TORINO - Ricatto. E' questa la parola che ricorre piu' frequentemente tra gli operai di Mirafiori, che commentano, entrando per il turno delle 14, il risultato del referendum dello stabilimento Fiat di Pomigliano d'Arco. "Questo - spiega Massimiliano - e' un ricatto al cento per cento, io sinceramente sono contento che non abbia vinto cosi' forte il si'". Maglietta a righe, capelli rasati, sulla trentina, lavora al montaggio dell'Alfa Romeo MiTo. "E' una porcata, e' chiaro che se ti chiedono se vuoi lavorare a condizioni peggiori o andare a casa devi per forza accettare".
"Stiamo tornando indietro di decenni", aggiunge Sergio. "Ovviamente - dice - ha ragione la Fiom. Se l'accordo passa a Pomigliano tra un anno ci ritroviamo nella stessa condizione anche qui a Mirafiori. Mio padre ha combattuto una vita per ottenere dei diritti, e adesso ce li vogliono soffiare sotto il naso. Stanno usando questa faccenda dell'assenteismo come una scusa per far passare delle cose inaccettabili. Se qualcuno fa il furbo andra' punito, ma la cosa deve finire li'".
"Stanno toccando tutto", incalza Mauro, "persino mense e ricambi. Non puoi piu' parlare, qui stiamo discutendo addirittura del diritto di sciopero". "Non so io cosa avrei votato", concede Graziano. "Ma il problema e' che Marchionne non si e' reso conto che l'Italia e' un Paese complesso. Qui non siamo in Nord-America. Qui ci sono tanti sindacati, c'e' conflittualita'. Forse su alcuni dei punti del nuovo contratto ci potevamo anche stare, ma non in questo modo. E' chiaro - conclude - che con il ricatto non raccogli consenso".
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