Il mercato allo scoperto

Ci siamo, finalmente. Gli esercenti del mercato coperto abbandonano le travi arrugginite della creatura dell'ingegner Grossi per ritornare, si spera, tra qualche anno in un posto tutto rinnovato e, in qualche modo, sempre uguale a se stesso. Certo, la struttura del sopramuro ci può raccontare come pochi altri luoghi la storia della Perugia popolare del Novecento, lo stile di vita, la cultura del cibo, l'arte del commercio, l'economia grama di anni difficili, la fatica certosina degli ortolani. Il mercato coperto che chiude, sia pure per rinnovamento locali, certifica una volta per tutte il passaggio di un'epoca, la fine di una civiltà. Certifica, cioè prende atto di un cambiamento storico già avvenuto e, in silenzio, ammette la scomparsa della sua ragione sociale. Ha cercato di resistere sino all'ultimo con i suoi pochi avventori e gli ultimi irriducibili esercenti. In fondo, dei vecchi fasti del passato non c'era rimasto che l'odore. Quello del pesce e delle verdure, l'odore del pavimento lavato con i detersivi, l'odore della stessa struttura che stava andando in malora, muffa e ruggine. Odore di polvere. C'era ormai un'aria greve e stantia lungo i corridoi ormai in gran parte abbandonati. E poi il silenzio che è la negazione dell'identità di un mercato, il luogo privilegiato e l'ultima tappa della vitalità prorompente della natura, l'esplosione dei colori e dei profumi, la sensualità seducente di una bellezza che si mostra senza pudore. Il mercato non è la rappresentazione di nature morte, al contrario. Basta guardare la "Vucciria" di Guttuso con al centro le rotondità di una donna che cammina, le stesse curve della frutta matura, la carne rossa dei bovini squartati. Tutto si muove anche se tutto è fermo, ma fermo solo per un attimo, il tempo che serve alla memoria in modo che più nulla si possa cancellare.
E' da molti anni che si discute sulle responsabilità della fine del nostro mercato coperto. Colpa della politica che è sempre la causa di tutti i mali e quindi degli autobus che non arrivavano più alla piazza del Sopramuro, della diffusione dei supermercati, della famigerata e negletta Ztl, anche se al piano terra della struttura in mattoni, ferro e cemento c'è pur sempre il parcheggio della Sipa, caro il giusto e anche di più, ma pur sempre sempre pieno. Il fatto è che il mercato coperto di Perugia ha accompagnato passo passo, fatalmente, il declino del centro storico, ne è stato una sua fedele rappresentazione. La modernità non concede sconti a nessuno, anche se spesso ne vediamo i tanti limiti tanto da trovar piacere ad andare con la memoria ai tempi di una volta. Forse un giorno anche i supermercati, che sono il simbolo del consumismo, alzeranno la bandiera bianca e scompariranno per lasciare il posto a qualcos'altro.
Chissà se la colpa non sia dell'ingegner Grossi che nel '33 fece costruire, sindaco Giovanni Buitoni, podestà per dirla giusta, quel grande manufatto davanti alla maestà delle pietre del Sopramuro liberando la piazza delle erbe dai suoi sbilenchi ombrelloni e oscurando così una delle meraviglia di Perugia, la rappresentazione più eloquente della sua pazza verticalità. Non sempre la modernità si afferma ovunque con successo. Ci sono delle città che hanno conservato i loro mercati in piazza, all'aperto. Il caso di Verona è il più famoso, ma anche a Vicenza non scherzano, sia pure solo due volte la settimana, a Siena, oppure nelle grandi città dove resistono mercati nati e vissuti nei vari quartieri storici. A Roma c'è San Lorenzo, San Giovanni e soprattutto Campo de' fiori che non è stato solo un luogo del cinema. E poi Torino, Napoli, Palermo. Ogni città ha la sua storia.
Anche a Terni hanno seguito la strada del mercato coperto che sostituì negli anni del miracolo economico Piazza Solferino, la piazza delle erbe. Ora che il mercato coperto ha chiuso da tempo non sanno dove sbattere la testa e la soluzione di largo Manni, mercato coperto anch'esso ma provvisorio, appare sempre di più l'ultima spiaggia. Per carità, non è questo l'esempio giusto da fare nei giorni del trasloco nella nostra piazza del Circo, ma non possiamo dimenticare che il ritorno accanto al Sopramuro non sarà una passeggiata. Quali scelte vorrà fare il nuovo gestore privato? Abbiamo scongiurato il pericolo della nascita di un banale centro commerciale ma il successo di quello rinnovato seguendo, tra l'altro, i canoni del semplice restauro conservativo non è scritto sulle pietre. Si trattava di fare una scommessa e questa scommessa ha imposto una decisione. Certo, non c'era da scegliere un solo modello, le soluzioni potevano essere anche diverse, ma ora è fatta e non ci resta che aspettare sapendo che non si rifarà quello che c'era una volta. Ricordando però che, come detto, il mercato segue come un'ombra il destino del centro storico. Ci siamo capiti.
Renzo Massarelli

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