Il tessuto sociale di questa città sta cambiando. Ce ne stiamo accorgendo sulla pelle, noi dell'Arci che da qualche mese abbiamo la nostra nuova base operativa nello storico Palazzone di Viale Brin. La consapevolezza emerge con tutta la forza, il colore e l'esotismo del caso, vivendo anche soltanto qualche ora nell'antico quartiere operaio di Sant'Agnese. I luoghi delle vecchie classi subalterne (o più semplicemente dei "poveri") sono oggi rianimati da un meticciato culturale degno delle città di dimensioni più grandi. I nuovi poveri prendono il posto dei vecchi rianimando case pregne di una storia in tanti modi raccontata. Gli stessi mattoni ma un'altra umanità, quella che chiede accoglienza come pure quella che accoglie.

 

Un pezzo importante dell'identità di Terni è stato sicuramente, e per lungo tempo, lo spirito d'accoglienza. Forse proprio perché la storia moderna di questa città è stata fatta più dai forestieri che dagli indigeni. Oggi paura, diffidenza, scetticismo iniziano a pervadere sempre di più l'ambito della relazione con gli altri. Sono il frutto della sensazione d'incertezza, di mancanza di fiducia verso il futuro, del clima di precarietà imminente. La parte peggiore della crisi. Ma ciò che impressiona di più è che la città nel suo complesso non sia capace di ritrovare la bussola.

 

Nell'ultimo anno sono accadute una serie di vicende istituzionali orribili, sulle quali abbiamo sempre deciso di non intervenire per non cadere nella trappola delle tattiche politicistiche. Ma oggi è evidente che tutto quel che è avvenuto in Consiglio Comunale in questa fase non attiene alla sola polemica politica. E' il dato culturale di una città che sta cambiando pelle, che pare quasi leghizzata. I fatti puri e semplici: la vicenda Consulta degli Immigrati, la totale assenza di un dibattito sulla così detta Emergenza Umanitaria Nord Africa (la più grande migrazione di profughi di guerra africani che abbia mai investito Terni), la polemica sul dormitorio di via Vollusiano e le preoccupazioni sull'Emergenza Freddo, infine il triste dibattito mancato sulla Shoah.

 

Insomma sembra proprio che si sia persa la capacità di stare con gli ultimi, o forse in modo ancor più perbenistico aleggia un motto che nessuno ha il coraggio di pronunciare apertamente: aiutiamo tutti, ma lontano da casa nostra. Oltre dieci anni addietro quando ci fu assegnato un appartamento per ospitare i detenuti in permesso premio con famiglia fu occupato il Consiglio Comunale dai residenti della zona. Nessuno si è poi ricordato di dire ai mezzi di informazione che non è accaduto nulla. Che quei residenti siano oggi sugli scranni del Consiglio Comunale?

 

D'altra parte è più facile baciare un anello vescovile che non la fronte di un povero.  Eppure nell'ora di religione obbligatoria questo ci insegnavano.
Si tratta di una vera e propria emergenza culturale che investe la classe politica. Un'emergenza che attraversa le forze politiche in modo oramai trasversale. Un'emergenza umanitaria. Vogliamo aiutare questo Consiglio Comunale, sperando che sappia finalmente trovare un luogo di confronto pubblico con le forze sociali e associative che testardamente continuano ad impegnarsi ancora per una società più giusta. Serve una riflessione del tutto aperta su questi temi, non soltanto perché la sicurezza passa tanto dalle regole quanto dalla solidarietà,  ma anche  perché Terni deve trovare luoghi dove ripensarsi, dove guardarsi con un occhio allo specchio e con l'altro al futuro. Serve una visione strabica.
Noi ci siamo.

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