte alternative. ''Lo diciamo spesso - ha aggiunto Lucia Rossi, segretaria generale della Cgil di Terni - e' come se chiudesse una media fabbrica del nostro territorio, ma quando si parla di scuola si fa piu' fatica a far passare l'idea. E poi questa fabbrica che ci stanno chiudendo a suon di tagli - ha aggiunto la dirigente sindacale - e' molto speciale per il tipo di bene che produce, ovvero la cultura e la preparazione delle nuove generazioni, un bene fondamentale per un territorio come il nostro''. Ci sono poi degli aspetti specifici che la Cgil - riferisce una nota del sindacato - ritiene particolarmente gravi. Uno su tutti e' quello delle pesanti ricadute dei tagli sul delicato terreno dell'insegnamento di sostegno. ''Il rapporto squilibrato docenti e alunni (1 ogni 2,5) e' un fatto inaccettabile - hanno sottolineato Dionisi e Rossi - tanto piu' ora che con i pesanti tagli agli enti locali contenuti nella manovra, questi non potranno supplire con mezzi propri a queste gravi carenze''. Dunque, secondo la Cgil, gia' da settembre il sistema di istruzione della provincia di Terni si presentera' fortemente indebolito, sia sul versante amministrativo che su quello operativo, dalla sorveglianza degli alunni, all'apertura e chiusura dei plessi. ''Una situazione di fronte alla quale intendiamo rilanciare una forte azione di mobilitazione che per quanto ci riguarda - ha concluso Tommaso Dionisi - non si e' mai interrotta''. ''Il problema - ha concluso Lucia Rossi - e' che siamo rimasti i soli a denunciare con forza quello che, sempre piu' chiaramente, si profila come un chiaro progetto classista di questo Governo, che punta ad un indebolimento della scuola pubblica a tutto vantaggio del privato''. Condividi