Le riserve indiane sono ben rappresentate nei fumetti illustrati di Tex Willer. Sono state lo strumento della estinzione del popolo dei pellerossa d’America e teatro, con essa, di uno dei primi grandi genocidi dell’epoca moderna. Nel linguaggio politico la riserva indiana indica un recinto ininfluente o, addirittura, uno spazio terminale. Nelle scorse settimane anche la campagna umbra ha avuto quella che è potuta apparire una riserva indiana.

A Casa del Diavolo si è svolta la Festa della Sinistra Pd. Alcuni dei suoi maggiori leader hanno sfilato in una rassegna colorata di dignitosa malinconia, affollata da una specie antropologica che è ormai minoranza dentro a quel partito, vituperata dai nuovi arrembanti dirigenti e snobbata da quel dinamico popolo “smart” di avvocati, professionisti e imprenditori che sono il fulcro del nuovo corso renziano.

Eppure questa era la forza, per la maggior parte di derivazione Pci, che ha fondato il Pd e che, fino a poco tempo fa, ne costituiva la maggioranza politica, il cardine organizzativo e che animava tutte le feste del partito. Ora sono costretti a riunirsi in un angolo, forse per preparare una fuga dal partito, più probabilmente per chiedere, dentro di esso, una nuova cittadinanza.

Casa del Diavolo ha uno strano destino. Fu l’ultimo baluardo a Perugia della resistenza contro lo scioglimento del Pci e la roccaforte della nascente Rifondazione comunista; oggi è il territorio franco su cui sembra sventolare l’ultimo dei diritti dei lavoratori, l’art. 18, la cui cancellazione  segnerà emblematicamente la fine dell’epoca dell’emancipazione del lavoro.

A vederli così D’Alema e Bersani, nel ruolo inusitato e scomodo degli oppositori, loro che erano padroni del partito, fa uno strano effetto. E poi sentire un D’Alema,  che ha alle spalle una storia e radici profonde, dileggiato ai limiti dell’insulto da un maramaldo figurino di plastica senza che nessuno lo difenda, è quasi scioccante.

A questo vecchio gruppo si rimprovera di avere “fallito”. C’è qualcosa che non quadra in questa accusa, perché essa dovrebbe essere collegata a una inversione della politica che gli accusati hanno seguito. Paradossalmente invece questa politica viene portata alla sue estreme conseguenze, processando chi l’ha avviata. Un caso per tutti: un tormentone di questi anni contro D’Alema è stato quello di aver cercato l’”inciucio” con Berlusconi. I nuovi dirigenti Pd, con Berlusconi (condannato) ci stanno “riformando” l’Italia.

“Siamo in mano ai democristiani”: questa battuta si può raccogliere spesso. Allude alle origini democristiane di Renzi o, in Umbria, alla forza condizionante di Bocci. Beh, da quando la selezione dei “capi” la fanno le preferenze e la capacità di gestire sistemi di potere, effettivamente tra ex Pci ed ex Dc non c’è partita. Questi ultimi, per effetto della cultura politica dalla quale provengono, sono molto più bravi ed esperti. Per di più, su quel gruppo, lo scioglimento del Pci ha avuto un effetto implosivo ed esplosivo. Quella che sembrava una compagine solida e coesa, si è messa a litigare in modo furibondo. Quando si da per sconfitto un comune ideale e cade con esso una cultura politica, prevalgono e si scatenanorivalità e risentimenti e si consumano “vendette” che prescindono dalla dimensione dei dissensi reali.

Ma, poi, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Chi è che ha creato Renzi, o i “Renzi”?! Lo sport preferito di questi decenni degli ex comunisti è stato quello del “nuovo che avanza”. Hanno inseguito e incitato il loro popolo a inseguire acriticamente una presunta modernità che sconfessava, senza fare distinzione, tutto il “credo” della sinistra, hanno attribuito una funzione salvifica alla “americanizzazione” del sistema italiano. Questo substrato di idee ha prodotto l’ascesa del nuovo corso renziano. E quell’onda politica che li ha confinati nella ridotta indiana.

Leonardo Caponi

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