Vinti: Legge elettorale e elezioni provinciali. Cosa può fare la sinistra umbra
di Stefano Vinti
PERUGIA - Le forze della sinistra umbra devono battere un colpo, riprendere l’iniziativa politica e sociale, unitaria, dalle grandi questioni internazionali, nazionali a quelle regionali, la feroce aggressione dell’esercito israeliano a Gaza, una mobilitazione a sostegno delle forze democratiche dell’Ucraina dell’Est, vittime delle barbarie di Kiev, una azione, continua, a sostegno dei referendum “Stop austerità”, definire un’idea, praticabile, sulla nuova legge elettorale, contribuire con le altre forze del centro sinistra, che le nuove presidenze della Provincia di Terni e Perugia non cadano nelle mani della destra.
Quattro esempi, tra gli altri, in cui una sinistra larga, non settaria, includente, può svolgere una azione di grande significato politico e culturale.
Abbinare le questioni della ‘pace e della guerra’ nell’ordine mondiale in fase di mutazione, con la questione di quale Europa, cioè di come contrastare l’Europa liberista e dell’austerità, sono un’unica questione, anche per chi vive e lavora in Umbria.
Costruire il nesso tra le questioni, analizzarlo, svelarlo e predisporre un terreno di lotta politica e di confronto oppure di scontro con tutti: Pd, centrodestra, M5S, è essenziale per ricostruire un perimetro della sinistra regionale, ridefinire le coordinate del proprio agire politico, dimostrare l’utilità del campo della sinistra e soprattutto dimostrarci d’aiuto, ai lavoratori, ai cittadini, alle imprese, ai territori.
Un’azione unitaria che, inevitabilmente, pone all’ordine del giorno la necessità e l’urgenza di un rinnovamento della sinistra in Umbria che non potrà prescindere dall’avvio di una ‘costituente della sinistra’ nella nostra regione.
Immediate ed urgenti sono anche le grandi questioni istituzionali sul tavolo: la nuova legge elettorale regionale e l’elezione dei presidenti delle Provincie.
Ritengo, essenziale e strettamente politico il metodo con cui si affrontano, per le forze della sinistra, queste due centrali questioni.
Il mio punto di vista è semplice e chiaro: occorre che le forze della sinistra si convochino, al fine di definire un punto di vista unitario, credibile e praticabile, sia per la nuova legge elettorale che per definire il modo con cui presentarsi alle elezioni del 28 settembre, per il rinnovo dei consigli provinciali e dei due presidenti di Provincia.
Chi si dovrebbe riunire? Intanto le/gli elette/eletti dei partiti Rifondazione, Sel, PdCi, Idv e di tutti coloro che intendono interloquire, dai consiglieri della ‘sinistra Pd’ a tutta quella galassia di liste civiche presenti nei consigli comunali, che si dichiarano di orientamento di sinistra, progressista e democratico, oltre naturalmente i comitati territoriali de L’altra Europa con Tsipras.
Occorre apertura, coraggio di innovazione, uscire dagli ultimi fortini assediati e quasi espugnati e ricollegarsi con i rappresentanti di quei popoli della sinistra, frantumati e isolati, per ridargli una prospettiva politica e istituzionale.
Sulla legge elettorale regionale è necessaria una partecipazione larga, non relegata ai soli livelli istituzionali, ma fatta vivere sui territori e nelle città, tra i lavoratori, i giovani, le donne della nostra regione.
La legge elettorale non è una questione tecnica ma tutta politica, e come tale va affrontata.
Per le elezioni del 28 settembre, relative alle Provincie, l’assurdità del sistema elettorale, impone alle sinistre umbre la necessità che siano guidate dal centrosinistra. Se per Terni questo appare oggi un obiettivo raggiungibile non altrettanto si può dire per Perugia, dove i numeri sono incerti tra i due principali schieramenti e l’esito niente affatto scontato.
Per questo occorre un impegno della sinistra per raggiungere un accordo con tutte le forze del centrosinistra della provincia di Perugia.
Questo è il mio impegno personale, a nessuno può essere concesso di andare al mare il 28 settembre.
