di Mauro Cappelli(*) - Il Tascabile.

n secolo fa, sul finire di maggio, Albert Einstein riceve un plico contenente i risultati di un lavoro su un problema che lo interessa molto in quegli anni. Si tratta della risposta a lungo cercata, ora dimostrata attraverso due teoremi e i loro inversi, alla questione fondamentale della connessione tra simmetrie e leggi di conservazione della fisica. Non è il lavoro di un affermato studioso, ma la tesi di abilitazione di una matematica poco nota nell’ambiente, il cui lavoro, però, il fisico di Ulm aveva già avuto modo di apprezzare nei suoi soggiorni all’università di Göttingen, dove la giovane studiosa svolgeva la sua ricerca.

Einstein legge la tesi e ne rimane entusiasta, tanto da scrivere immediatamente parole ammirate al collega David Hilbert, matematico: “Ieri ho ricevuto dalla signorina Noether un lavoro molto interessante sugli invarianti. Mi impressiona molto il fatto che qualcuno riesca a comprendere questioni di questo tipo da un punto di vista così generale. Non sarebbe stato male mandare la vecchia guardia di Göttingen a scuola da Fräulein Noether. Di sicuro conosce bene il suo mestiere”.

La Fräulein cui si riferisce la lettera è Emmy Noether, una delle prime donne a entrare nel chiuso mondo maschile della matematica degli anni Venti del Novecento, oggi ricordata come una delle più grandi matematiche di sempre. Nella sua biografia il problema del riconoscimento professionale si mescola alle vicende storiche del periodo, rendendo la sua vita uno dei paradigmi dell’Europa tra le due guerre, più di quanto la sua fama odierna lascerebbe intendere.

Figlia d’arte (il padre Max fu uno dei più noti studiosi di geometria algebrica del suo tempo), il suo nome è oggi principalmente legato proprio al teorema ricevuto da Einstein in anteprima, e pubblicato poi il 26 luglio 1918, di cui celebriamo dunque quest’anno il centenario.

Emmy Noether nasce nel 1882. Terminati gli studi secondari non può subito accedere all’università, allora preclusa alle donne. Riesce a farlo solo nel 1904 quando l’ateneo della sua città, Erlangen, apre definitivamente le porte all’iscrizione femminile. Recupera rapidamente il tempo perduto, laureandosi in soli tre anni con una tesi sulla teoria degli invarianti algebrici. Le difficoltà non finiscono qui. Trasferitasi a Göttingen, è costretta a quello che oggi definiremmo un lungo precariato: per più di dieci anni si arrangia con vari lavoretti, lezioni semi-ufficiali e mal pagate alla locale università e assistenza scientifica all’anziano padre professore. Sono anni però fecondi, nei quali può collaborare con matematici di altissimo livello come David Hilbert, Felix Klein e Hermann Weyl alla fondazione delle basi matematiche della teoria della relatività generale di Albert Einstein.

L’importanza del teorema
Noether si era già distinta affrontando molte questioni aperte della matematica, ma è solo la pubblicazione nel 1918 dei due teoremi originali nell’ambito del calcolo delle variazioni – che i fisici chiamano oggi collettivamente “teorema di Noether” – a imporla all’attenzione della comunità scientifica.  In tale lavoro, la matematica tedesca riuscì a dimostrare il legame tra le simmetrie di un sistema fisico e le leggi di conservazione, legame scoperto dai fisici nei decenni precedenti. Si tratta di un risultato notevole che contribuì a spiegare per esempio la relazione tra la legge di conservazione dell’energia e la simmetria temporale (ovvero il fatto che gli istanti di tempo non hanno caratteristiche che differiscono tra loro, il che garantisce l’uniformità dello scorrere del tempo come lo avvertiamo normalmente). Oppure a chiarire il legame tra la conservazione del momento e la simmetria spaziale, che garantisce l’invarianza nello spazio: la stessa conservazione del momento angolare che permette a un elicottero di volteggiare nei cieli o a una coppia di pattinatori di piroettare sul ghiaccio.

In altri termini, il teorema di Noether afferma che a ogni simmetria della lagrangiana, ovvero la funzione che definisce la dinamica (e quindi le variazioni di energia) di un sistema fisico, corrisponde una quantità conservata. È quindi la simmetria delle stesse leggi fisiche che governano il sistema che stiamo considerando a garantire la conservazione del momento o dell’energia.

