La controffensiva di primavera avrebbe dovuto sfoggiare la determinazione e la capacità ucraina di vincere la guerra contro la Russia, non tanto e non solo per l’ucraina, ma per l’intero mondo occidentale e per l’europa in particolare. In realtà la primavera non poteva aiutare a vincere alcunché.
Da quelle parti la primavera rende i movimenti difficili anche per i mezzi corazzati. E la determinazione e le capacità teoriche e psicologiche non potevano compensare i dubbi, i rischi e la carenza di forze e di mezzi. Doveva essere una controffensiva determinante anche solo nella propaganda per guadagnare la fiducia degli alleati e sostenitori dell’ucraina. In realtà, proprio a Vilnius, la stessa Nato ha vibrato una mazzata tremenda alla già scarsa fiducia ucraina nei confronti dell’alleanza Atlantica e di tutti i Paesi che si definiscono suoi amici fedeli.
 
Una mazzata ancor più subdola perché nascosta in un guanto di lattice come quello del chirurgo che non si vuole sporcare le mani mentre ti asporta motivazione e speranza oltre che sostegno pratico. Doveva essere una controffensiva che avrebbe dovuto innescare una reazione scomposta della Russia: o cedendo al panico o passando a sistemi e armamenti più distruttivi e provocatori. Non è stato così. La Russia non solo ha resistito, ma ha anche mostrato di saper incassare, cedere il cedibile o il superfluo, recuperare energie e tornare a irrigidire la difesa. Dopo aver etichettato la manovra russa come un’invasione a tutto campo (full scale) la controffensiva doveva essere rivolta al cuore della difesa avversaria. Invece si è sviluppata in maniera randomica su una linea di fronte lunga e incerta come se i vertici militari ucraini e tutti quelli dei Paesi alleati e amici (o soltanto ideologicamente schierati) non avessero la minima idea di cosa stesse succedendo. Doveva essere un’operazione basata sulla sorpresa (“attaccando laddove e quando i russi non se lo aspettano”) e paradossalmente sono stati gli ucraini a “sorprendersi” di ciò che avrebbe dovuto essere ovvio e ben visibile: le linee difensive costruite dai russi, gli ostacoli, i campi minati e gli schieramenti di artiglieria oltre al controllo del cielo. Doveva essere il grande scontro di mezzi corazzati come le battaglie di “giganti” dell’europa e dell’africa della Seconda guerra mondiale. E invece i carri armati di una decina di tipologie diverse, con scarse munizioni, autonomia logistica e tattica di poche ore ed equipaggi inesperti si sono imbattuti in un muro di ostacoli e fuoco. Doveva essere la moderna “madre di tutte le battaglie corazzate” e invece si è tramutata in una serie di provocazioni più terroristiche che “speciali”, più di disturbo che di distruzione, più contro la popolazione che contro gli obiettivi militari. Ora siamo in piena estate e mentre il terreno offre qualche possibilità in più le forze e le armi continuano a scarseggiare. Siamo in una “nuova fase”, ci assicurano gli esperti del NYT, l’ucraina ha iniziato la sua spinta decisiva e sta muovendo le unità corazzate armate e addestrate dall’occidente finora tenute in riserva. Finalmente è stato trovato l’obiettivo pagante: la striscia di collegamento fra Russia e Crimea. L’isolamento della Crimea dovrebbe essere la dimostrazione della vittoria da vendere in Europa e nel mondo come testimonianza del valore ucraino: la vittoria che dovrebbe indurre la Russia a ritirarsi.
 
Difficile valutare le intenzioni sospese tra le reali potenzialità e capacità e le esigenze della propaganda, i pii desideri, le speranze a lungo frustrate e la sicumera. Ma non è affatto difficile fare previsioni sulla base di quanto finora accaduto. Se questa spinta deve essere affidata alle “riserve” formate da mercenari, unità politicizzate e armamenti convenzionali risultati finora inconcludenti, non si tratta solo di un “test finale” come definito da un esperto del Pentagono, ma del “o la va o la spacca” che ha sempre caratterizzato la disperazione. La spinta potrà anche interrompere le comunicazioni, ma non per sempre e a costi esorbitanti. Tuttavia, dietro le incongruenze militari ucraine c’è il disegno lucido e cinico della Nato: mentre Russia e Ucraina si massacrano le armi e i mezzi occidentali di surplus acquistano nuova vita e nuovo valore (in dollari), mentre le distruzioni e i danni collaterali si moltiplicano ed estendono alle strutture civili le prospettive di guadagno per la presunta ricostruzione aumentano in maniera esponenziale. Mentre i combattimenti ucraini e russi si concentrano sul fronte terrestre, la Nato si occupa di quello marittimo. Il Mar Nero è il nuovo teatro strategico del confronto tra Nato e Russia: militare e civile. La Russia ha già avvertito che le navi destinate al trasporto di grano ucraino e altre merci da tempo sono utilizzate per rifornire gli ucraini di armi e munizioni: con la denuncia del trattato concordato con la mediazione della Turchia e dell’onu, la Russia ha già avvertito che le navi civili dirette verso i porti ucraini saranno considerati obiettivi militari. Considerando che il grano ucraino è in gran parte prodotto da giganti economici come Monsanto, Cargill e Dupont proprietari di 17 milioni di ettari di terreno coltivabile in Ucraina, la guerra del grano ha raggiunto il livello di guerra globale. La stessa cosa ha fatto l’ucraina nei confronti dei convogli da e per la Crimea e la Russia. Il Mar Nero è stato così ufficialmente militarizzato. Da un lato la Nato “vigila” in un mare sul quale si affacciano tre Stati membri (Turchia, Bulgaria e Romania), dall’altro la Russia non ha alcuna voglia di rinunciare a questo “mare caldo” anche se incandescente.
 
Il depotenziamento della Russia auspicato dagli americani e in particolare da Biden e Austin può essere ottenuto proprio sul mare con la chiusura degli sbocchi sul Mar Baltico a nord e sul Mar Nero a sud. La Gran Bretagna da sempre ha interesse a occuparsi del Baltico e ci sta riuscendo controllando la Polonia e gli Stati baltici senza curarsi troppo delle implicazioni strategico-politiche. Rimane il dubbio se i nuovi Stati ammessi alla Nato (Svezia e Finlandia) avranno veramente voglia di stare in prima linea rischiando la propria distruzione per gli interessi di Gran Bretagna e Stati Uniti. Nel Mar Nero la stessa incertezza riguarda Bulgaria e Romania mentre la Turchia non ha alcuna intenzione di rinunciare al proprio ruolo di “regolatrice” del Mar Nero e del Mediterraneo orientale. Di nuovo, la Nato tenta di forzare la mano agli stessi alleati superando le linee rosse più sensibili tracciate dalla Russia e quelle esistenziali per la sicurezza europea. Di nuovo l’ucraina si trova coinvolta in qualcosa di molto più grande della sua stessa sovranità e indipendenza. Nonostante le astuzie e i successi della propaganda, ha già giocato tutte le sue carte politiche e militari sul campo terrestre e si sta prestando a esercitare il ruolo di utile idiota in quello marittimo.

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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