Martedì
29/07/14
12:54
Con tutto il rispetto per le posizioni e per la persona dell'Assessore Regionale Vinti, credo che fino a quando la sinistra di questo paese non avrà deciso in via definitiva che tipo di collocamento vuole assumere al'interno del centrosinistra (ovvero che tipo di rapporto vuole avere con il PD) sarà per lei difficile mantenere e/o incrementare il limitato consenso elettorale che attualmente riscuote anzi correrà il rischio di una sua costante e lenta erosione.
Possibile non capire che fare appelli oggi per "raggiungere un accordo con tutte le forze del centrosinistra della provincia di Perugia", come presentarsi in coalizione con essa alle elezioni locali e nel contempo portare avanti le posizioni (estremamente critiche verso il PD) della Lista Tspras non è possibile e soprattutto non è credibile. Pensare di giustificare questa schizzofrenia con mille distingui sulla differenza tra il livello nazionale e locale o sulla diversa dirigenza del PD ai diversi livelli è ingenuo e controproducente. Non è questione di torto o ragione (ci sono ragioni e trorti in tutti i casi) ma di coerenza. L'elettorato si aspetta una posizione chiara che sia mantenuta a tutti i livelli e nel tempo: o alleati nel centrosinistra (con il PD) o alternativi ad esso (senza il PD) ed entrambe le decisioni comporteranno un riposizionamento del potenziale bacino elettorale della sinistra (con il conseguente distacco di una sua parte che non accettera la posizione assunta). Tuttavia non scegliere o essere incoerenti nelle proprie scelte (una volta alleati e duna volta contrari al centrosinistra) come stà da tempo facendo il PRC ed anche SEL è ancora più deletereo perchè porta alla disaffezione della maggioranza del proprio bacino elettorale potenziale. Se c'è una cosa che adesso gli elettori italiani hanno ben chiaro (almeno la maggioranza di essi) è che non è più tempo di ambiguità. Dunque l'appello di Vinti è inutile, che sia raccolto o meno se prima non è determinata una linea univoca a tutti i livelli (nazionale, regionale, provinciale e locale) che rappresenti la regola (singole e motivate eccezioni potranno ovviamente sempre esistere). Fino a quel momento non si sarà mai credibili a sufficienza, nè verso gli elettori, nè verso il PD quando si chiede ad esso di coalizzarsi. Non ci si può stupire dunque che sia il PD il primo a rispondere "no grazie" se non nei casi di assoluta necessità e da elettore progressista sinceramente non sò proprio dargli torto.
Martedì
29/07/14
17:46
Insomma secondo C.F. dovremmo fare come il Msi o il M5s, una politica uguale da Bruxelles a Ponte Pattoli. Dove non esistono differenze politiche, differenze territoriali, differenze degli interlocutori. La storia della sinistra umbra è esattamente l'opposta, grande articolazione locale, regionale e nazionale. esistevano le regioni rosse perché il Pci e il Psi pur collocati in maniera differente a livello nazionale, a livello locale e regionale erano alleati. Questa articolazione della collocazione polita ha prodotto benessere e sviluppo. Come vedi abbiamo degli ottimi esempi e degli illustri predecessori.
Stefano Vinti
Giovedì
31/07/14
12:06
Gentile Assessore Stefano Vinti, credo sinceramente che il Suo ragionamento presenti alcune lacune che lo rendano, nella sostanza, errato.
La prima lacuna riguarda il rapporto tra il PCI ed il PSI che non è sovrapponibile a quello attuale tra PRC e PD. Ciò che lo distingue particolarmente è che il PSI (era questo partito, non il PCI alla cui tradizione il PRC si richiama, che differenziava le alleanze tra livello nazionale e livello territoriale scegliendo di volta in volta opportunisticamente l'alleato più forte e che gli assicurava una maggiore possibilità di vittoria/governo) si guardava bene da criticare continuamente e ferocemente gli alleati (come invece fa il PRC nei confronti del PD). Certamente si trattava di una posizione non priva di ipocrisia e connotata da una certa (discreta a mio personale avviso) ambiguità (tant'è che il PCI in generale mal sopportava l'alleanza con il PSI a livello locale e la subiva non potendone fare a meno, dato che senza il PSI difficilmente il PCI avrebbe così ampiamente governato sul territorio) ma meno "stupida" di quella adottata dal PRC che si propone di allearsi sul territorio con un partito che a livello nazionale taccia di "venduto", "affamatore", "piduista", "golpista", etc.