Con la pubblicazione nel 1918 dei due teoremi originali nell’ambito del calcolo delle variazioni, Emmy Noether si impone all’attenzione della comunità scientifica.

Se un esperimento dà gli stessi risultati a New York e a Roma, l’anno scorso e oggi, significa che le leggi che lo regolano sono simmetriche rispetto a traslazione nello spazio e nel tempo. Il teorema di Noether ci garantisce che da queste simmetrie derivano le leggi di conservazione del momento e dell’energia. E tale legame profondo tra i principi di conservazione di una quantità fisica e l’invarianza formale delle leggi matematiche sottostanti si rivelerà fondamentale in molti ambiti di ricerca della fisica moderna, dalla meccanica analitica a quella quantistica, in corso di sviluppo incessante proprio in quegli anni.

Il teorema non è poi solo un importante risultato teorico: offre anche uno strumento pratico per ricavare le quantità conservate a partire dalle simmetrie osservate nel sistema fisico. Se si propone una nuova teoria per spiegare un dato fenomeno fisico, infatti, il teorema di Noether garantisce che in caso di simmetria continua, devono anche esistere nella teoria delle quantità conservate. Rappresenta quindi una guida per gli esperimenti: la teoria sarà dimostrata vera solo se la conservazione di tali quantità sarà osservata nell’esperimento.

L’impatto sulla relatività generale
Noether si imbatte nella questione studiando il principio variazionale introdotto in quegli anni da Hilbert per le equazioni di campo nella relatività generale, la teoria che stava rivoluzionando la scienza e spingeva ad abbandonare i sicuri lidi della fisica newtoniana e della geometria euclidea. Secondo la relatività generale, la gravitazione non era più una forza di azione a distanza tra corpi in uno spazio e in un tempo esterni (come i fisici avevano fino ad allora pensato), ma una proprietà universale della stessa geometria dell’Universo. Con tale nuova teoria non aveva più senso parlare di materia e forza come realtà fisiche distinte: spazio e campo gravitazionale sono intimamente legati tra loro e la gravitazione non è altro che la curvatura locale dello spazio-tempo.

Hilbert era arrivato contemporaneamente e indipendentemente da Einstein alla formulazione matematica della teoria della relatività generale, pubblicando i suoi risultati nel 1915, l’anno in cui anche il fisico di Ulm aveva concluso la sua decennale ricerca. Eppure molti problemi restavano ancora aperti. In particolare, il problema della mancata conservazione dell’energia, localmente, nella teoria generale creava vari grattacapi ai fisici e ai matematici del tempo, primi fra tutti proprio Einstein, Hilbert e Klein. La teoria stessa della relatività generale rischiava di essere messa in crisi da questa mancanza, che Hilbert definiva “il fallimento del teorema dell’energia”, non potendo ammettere l’esistenza di tali “teoremi impropri”, come ebbe a chiamarli in varie occasioni. Il problema era ben più vasto della pura dimostrazione matematica, in quanto investiva direttamente i fondamenti della fisica, una delle passioni speculative dello stesso Hilbert, che ambiva a fornire una visione unificata della scienza, che mettesse insieme le teorie della gravitazione, dell’elettromagnetismo e della materia. Tentativo evidentemente fallito, essendo la questione irrisolta a tutt’oggi. Hilbert in seguito arriva addirittura a ricusare parte dei suoi articoli sull’argomento, decidendo di non includerli nella sua opera omnia. In realtà, nella parte dedicata alla gravità, i suoi contributi sulla derivazione delle equazioni di campo sono  interventi originali e fondamentali per la teoria generale. E proprio da lì Noether prende le mosse per affrontare il problema.

Noether in breve tempo riesce a fornire una soluzione brillante che avrà conseguenze profonde sull’evoluzione della fisica moderna, come anni dopo lo stesso Hilbert riconosce nel suo articolo del 1924 sui fondamenti della fisica. Si può dire che la soluzione di Noether aiuta a demistificare quella fisica ottocentesca in cui concetti molto usati, come per esempio i principi di conservazione, erano in realtà poco compresi nei loro fondamenti epistemologici.

Il resto di Noether
Malgrado la rilevanza delle sue ricerche, per Emmy Noether le porte dell’accademia non si aprono. Il suo lavoro principale, intitolato Invariante Variationsprobleme, poté essere presentato nella riunione di luglio 1918 della Reale Società delle Scienze di Göttingen solo per bocca del suo tutor Felix Klein. Noether non era ammessa come membro della Società e forse non era neanche presente tra il pubblico. Klein si limitò a ringraziare Fräulein Noether per la sua collaborazione, o poco più.

