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PERUGIA - Nei giorni scorsi, non appena era circolato il suo nome riguardo all'acquisto di una casa a Roma, il ministro per lo Sviluppo Economico Claudio Scajola si è affrettato a smentire di aver ricevuto un "aiutino" per portare in porto quell'affare. Per comprare l'appartamento dove ancora oggi abita disse di aver acceso un mutuo per circa 600 mila euro e quanto mancava, poca cosa, lo aveva prelevato dal suo conto corrente. Tutta un'altra cosa, dunque, rispetto alla ricostruzione che aveva fatto il giornale La Repubblica che, riportando le volci che stavano giungendo da Perugia dove sono in corso le inchieste sui grandi appalti del G8, aveva parlato, invece, di 900 mila euro in nero che gli sarebbero stati messi a disposizione dal costruttore Diego Anemone tramite il suo architetto e progettista Angelo Zampolini, lo stesso che i pm del capoluogo umbro vogliono vedere in prigione, considerandolo ne più ne meno che un mediatore e riciclatore di denaro sporco. E dalla loro parte, come riporta sempre il quotidiano, i pm perugini avrebbero ora in mano niente meno che la confessione dello stesso Zampolini resa dall'architetto nell'interrogatorio di venerdì scorso, quando avrebbe ammesso che il 6 luglio del 2004, per l'acquisto dell'appartamento al civico 2 di via del Fagutale, a Roma, il signor ministro aveva ricevuto una provvista in nero, appunto, di 900 mila euro. Se l'indiscrezione del quotidiano rispondesse al vero, saremmo, dunque, non più davanti ad un'ipotesi di reato, bensì ad un fatto accertato, avallato da precise dichiarazioni rese a verbale, oltre che da una "minuziosa ricostruzione del tragitto di quel denaro fatta dalla Guardia di Finanza". Fatti che sono stati resi pubblici dal conflitto di competenza che si è instaurato fra la Procura di Perugia e l'ufficio gip che, come abbiamo già scritto ieri, aveva negato gli arresti chiesti per lo stesso Zampolini, oltre che per il commercialista Stefano Gazzani e per l'ex funzionario Claudio Rinaldi. Si deve, infatti, a questa "diatriba" l'uscita allo scoperto di atti istruttori trasmessi al Tribunale del riesame che dovrà ora dirimere la controversia intervenuta fre i due uffici giudiziari e che illuminerebbero inequivocabilmente la vicenda della dimora Scajola, aprendo nuovi spiragli sullo sporco giro d'affari messo su da quella che viene oramai definita la "cricca" dei Grandi Appalti, formata da un manipolo di affaristi senza scrupoli pronti a gettarsi, grazie alla trovata della "procedura d'urgenza" inventata dal premier Berlusconi, su ogni possibile affare financo a speculare spietatamente sulle gravi sciagure che hanno colpito il Paese, per ultima la tragedia del terremoto d'Abruzzo. Sempre la Repubblica così ricostruisce stamani l'ordine degli avvenimenti, mettendo in fila "la montagna di denaro utilizzata da Anemone per comprare il generale della Guardia di Finanza (oggi Aisi) Francesco Pittorru; l'iscrizione al registro degli indagati, per riciclaggio, di uno dei due figli di Angelo Balducci, Lorenzo, l'attore; la scoperta di conti esteri su cui vennero girate tangenti destinate ai funzionari pubblici; un nuovo episodio di corruzione di Claudio Rinaldi nella sua veste di commissario straordinario per i mondiali di nuoto del 2008; il 1 milione e 120 mila euro di false fatturazioni con cui Gazzani gonfiò i costi sostenuti dagli appaltatori delle opere del G8 della Maddalena per consentirgli di abbattere il proprio imponibile fiscale". Tutto nero su bianco, grazie ad 80 assegni della Deutsche Bank scoperti dagli inquirenti" Messo alle strette da una documentazione inconfutabile che sostiene l'accusa di riciclaggio mossa nei suoi confronti, secondo Repubblica Angelo Zampolini avrebbe ammesso con i pm di Perugia quel che non poteva più negare, ovvero di aver versato, nel luglio del 2004, la bellezza di 900 mila euro in contanti sul proprio conto nella filiale 582 della "Deutsche bank" di Roma. Somma che sarebbe stata poi suddivisa in 80 assegni circolari intestati a Barbara e Beatrice Papa, proprietarie dell'appartamento di via del Fagutale che Claudio Scajola, allora ministro dell'Attuazione per il Programma, aveva deciso di acquistare. Il 6 luglio, giorno del rogito, gli 80 circolari di Zampolini sarebbero stati incassati dalle due sorelle Papa insieme ai 600 mila euro del "prezzo in chiaro" pagato dal ministro. Zampolini avrebbe anche spiegato di aver saputo che fosse Scajola l'acquirente della casa e, per difendersi dall'accusa di riciclaggio, avrebbe confermato altre due circostanze che renderebbero insostenibile la posizione del ministro. La prima: i 900 mila euro utilizzati per gli assegni circolari - come ipotizzava la Finanza - gli erano stati consegnati all'architetto da Diego Anemone. La seconda: era stato Anemone ad indicare a Zampolini l'uso che ne doveva essere fatto. L'architetto sosterrebbe di non aver fatto domande sul perché un costruttore dovesse contribuire per i tre quinti all'acquisto della casa di un ministro e di aver dato corso alle istruzioni di Anemone in buona fede, non avendo ragione di sospettare una provenienza nera di quel denaro. La questione tornerebbe dunque ad essere affare tra Anemone e Scajola. "L'odore della corruzione è forte - scrivono oggi gli inviati di Repubblica a Perugia -. Così come è probabile, a questo punto, che la storia di via del Fagutale traslochi presto da Perugia al Tribunale dei ministri". Condividi