La seconda lacuna riguarda il posizionamento. Diversamente dal PRC il PSI poteva praticare questa differenziazione di collocazione imponendola al PCI dato che aveva a disposizione la possibilità alternativa di allearsi con il principale avversario (ponendosi dunque come ago della bilancia e de facto raddoppiano così il suo peso elettorale; dato che spostare un 5-6% di voti da una parte all’altra assicurava una forchetta del 10/12%), ovvero la DC, essendo il PSI collocato politicamente in una posizione intermedia dei due. Diversamente il PRC si pone alla sinistra del suo potenziale alleato, il PD e dunque non ha alternative se non l’isolamento e dunque è molto più difficile che l’infedeltà (scegliere di volta in volta e diversamente da livello a livello se allearsi o meno) sia tollerata ed invece, come il PD (giustamente dal suo punto di vista) sta facendo, contrastata puntando alla marginalizzazione di un alleato che è più un “peso” (politicamente parlando) che non una risorsa.
La terza lacuna riguarda la prospettiva. L'attualità del PRC è profondamente diversa da quella del PCI di quel periodo e se allora era ragionevole pensare (da parte dell'elettorato) che il rapporto (ambiguo) con il PSI potesse rappresentare il male minore visto in una prospettiva di futura egemonia autosufficiente da parte del PCI (essendo questi un partito con un ampio consenso elettorale che non si differenziava poi di tanto da quello della DC, primo partito del paese) e dunque tollerato, ciò non è possibile da parte dell’elettorato di un piccolo partito (il PRC)che non ha reali prospettive di egemonia nel medio periodo ed a cui, di conseguenza, l’ adesione è principalmente (se non essenzialmente) ideale ed intollerante verso i compromessi ed i posizionamenti tattici (com’è la differente collocazione a seconda dell’ambito).
La quarta lacuna riguarda la contestualizzazione storica. . L'attualità è profondamente diversa da quel periodo storico (anni ’70-’80) dove lo Stato e gli enti locali erano visti come due entità distanti e diverse da loro e la comunicazione non era invasiva e permeante come quella attuale. In quel periodo la critica feroce di un politico locale difficilmente raggiungeva un livello diverso da quello territoriale e dunque restava ignorata dalla massa. Oggi invece tutte le informazioni sono veicolate e diffuse, anche le più piccole, così l’elettore è continuamente “bombardato” nel caso del PRC da informazioni che evidenziano la costante incongruenza e discrasia delle sue posizioni. Come, nell’epoca globale, le distanze si sono molto accorciate e così l’ambito nazionale e quello locale non sono più percepite (ed in effetti non lo sono più) come distanti e remote tra loro ma vicine e strettamente interdipendenti e dunque l’elettore non riesce a comprendere (perché è incomprensibile in effetti) tali macroscopiche differenze di atteggiamento e non capisce (sempre perché effettivamente incomprensibile) come si possa demonizzare il Segretario nazionale di un partito, come la sua linea politica e poi allearsi con esso (anche se a livello locale).
Che la mia analisi non sia del tutto sbagliata ritengo lo attesti il sempre minor consenso elettorale che la sinistra sta riscuotendo negli ultimi anni.
Per evitare ogni equivoco le mie obbiezioni non riguardano le idee (personalmente mi ritrovo spesso vicino alle posizioni espresse dai partiti a sinistra del PD) ma i rapporti che in una società complessa come quella attuale non sono elementi marginali e/o secondari ma espressione della credibilità o meno dei soggetti che le praticano.
Per questo invito la sinistra a riflettere su come intende collocarsi con più chiarezza (sia a favore o contro un rapporto con il PD) superando la dicotomia (ed ambiguità) attuale, proprio perché tengo ad essa e dispiace vederla lentamente autodistruggersi.
Mercoledì
30/07/14
08:58
Si discute (?) se i senatori debbano essere eletti o nominati, ma non ho capito ancora quali sono le competenze che le "destre" e soprattutto le " sinistre" vorrebbero attribuire al senato.
Qualcuno vuole cortesemente spiegarmelo?