PERUGIA – “La sicurezza è un diritto. E di fronte a una diffusa percezione di insicurezza è opportuno che le istituzioni e la politica si intestino, con la dovuta prudenza e la fermezza necessarie, la responsabilità di aprire un confronto che non sia fine a sé stesso ma che si ponga l’obiettivo ambizioso di indicare prospettive credibili.

Ecco perché restiamo convinte che i problemi di Perugia, che sono i problemi di tante altre città italiane, non si possano risolvere con l’apertura di nuovi Centri di identificazione ed espulsione”. Così Stefania Fiorucci, portavoce provinciale delle Democratiche di Perugia, che spiega: “preso atto che, così come sono ora, i Cie rappresentano una barbarie, il Pd sostiene da sempre – e lo abbiamo ribadito anche in occasione della Festa nazionale delle Democratiche, la scorsa settimana, parlandone con Livia Turco - la necessità di superare la logica che vede nei Centri di identificazione i terminali delle politiche per l’immigrazione, come anche, di conseguenza, le ideologie  che sottendono la Bossi-Fini”. “Troppo spesso – ancora Fiorucci – nei Cie convivono persone che delinquono e persone che non dovrebbero trovarsi in quei luoghi, magari immigrati che da tempo sono in Italia ma che si trovano in una condizione di irregolarità perché hanno perso il lavoro e non lo hanno più trovato. Per altro, la norma che prevede un trattenimento fino a 18 mesi per i ‘clandestini’, ha reso i Cie delle vere carceri”.

“L’Italia – sostiene Fiorucci - è diventata un Paese di immigrazione, in cui la popolazione immigrata è stabile e integrata. E’ tempo – dunque - di superare contrapposizioni di principio e associazioni improprie, che grattano la pancia al populismo rinunciando a indicare una prospettiva, e di tornare a occuparsi di immigrazione in termini di integrazione e solidarietà. E’ tempo di uscire dalle logiche emergenziali e da un approccio solo repressivo del fenomeno per approdare a politiche più mature e degne di un Paese civile”.

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