TEHERAN - Ventiquattro ore dopo i gravi incidenti avvenuti ieri in Iran tra decine di migliaia di oppositori e forze di sicurezza, la tensione nello stato medio orientale rimane altissima. E già all'orizzonte si parla di una situazione che potrebbe portare ad una vera e propria guerra civile nel paese medio orientale. La televisione di Stato in lingua persiana ha detto stamane che almeno 15 persone sono rimaste uccise a Teheran.
Successivamente l'emittente in lingua inglese PressTv ha parlato di otto morti in tutto il Paese. Da parte loro, i siti dell'opposizione ribadiscono che cinque manifestanti sono stati uccisi nella sola Teheran, e ne forniscono i nomi. Si tratterebbe di Ali Habibi Mussavi, 43 anni, nipote del leader dell'opposizione Mir Hossein Mussavi, di Mehdi Faradinia, Mohammad Ali Rasekhinia, Amir Arshadi e Shahram Faraji.
"Il popolo iraniano è maturato politicamente e ha grande voglia di democrazia", ha detto Shirin Ebadi, l'avvocatessa iraniana premio Nobel per la pace nel 2003, che al momento si trova a Londra. In un'intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero spiega così cos'è che sta muovendo i manifestanti: "Negli ultimi mesi il popolo iraniano ha messo in evidenza la propria maturità politica e le proprie aspirazioni democratiche. L'attuale crisi è scaturita dalla convinzione diffusa che vi sono stati brogli nelle elezioni. Il popolo ambisce a questa vittoria: potersi scegliere i propri governanti tramite il verdetto delle urne". Ebadi sottolinea un aspetto degli scontri, che a suo avviso manifesta i timori del regime: «In precedenza erano i basiji, i reparti in borghese, armati di manganelli, ad affrontare la gente: la polizia se ne stava a guardare. Oggi le cose sono andate diversamente. La resistenza popolare è arrivata a livello tale da non lasciare indifferente la polizia. L'ordine di sparare è quindi stato impartito a causa della consistenza della folla. Tuttavia - rivela - alcuni agenti non se la sono sentita di colpire la gente inerme. La situazione- dice Ebadi - potrebbe migliorare a Teheran solo se il governo si adeguasse alla volontà popolare. Deve mostrare ragionevolezza. In tal caso la gente si calmerà. Ma il popolo - avverte - pagherà qualsiasi prezzo per far valere le proprie rivendicazioni qualora le forze dell'ordine continuassero ad attaccare dimostrazioni pacifiche o cerimonie di lutto religioso".
Nuova ondata di arresti
È stato arrestato all'alba l'ex ministro degli Esteri Ebrahim Yazdi, segretario del partito politico d'opposizione 'Movimento per la libertà' (Nehzat-e Azadi). Lo riferisce il sito riformista 'Rahesabz', spiegando che le forze di sicurezza iraniane alle tre del mattino hanno fatto irruzione nella casa di Yazdi arrestandolo. Sempre secondo quanto riferisce 'Rahesabz', sono stati arrestati anche alcuni noti membri dell'Assemblea dei ricercatori della città santa di Qom. Yazdi era stato messo agli arresti per 72 ore anche dopo le elezioni presidenziali di giugno. È uno degli ex fedelissimi dell'ayatollah Ruhollah Khomeini ed è una delle voci più critiche rispetto al governo di Mahmoud Ahmadinejad. I membri dell'Assemblea dei ricercatori di Qom messi agli arresti sono l'hojjatoleslam Mousavi-e Tabrizi e alcuni suoi stretti collaboratori. Il sito non precisa se questi arresti siano avvenuti ieri o oggi. L'Assemblea è un organo politico-religioso vicino al fronte riformista.
Arrestati anche Mohammad Baghriyan e Ghorban Behzadian-Nejad, due stretti consiglieri di Mir-Hossein Mousavi, uno dei leader del movimento riformista. Lo ha riferito il sito web dell'opposizione 'Rah-e Sabz'. Secondo la stessa fonte, la polizia stamane avrebbe arrestato anche Emad Baghi, noto attivista iraniano per i diritti umani in Iran, e l'ex ministro degli Esteri, Ebrahim Yazdi. Nei drammatici eventi di ieri, la polizia iraniana ha arrestato almeno 300 dimostranti, stando a quanto hanno riferito fonti dell'opposizione. Le autorità stamane hanno ammesso che 15 persone sono morte negli scontri, tra i quali figura anche il nipote di Mousavi, Seyyed Ali Mousavi, morto a causa di un colpo d'arma da fuoco.
Condanne allo stato iraninao
Il leader riformista Mehdi Karroubi ha condannato la dura repressione di ieri contro i manifestanti, costata la vita a 15 persone, stando a quanto ha riferito l'emittente pubblica 'Irib'. Karroubi ha espresso il suo dissenso attraverso un comunicato pubblicato oggi sul sito web 'Jaras', vicino all'opposizione. Nelle proteste di ieri è stato ucciso anche Seyyed Ali Mousavi, nipote di Mir-Hossein Mousavi, un altro dei leader dell'opposizione. Fonti ufficiali e siti web dell'opposizione parlano anche di almeno 300 arresti compiuti ieri a Teheran e nelle altre città dell'Iran.
Sulla situazione si è espresso anche il governo degli Stati Uniti: "Condanniamo con forza la violenta ed iniqua soppressione di civili che cercano di esercitare i loro diritti universali in Iran". Con queste parole il portavoce del National Security Council, Mike Hammer, ha espresso la condanna dell'amministrazione americana per le violenze in Iran. Dello stesso avviso anche il governo canadese, il quale si è detto profondamento preoccupato per la violenta repressione condotta dal regime iraniano contro dei cittadini che esercitavano il loro diritto alla libertà di espressione e di riunirsi in occasione dell'Ashura.
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