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di Eugenio Pierucci La minaccia di Berlusconi di farci mancare la pubblicità non ci tange, anche perché, come i nostri lettori ben sanno, non ne raccogliamo proprio, quindi continuiamo a dire le cose come stanno e non come piacerebbero al Cavaliere di Arcore che tenta di zittire quanti non la pensano come lui: la crisi nel nostro Paese resta pesante più che altrove e non accenna affatto a passare. Malgrado i bruschi richiami rivoltigli rimane di questo parere anche il presidente di Bankitalia Draghi che l'ha ripetuto anche ieri condividendo, evidentemente, le analisi dei sindacati ed in particolare della Cgil, il cui segretario generale, Epifani, ci ha avvertito che il peggio deve ancora arrivare e che la punta si toccherà allorquando, venendo meno gli effetti degli ammortizzatori sociali, centinaia di migliaia di nostri lavoratori passeranno direttamente dalla cassa integrazione alla disoccupazione. In una situazione del genere spargere ottimismo a piene mani non serve a nulla, anzi rischia di peggiorare ancora le cose visto che una volta venuta a cadere l'illusione che tutto sommato le cose non vanno poi così male, di fronte ad una realtà che d'un tratto si mostra ben diversa da quella che è stata loro descritta, c'è il rischio che gli italiani si sentano presi in giro dalla politica e si allontanino ancor più da istituzioni che si dimostrano non all'altezza della situazione, incapaci di adottare misure idonee a far uscire il Paese dal baratro nel quale li sta precipitando sempre più. L'ultima prova di ciò l'abbiamo avuta ieri con l'approvazione da parte del consiglio dei "sinistri" del nuovo pacchetto anticrisi che non contiene nessuna misura a sostegno di chi ha perso il lavoro o si accinge a perderlo definitivamente. Neppure un euro è stato infatti stanziato per soccorrere le famiglie in difficoltà, quelle alle quali Berlusconi raccomanda di continuare a consumare spensieratamente, rendendosi anche lui conto che se si incepperà questo meccanismo la frittata sarà completa. Ma se non ci sono i soldi da spendere - ci chiediamo - come si può continuare a consumare? E che i soldi non ci sono proprio ce ne accorgiamo da molti preoccupanti segnali. Al riguardo la stampa nazionale ne ha indicati due in particolare negli ultimi giorni: il primo è che nel 2008 gli sfratti per morosità erano aumentati in Italia del 20% e che la metà di questo incremento andava addebitata a famiglie che non avevano più reddito perché colpite alla disoccupazione. Un fenomeno che è continuato a crescere nei primi mesi del 2009. Tornando al 2008, nel secondo semestre su più di 20 mila stratti eseguiti il 24% ha riguardato famiglie nelle quali l'inquilino aveva perso il lavoro e il 21% gruppi familiari con cassintegrati che non ce la fanno ad arrivare alla fine del mese. Oltre a ciò va calcolato un 22% di sfratti a carico di lavoratori precari, quelli che sono i primi ad essere estromessi dalle aziende in crisi. Questi dati sono stati forniti dal Sunia che li ha estrapolati da un campione nazionale di 1.000 famiglie sfrattate, indagine dalla quale emerge che la provincia italiana più colpita è quella di Bari, che ha registrato un incremento dell'83,7%, seguita da quelle di Torino (+51,6%) e Roma (+33,5%). Per far fronte a tale situazione sarebbe estremamente necessario, quindi, un piano casa serio, indirizzato principalmente ad assicurare un'abitazione dignitosa a chi non ce l'ha e si trova per questo in mezzo ad una strada, piuttosto che a favorire quanti la casa ce l'hanno consentendo loro di ingrandirla magari a scapito della vivibilità delle città. Il secondo segnale al quale dobbiamo guardare con estrema attenzione è quello delle cosiddette "badanti". In questo caso sono le Acli a lanciare l'allarme avvertendoci che per la prima volta dopo parecchi anni il numero di queste lavoratrici è in calo. Secondo Acli Colf il fenomeno appare evidente soprattutto al Nord, dove ha assunto dimensioni preoccupanti. La provincia dove si è palesato per prima è quella di Varese, dove già nel 2008 agli sportelli Acli si erano rivolte appena 238 famiglie che offrivano lavoro, contro le 539 lavoratrici in cerca di occupazione, vale a dire più del doppio. Da considerare poi che la crisi ha spinto anche molte italiane rimaste senza occupazione a immettersi in questo settore lavorativo che un tempo disdegnavano, con ciò aumentando l'offerta di manodopera in un ambito già in crisi per il fatto che un numero sempre maggiore di famiglie con anziani da assistere non possono più permettersi di pagare una collaboratrice che, se regolarizzata, viene loro a costare non meno di 900 euro al mese. Siamo quindi in presenza di una crisi che ha cominciato a togliere lavoro anche a quelle lavoratrici che sembravano a minor rischio di disoccupazione e che sono tuttora in massima parte straniere. Il risultato è che molte di esse si sono viste costrette a rientrare in patria, un fenomeno che secondo la Caritas si è fatto particolarmente evidente in Veneto dove un buon 10% delle badanti immigrate sarebbero già tornate nei loro Paesi di origine. Altra regione interessata fortemente da questo fenomeno è l'Emilia Romagna, ed in particolare la provincia di Reggio che nel periodo gennaio-aprile 2009 avrebbe registrato rispetto allo stesso periodo del 2008, un calo degli inserimenti del 50% e via discorrendo. Soli da spendere ce ne sono sempre meno, dunque, e la conferma ci è venuta del resto da Eurostat che rendendo nota la classifica 2008 dei Paesi europei per Pil, ha confermato l'Italia al tredicesimo posto, ancora una volta dietro la Spagna, nell'Europa a 27, ovvero allargata a tutti gli Stati dell'est. E tredicesimi restiamo anche nella più classica classifica dell'Europa a 15, dato che lasciamo alle nostre spalle solo la Grecia e il Portogallo. Berlusconi ci comprenderà, dunque, se, di fronte a questi dati, che sono incontrovertibili, non troviamo nessun motivo per sorridere, tanto più che le nostre giornate non sono allietate da feste con tanto di allegre "veline", "letterine" ed "escort" a farci compagnia. Condividi