Tutte le statistiche recenti: quella dell’Istat, dell’Ires Cgil, dell’Aur regionale, certificano il declino inesorabile dell’Umbria. Peggiorano i dati sul PIL, quelli sull’occupazione, la perdita di posti di lavoro, la continua emigrazione di giovani laureati verso altri paesi europei e registrano un impoverimento generale della popolazione.

Certamente le conseguenze disastrose causate dal terremoto e i gravi ritardi del governo sulla ricostruzione e sui finanziamenti alle imprese non aiutano né la popolazione né agevolano la ripresa economica complessiva della nostra regione.

Questa difficile emergenza ha causato, anche, una certa difficoltà nel settore del turismo, nonostante il ripetersi con successo di due iniziative di notevole spessore culturale quali: Umbria Jazz a Perugia e il festival dei Due Mondi a Spoleto.

Tutti avvertiamo e viviamo un senso di precarietà, di incertezza sul futuro, di scarsa fiducia nelle istituzioni e nella politica.

Ma quello che preoccupa di più è lo stato di difficoltà che si riscontra sia nelle nostre principali industrie: la Ast di Terni, la Perugina, la Colussi, e in tante altre, ma anche nelle numerose piccole realtà produttive, certificate dalle molte vertenze aperte con il sindacato nei territori della regione.

E’ di questi giorni, dopo un percorso di cambio di proprietà, di ristrutturazioni, di perdita occupazionale, che di nuovo alla Ast di Terni si torni a minacciare esuberi di personale.

La preoccupazione maggiore è quella che ancora una volta l’azienda persegua l’obiettivo del ridimensionamento dello stabilimento produttivo.

I sindacati chiedono il rispetto dell’accordo firmato nel 2014 che prevedeva la garanzia dei livelli occupazionali, anche attraverso il turnover, ed un tavolo di concertazione per discutere la nuova situazione, le modalità e le garanzie per eventuali uscite.

Alla Perugina i sindacati chiedono il rispetto complessivo dell’accordo triennale, firmato un anno fa, che prevedeva quarantacinque milioni di investimenti in pubblicità e marketing, per incrementare le vendite di alcuni marchi leader del cioccolato. Inoltre erano previsti quindici milioni di investimenti in ammodernamento tecnologico.

Ora l’azienda sostiene che la sua applicazione ha portato ad un esubero di 340 lavoratori.

Alla Colussi l’azienda ha presentato una proposta industriale triennale di 80 milioni di investimento, di cui 50 milioni in pubblicità e marketing, a promozione dei marchi Colussi e Misura, e 30 milioni per il potenziamento degli impianti e per la riqualificazione e riconversione delle professionalità del personale. Il piano prevede, però, un esubero di personale di circa 60 persone su 540 dipendenti.

La strategia industriale dei grandi gruppi, in linea perfetta con quella della Confindustria, appare del tutto chiara: potenziare e rilanciare pochi marchi, con massicce dose di pubblicità, e con molto meno lavoratori. Quindi giungere a stabilimenti estremamente piccoli, competitivi, flessibili nella mano d’opera e negli orari, con poco personale fisso e eventuali lavoratori stagionali da utilizzare per poco tempo.

Contrattare e gestire al meglio l’uscita del personale dai processi produttivi è un obiettivo politico, sindacale e sociale rilevante ed importantissimo, ma ci domandiamo se può essere solo questa la sola strategia che il sindacato deve adottare, in questo contesto industriale e per questa visione dello sviluppo. Quale politica industriale, alternativa a quella aziendale, hanno in mente i sindacati, oltre la difesa degli accordi e la gestione degli esuberi? Basta l’azione attuale per poter incidere nella politica industriale delle aziende?

In questa situazione regionale e nazionale è evidente la carenza di una linea industriale seria da parte del governo, sopratutto nei confronti delle multinazionali.

Ma ci domandiamo, anche, quale sia quella portata avanti dalla Giunta Regionale allo scopo di rilanciare lo sviluppo di una comunità che perde colpi e che stenta sulla strada del rinnovamento, della competitività, del benessere sociale.

La Sinistra per Perugia ritiene che per uscire dalla crisi serve un nuovo ciclo di investimenti pubblici, un piano regionale del lavoro, un confronto serrato con gli industriali presenti in Umbria e il reddito di cittadinanza.

Giuseppe Mattioli
La Sinistra per Perugia

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