Leggo sul Corriere dell’Umbria del 24 gennaio (al quale si rimanda per i particolari) un’analisi del Direttore alla Programmazione, innovazione e competitività della Regione Umbria, Lucio Caporizzi, circa i progetti di costituzione delle cosiddette macro-regioni, nella quale si sostiene l’inopportunità, se non l’inutilità di tali operazioni.

Mi permetto di dissentire.

Intanto non mi sembra valido, per supportare le proprie tesi,paragonare l’Umbria al Delaware, al Vermont o al Saarland; ovvero gli Usa e la Germania all’Italia: Paesi con organizzazioni statuali agli antipodi.

Vogliamo guardare in giro per il mondo per cercare l’esempio che ci quadra? Ma guarda un po’ se non ne troviamo almeno uno!

E se poi troviamo un Paese in cui non c’è un “Direttore alla Programmazione, innovazione e competitività” che facciamo, licenziamo Caporizzi?

Sembrerebbe poi che uno dei problemi sarebbe il cambio di nome della Regine perché “simbolo di identità territoriale con forte radicamento storico”.

Allora qualcuno si arrischi a delineare un profilo umbro che metta d’accordo tutti: da Terni a Perugia, dalla Valnerina, a Gubbio o da Castello al Trasimeno! Auguri!

L'identità dell'Umbria, ovvero delle sue comunità, è ancorata fisicamente ai territori, all’ambiente, alla cultura, al patrimonio artistico, alla storia e non precipuamente al fatto che l’Ente Regione rimanga uguale a se stesso.

Ricordo a tutti che l’Umbria prima del 1870 non esisteva, essendo solo una somma di territori, spesso storicamente antagonisti, inclusi nello Stato Pontificio.

E poi in ultimo: ma l’infinito discorso sull’identità de “L’Umbria delle Città” di qualche anno fa, contro il “centralismo perugino”, che fine ha fatto?

Veniamo ai vantaggi, che Caporizzi minimizza, di futuri accorpamenti (chiaramente da meditare con attenzione, e non certo da proporre come se si giocasse al Monopoli!).

Dati 2010 elaborati da CGIA di Mestre in euro pro capite.

Spese per il funzionamento delle Regioni: media Regioni statuto ordinario 134.

Alcuni esempi.

Emilia Romagna: 80 - Lombardia: 115 - Veneto: 84 - Campania: 178.

Umbria: 203 - Molise: 299 - Basilicata: 320.

 

Spese per personale:

Emilia Romagna: 36 - Lombardia: 23 - Veneto: 30 - Campania: 66. Umbria: 107 - Molise: 178 - Basilicata: 104.

La differenza fra regioni di dimensioni diverse è lampante.

Prendiamo l’Umbria come esempio di piccola regione: considerando che la spesa regionale è in massima parte legata alla sanità, e che per alcuni parametri di efficienza in questo campo noi siamo presi a buon esempio nazionale, la differenza dovrebbe essere legata sostanzialmente proprio alle sue ridotte dimensioni che non permettono economie di scala né sinergie.

Non so come i “soli” - bontà sua - 400 milioni di risparmi ai quali fa riferimento Caporizzi siano calcolati. Ma ammesso che quella sia la cifra, che comunque non mi sembra insignificante, non pensiamo anche a tutta la burocrazia che se ne andrebbe con gli accorpamenti regionali?

O forse è proprio questo il problema!!!

Non pensiamo ai vantaggi, per i cittadini, derivanti dalla possibile semplificazione delle normative oggi più simili a quelle di Stati diversi che a Regioni dello stesso Paese!?

Concordo invece sulla riconduzione allo Stato della legislazione sulle politiche attive del lavoro sperando che questa volontà si allarghi ad altri ambiti, a modifica della “nostra” (del Centro-Sinistra) scellerata riforma del Titolo V della Costituzione.

Un’ultima cosa: chissà se l’accordo sulla sanità recentemente sottoscritto con il Lazio, vada a parare verso la tesi di Caporizzio verso la mia? A tal proposito: ma che ne penserà la nostra Presidente!?

 

Il Segretario del Pd di San Giustino

Andrea Vezzini

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