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di Anna Maria Bruni E’ l’ultima chiamata. E lo sanno, lo sentono prima di tutto i lavoratori che hanno riempito questa mattina la sala della Chiesa nuova, per l’assemblea aperta indetta durante le 2 ore di sciopero proclamate dopo l’annuncio da parte dell’azienda che per 163 lavoratori degli stabilimenti di Terni e Massa Martana non ci sarà lavoro alla fine della cassa integrazione. Non è più il momento di tergiversare, ed è per questo che hanno voluto incontrare rappresentanti sindacali, delle Istituzioni e dell’informazione, a cui chiedono una visibilità che, nonostante le traversie di questi anni, finora non hanno avuto. Presenti all’incontro la Fiom-Cgil con il segretario generale di Terni Attilio Romanelli e il segretario regionale Gianfranco Fattorini, la Fim-Cisl con il segretario regionale Adolfo Pierotti, i sindaci di Terni e Massa Martana Leopoldo di Girolamo e Maria Pia Bruscolotti, mentre per la Regione è intervenuto l’assessore al lavoro Giovannetti. E’ Romanelli a tracciare il quadro drammatico determinato dall’azienda in questi anni: uno scorporo continuo di rami d’azienda che ha fatto di un settore produttivo ricco di professionalità una serie infinita di scatole cinesi che hanno prodotto facili guadagni per il patron dell’azienda Terenziani e un’emorragia di posti per i lavoratori e di ricchezza per il territorio. Uno che si comporta così “non si può definire imprenditore”, ha detto il segretario Fiom ternano, perché “non si è mai presentato con un piano produttivo valido, e ha dimostrato negli anni la sua inaffidabilità”. A questo atteggiamento, ha proseguito Romanelli, “i lavoratori hanno risposto sempre con responsabilità”, ma adesso è arrivato il momento di denunciare una situazione insostenibile, dove non si riesce ad avere un tavolo di confronto, non si presenta un piano industriale, non c’è trattativa. Dello stesso avviso il sindaco Di Girolamo, che ha sottolineato come Terenziani abbia sempre preteso senza trattare, e senza offrire sponde per un accordo. Più possibilista invece la Bruscolotti, che ha incontrato nel patron dell’azienda una disponibilità al confronto, “dopo un contatto avuto non più di due giorni fa”. “Un’apertura” della quale si è detta pronta ad approfittare, con la determinazione a trovare una soluzione per il futuro dei lavoratori a rischio. Una soluzione “indispensabile” anche per il sindaco ternano, e per la quale c’è la disponibilità anche della Regione, ha detto Giovannetti, il quale ha però ritenuto “legittima” la scelta di Terenziani di non investire più in Emicom. Una legittimità dubbia, di fronte a una vastissima professionalità sviluppatasi negli anni, in un settore tecnologico che è stato capace di differenziarsi, e con un capitale in macchinari che rischia di essere svenduto. Il bilancio è a perdere per tutta la collettività, a fronte del facile guadagno di uno. Questa è la chiara denuncia dei lavoratori, pronti, dice Giampaolo Oddi, anche ad autooganizzarsi se il sindacato non è in grado di rappresentarli. Lavoratore alla Emicom da anni, Oddi ha precisato i numeri: se i lavoratori rimasti sono 979, va detto che fino a 2 anni e mezzo fa erano 2.500, e che non ci sono solo Emicom service ceduta alla multinazionale francese e poco altro, perché Emicom era un gruppo di 20 società. Una continua cessione di rami d’azienda che è stata solo un gioco a perdere, e dove il sindacato sconta un forte ritardo, ha precisato, perché oltretutto “oltre la metà di quei 2.500 lavoratori erano a contratto a tempo determinato, e sono lavoratori che hanno perso il posto, e che non hanno ammortizzatori sociali”. Una situazione “passata sotto silenzio - denuncia Oddi - mentre le assemblee chiedevano visibilità”. Ora va detto: lo stabilimento ternano è chiuso da 6 mesi dopo anni di cassa integrazione a rotazione. Alla denuncia si associa Pagliochini, un lavoratore di una delle tante piccole e piccolissime aziende del gruppo, che sottolinea come le piccole realtà siano poste sotto ricatto senza che sia data alcuna spiegazione. Giovanni De Luca aggiunge la sua ai sindacati, “presenti in azienda solo dalla primavera 2009”. “Sarebbe stato meglio un atteggiamento più determinato – dice rivolto a loro – e credo di interpretare il sentire in particolare dei lavoratori di Massa”. Una determinazione che in ogni caso è indispensabile ora, perché “la situazione dell’Emicom non si risolve affrontando la questione dei 163 lavoratori a rischio ora: fra un anno si porrà lo stesso problema, fino a depauperizzare completamente la zona”. Ed è su questo che si appunta l’invito di Pagliochini, che rivolto in particolare al sindaco di Terni sottolinea come l’area di destinazione d’uso dove sorge il sito produttivo è in mano all’amministrazione. “E’ uno strumento in mano vostra – dice – voi potete mettere vincoli”. I passi da fare per loro sono chiari, e nonostante il segretario regionale della Fim Pierotti inviti i lavoratori alla responsabilità contro la tentazione dell’autoorganizzazione, perché “il sindacato c’è e continuerà a lavorare per un tavolo costruttivo”, i lavoratori questa mattina hanno dato segno di far tesoro dell’esperienza: nella loro vicenda, che le chiacchiere stanno a zero, e in quella di tanti lavoratori di tutto il paese, che la visibilità e l’ascolto li hanno trovati solo sui tetti. A meno che la presenza sindacale e la solidarietà dichiarata delle Istituzioni si traducano immediatamente in fatti. Condividi