Nel 1919 chiede l’abilitazione all’insegnamento all’Università di Göttingen, abilitazione che le era stata rifiutata anni prima, malgrado il diretto appoggio di Hilbert, il quale se ne lamentò anche in pubblico, non riuscendo a capire come il sesso potesse essere un impedimento. “In fin dei conti siamo un’università non uno stabilimento balneare (sic!)”, disse ai suoi colleghi. La risposta del Ministero fu secca: “Non si possono concedere eccezioni anche in un caso così particolare in cui l’eccezione è innegabile”. Nel ‘19, però, forte anche della pubblicazione del suo teorema, Noether ottiene l’abilitazione. Lentamente riesce a uscire dal suo “precariato di genere”. Nel giro di qualche anno inizia a essere  finalmente pagata per quelle sue lezioni che attraevano così tanti studenti da tutta la Germania, e che lei era stata a lungo costretta a tenere gratuitamente e per conto del suo mentore Hilbert, sotto il cui nome erano annunciate al pubblico.

Sebbene nome di Emmy Noether sia indissolubilmente legato oggi al teorema, le altre ricerche di Noether riguardano settori della matematica diversi dal calcolo delle variazioni. Notevoli sono stati i suoi contributi in particolare nell’algebra astratta: dalla scoperta degli anelli – poi detti noetheriani – fino alla più moderna algebra non-commutativa, passando per la teoria degli ideali e la teoria algebrica dei numeri. Molta dell’algebra moderna può dirsi riconducibile ai suoi fondamentali lavori.

La carriera di Noether è spezzata dall’avvento del nazismo. Nel 1933 è costretta a riparare negli Stati Uniti, ma la sua condizione di donna le impedisce l’accesso ai centri di ricerca più prestigiosi.

L’università di Göttingen, grazie alla sua prestigiosa scuola di fisica e matematica, diventò un polo di attrazione. Bartel Leendert van der Waerden, autore di uno dei testi di riferimento dell’algebra moderna, viene dall’Olanda, negli anni Venti, per poter collaborare con Noether:  testimonia così all’azione quella che definirà un’originalità “assolutamente senza pari”. Lo studioso di topologia russo Pavel Alexandrov visita l’università varie volte e ha modo di apprezzare le doti matematiche della collega, che definiva tra il serio e il faceto, der Noether, il maschile a sottolineare un’estrema forma di riguardo.

La carriera di Noether, appena sbocciata, è improvvisamente spezzata dall’avvento del nazismo. Di madre ebrea, è costretta, nel 1933, a riparare negli Stati Uniti, dove ottiene un posto al Bryn Mawr College in Pennsylvania. Ma ancora una volta è la sua condizione di donna a impedirle l’accesso ai centri di ricerca più prestigiosi, come l’Università di Princeton, dove vengono invece contemporaneamente accolti Einstein e Weyl.

Muore improvvisamente nel 1935 a seguito di un’infezione contratta durante un’operazione chirurgica tutto sommato di routine per l’asportazione di un carcinoma. Sul New York Times, poco dopo la sua morte, compare un elogio da parte di Einstein. Altri attestati arrivano da tutti i colleghi, da Weyl e Alexandrov a Dieudonné e Wiener, che si spinge a definirla come la donna più importante della storia della matematica, equivalente a quello che Marie Curie era stata per la fisica.

Dopo la morte, per molti anni il teorema non viene granché menzionato, dimenticato anche dai suoi amici più vicini. A partire dagli anni Cinquanta, con gli studi di fisica delle particelle di Feynman e Gell-Mann, riprendono vigore le teorie di campo lagrangiane governate da un principio di azione. Il teorema di Noether diventerà da quel giorno un punto imprescindibile anche per la nuova fisica delle interazioni deboli e forti.

Malgrado il destino abbia impedito la creazione di una vera e propria scuola di Noether, sono molti coloro che possono definirsi oggi discepoli virtuali di Fräulein Emmy, i suoi “ragazzi”, come amava definire gli studenti che affollavano le sue lezioni.

(*) Mauro Cappelli fa ricerca nel campo dell'ingegneria nucleare. È stato redattore dell'opera Treccani Scienza e Tecnica e ha curato il volume di storia della scienza Atomi Molecole Energia (Treccani editore).

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