Il 9 giugno del 68 d.c., dopo una serie di ribellioni dovute alle forti tasse imposte e gli incameramenti di beni privati per ricostruire Roma dopo l'incendio del 64, moriva, suicida, Nerone, dichiarato il giorno precedente dal senato hostis publicus:
"Allora poiché ciascuno, uno alla volta, insisteva affinché si sottraesse al più presto alle minacce incombenti, ordinò di scavare in sua presenza una fossa della misura del suo corpo e di mettervi sopra insieme dei pezzi di marmo, se si riusciva a trovarne, e di portare acqua e legna per lavare poi il suo cadavere, e piangeva nell’impartire ciascuno di questi ordini, continuando a ripetere di quando in quando: «Quale artista muore con me!». Mentre aspettava, quando un messo ebbe recato dei dispacci a Faonte, glieli strappò di mano e lesse che era stato dichiarato nemico pubblico dal Senato e che era ricercato per essere punito secondo le antiche usanze. Chiese quali fossero tali usanze e, avendo saputo che consistevano nell’inserire il collo del condannato denudato nella forca e nel frustarlo a morte con le verghe, atterrito, afferrò due pugnali che aveva portato con sé e ne saggiò l’affilatura, poi li ripose di nuovo nel fodero, dicendo che «non era ancora giunta l’ora fatale». E ora esortava Sporo a dare inizio ai pianti e alle lamentazioni funebri, ora pregava che qualcuno lo incoraggiasse ad uccidersi, dandone per primo l’esempio, ora biasimava la propria codardia dicendo: «Sopravvivo in modo indegno e vergognoso, non s’addice a Nerone, proprio non s’addice. In tali frangenti bisogna essere vigili. Forza, svegliati!». Ormai erano vicini i cavalieri che avevano l’ordine di prenderlo vivo. Quando se ne rese conto disse tremante: Lo scalpitio di veloci destrieri mi frastorna le orecchie, e con l’aiuto di Epafrodito, suo segretario particolare, affondò il ferro nella gola. Era ancora moribondo quando al centurione che aveva fatto irruzione e fingeva di essere accorso in suo aiuto, tamponandogli con il mantello la ferita, rispose soltanto: «Tardi!» e «Questa è fedeltà!». Così dicendo spirò, con gli occhi sbarrati e fissi, che ispiravano orrore e ribrezzo negli astanti." (Svetonio, Nerone, 49)
Da Storie Romane

Busto di Nerone, Musei Capitolini, Foto di cjh1452000 - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6983878

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