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di Anna Maria Bruni Un milione e mezzo di nuovi disoccupati. Che si aggiungono cioè ai disoccupati storici. Questo il dato dell’Inps per i primi nove mesi di quest'anno, basato sulla richiesta dell'indennità di disoccupazione, quella ordinaria o con i requisiti ridotti. A questi bisogna poi aggiungere i primi 60mila che, da gennaio a settembre, sono entrati nelle liste di mobilità e quindi sono a un passo dal licenziamento. Che si addensa come una nube nera sui cassintegrati, i quali hanno quantificato 816,3 milioni di ore, oltre quattro volte di più rispetto al 2008, che aveva quantificato 192,3 milioni di ore. Solo a novembre sono state quantificate 99,5 milioni di ore (tra cig ordinaria, straordinaria e in deroga), contro le 94,7 del mese di ottobre. Cifre che lette attraverso le percentuali ci danno lo stesso risultato: tasso di occupazione ridotto al 57,9 per cento, tasso di disoccupazione al 7,4 per cento contro il 6,8 del 2008. E’ il lavoro che precipita, alimentando così la crisi. A questi dati vanno poi aggiunti i lavoratori ‘flessibili’, ormai quasi il 50 per cento: 200 mila lavoratori con contratto a tempo determinato, circa 210 mila di lavoratori autonomi, tra finte "partite Iva" e collaboratori. E i tantissimi precari che non rientrano nelle statistiche ufficiali. "I dati - sostiene Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil - smentiscono la tesi di chi dice che la crisi è finita. La verità è che il 2010 sarà un anno drammatico per l'occupazione". Sta crescendo, “prosegue il dirigente sindacale – in modo preoccupante la cig in deroga. E poi, nonostante la deroga, il ricorso alla disoccupazione aumenta esponenzialmente”. 21,6 milioni di ore per la cassa in deroga a novembre, +21,3% su ottobre. Una crisi che investe i lavoratori, ma che per lo più è gestita dalle imprese. E troppi sono i casi nei quali è più o meno lampante l’occasione colta per fare sempre meno industria, e molto più facili profitti. Cominciando dalla Nestlé, multinazionale dell'industria alimentare, una produzione notoriamente anticiclica, che dal '96 a oggi ha invece diminuito gli impianti da 19 a 5, depauperando il territorio industriale, con un ricorso spropositato agli ammortizzatori sociali per far quadrare i bilanci e soddisfare gli azionisti. Lasciando 160 persone per strada: 44 persone in cassa integrazione straordinaria, 30 in mobilità e 90 in cig ordinaria. O l'Alcoa di Portovesme, produttrice di alluminio, con 2mila dipendenti in Italia e l'annuncio che il 30 novembre avrebbe chiuso lo stabilimento sardo. Chiusura al momento scongiurata, ma più probabilmente rimandata al 2011, dopo la cig. L’Agile, azienda dell'information technology, pronta a licenziare 1.200 persone, di cui ne ha già lasciati circa 300 senza stipendio da luglio, mentre costruisce le ‘scatole cinesi’ attraverso le quali il passaggio di mano dell’azienda, prima Eutelia, poi Agile e ora associata a Omega, somiglia più a una cessione immobiliare, e poco importa se dentro ci sono gli inquilini. La loro lotta indefessa, sostenuta dalla Fiom, sta portando all’amministrazione controllata, così come è stato per il gruppo Merloni. Ma certo non è il piano industriale che il governo dovrebbe mettere in campo, piuttosto il rimedio ultimativo alla razzia di predoni, come quel Vincenzo Angelini coinvolto nello scandalo della sanità abruzzese, con il risultato che i 1.600 dipendenti di Villa Pini d'Abruzzo non ricevono lo stipendio da otto mesi. E questi sono solo alcuni esempi assurti agli onori delle cronache, e solo perché i lavoratori hanno reagito. Ma esaurita la cig richiesta in questo anno, ci accorgeremo che il 2009, “l’anno della crisi,” è stato solo una premessa. Condividi