Maurizio Giammusso (ANSA)
SPOLETO - Per il terzo anno consecutivo Bob Wilson, l'incontrastato guru dell'avanguardia internazionale, ha strappato l'applauso piu' caloroso al pubblico del Festival dei Due Mondi di Spoleto, costituendo un punto di forza del programma allestito dal direttore Giorgio Ferrara. Nel 1998 fu con, ''L'Opera da tre soldi'' in una innovativa versione creata per il Berliner Ensamble, il teatro che durante la guerra fredda era diretto da Bertolt Brecht; l'anno scorso ha firmato invece ''I giorni felici'' di Samuel Becket, che ha portato fortuna ad Adriana Asti.
Quest'anno e' ancora una volta al Teatro Nuovo di Spoleto, e di nuovo con gli splendidi attori del Berliner, impegnati in un'affascinante spettacolo tratto dai sonetti di William Shakespeare, una delle opere del grande drammaturgo non nate per la scena, ma tuttavia spesso recitate in teatro. Titolo: ''Shakespeares sonette'' firmato dallo stesso Wilson insieme al musicista Rufus Wainwright.
Ma come ci si puo' immaginare uno spettacolo tratto da una raccolta di poesie, esattamente da 25 su 125 sonetti disponibili? Si puo' pensare ad una voce e ad un leggio; o ad una variazione tra recita e canto; o altro ancora. Bob Wilson invece agisce con il suo stile visionario, la sua tecnica perfetta, l'affascinante commistione di effetti sonori e luminosi, intrecciando la danza e la pantomima, la parodia comica, che deriva dal music hall, il teatro delle ombre cinesi, i trucchi piu' sorprendenti nascosti da una scenografia del tutto essenziale (tre alte pareti, che all'occorrenza si muovono minacciosamente).
Insomma, lungi dall'essere un recital poetico, si tratta piuttosto da un caleidoscopio di immagini e suoni: fra tante altre visioni sorprendenti, si scorgono tre regine Elisabetta, che procedono in lenta carovana; poi un putto panciuto appeso ad un filo; uno Shakespeare che canta quasi come un cantante rock; e fra un numero e l'altro una schiera di figuranti, che sono forse la moltiplicazione dei vari modi di amare, soprattutto quello omosessuale, visto che la scelta dei versi da recitare punta decisamente verso il filone gay, al quale apparteneva sembra lo stesso grande drammaturgo.
La regia gioca dunque su vari linguaggi teatrali e vari registri musicali: dall'evocazione delle sonorita' elisabettiane ad accordi che ricordano la musica di Kurt Weil (quello dell'Opera da tre soldi). Gli attori del Berliner, alcuni dei quali molto noti in patria, si confermano come artisti straordinari e completi: recitano come in un dramma di prosa, cantano come in un musical, si muovono come ballerini. In ogni caso sollecitano l'applauso e fanno dimenticare al pubblico la stanchezza di tre ore di spettacolo in tedesco (con sovra titoli in italiano).
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