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''Va molto bene riconoscere anche pubblicamente di non essere un santo. Ma se la frase viene detta sorridendo, alludendo e ammiccando alle 'tante belle figliole' che ci sono in giro, è evidente che la frase assume un significato diverso, come un'auto-legittimazione di comportamenti quanto meno disinvolti'': è, questo, un passaggio dell'editoriale del settimanale cattolico umbro La Voce in edicola da oggi. L'articolo, a firma del direttore del periodico, don Elio Bromuri, s'intitola ''Non sono un santo'', con implicito richiamo alla recente, analoga affermazione del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, a commento delle sue vicende private. ''Non sono un santo. Chi non potrebbe confessare la stessa cosa? - si legge nell'editoriale della Voce - La Chiesa ci insegna che ognuno, quando si presenta davanti a Dio, deve confessare con sincerità di non essere un santo, anzi, precisamente di essere un peccatore bisognoso di perdono e di conversione''. ''Il rischio - secondo il settimanale cattolico umbro - è che dalla disinvoltura si passi poi alla vera e propria trasgressione. Anche perché tutti siamo portati a legittimare le piccole o grandi licenze morali. E ciò avviene anche per quel clima culturale in cui tutto è ammesso meno il cosiddetto moralismo'', secondo cui sarebbe ''meglio il libertino, il trasgressivo che il moralista, descritto spesso come un bieco bacchettone che riprende i costumi sociali per un vago sentimento di perbenismo più o meno ipocrita e retrivo''. Tra moralismo e deregulation morale, La Voce indica come ''terza via'' quella ''della ragione, della riflessione sulla realtà che ci circonda''. ''Non siamo santi, né perbenisti, né buonisti, ma un pizzico di buon senso e di saggezza - conclude La Voce - non dovrebbe mancare, almeno in chi sta sopra un piedistallo mediatico in bella vista, senza neppure un pizzico di pudore''. Condividi