da Cronache Ribelli.

Più grande dell’amore, più indomito della rivoluzione.
Questo fu il sentimento che provava Zoé Obolenskaja per Michail Bakunin.
Lei, nobile principessa russa della famiglia della dinastia dei Rjurikidi, sposata al governatore di Mosca e madre di cinque figli. Lui simbolo stesso dell’anarchia, rivoluzionario senza tempo, terrore di monarchi dell’intera Europa.
Un legame che sembrerebbe impossibile da instaurare divenne realtà tra Napoli e Ischia, dove i due espatriati si incontrarono nel 1867. Da una parte il vagabondo Michail, appena fuggito dalla prigionia siberiana a cui lo Zar lo aveva relegato. Una sola idea in testa: sovvertire l’ordine costituito, da Lisbona a San Pietroburgo. Dall’altra Zoé, aristocratica annoiata dalla vita moscovita, che si era trasferita nella ridente Campania con al seguito la manciata di figli e uno stuolo di servitori.
Come tra i due scoppiò la scintilla non è dato saperlo, ma certo è che avvampò una fiamma impossibile da spegnere. Il fuoco della rivoluzione si prese l’anima della principessa, che divenne una delle principali finanziatrici dei progetti dell’anarchico russo. Bakunin fu altrettanto innamorato, o semplicemente trovò sostengo economico e protezione nella bella Zoé?
Impossibile stabilirlo con certezza, ma conoscendo il carattere indomito, l’idealismo e la schiettezza di Michail, è probabile che anche il suo fosse un sentimento tutt’altro che trascurabile.
Un sentimento, attenzione, che non sfociò mai in un rapporto carnale ma che non per questo fu meno pregnante.
La relazione ebbe un impatto fortissimo sulla principessa, che cambiò radicalmente il suo stile di vita e il suo punto di vista sul mondo. Dallo sfarzo a cui era abituata passò a vivere in condizioni modeste, cercando di destinare gran parte della sua rendita all’aiuto ai più poveri. Con il tempo Zoé acquisì sempre maggior consapevolezza delle proprie idee, che cercò anche di trasmettere ai figli, diventando un vero e proprio punto di riferimento per gli esuli russi.
La sua vicenda di nobile rivoluzionaria durò una decina di anni, fin quando lo Zar impose al marito di riportarla a Mosca. Il principe partì per riportarla in Russia, ma lei si rifiutò categoricamente di rientrare in patria. Il matrimonio finì e il ricco patrimonio degli Obolenskaja non fu più nelle disponibilità di Zoé, i figli le vennero sottratti. Tutto questo però non la fece recedere dalle sue convinzioni.
Morirà in esilio a Ginevra, senza mai rinnegare i suoi ideali.

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