Tempi moderni

di Loredana Fraleone
Sono stata invitata dall’assemblea dei rappresentanti di classe della mia scuola a spiegare il senso dello sciopero dei metalmeccanici del 28 e del perché riguarda anche gli studenti e tutti noi. Nonostante qualche preoccupazione iniziale, non vi è stata alcuna difficoltà a farlo, anzi ne ho ricevuto ulteriore conferma di trovarmi di fronte ad una situazione nuova, ad una attenzione e una voglia di capire, impensabili solo un anno fa.
Mi sono giovata, per far comprendere cosa concretamente significa la perdita di alcuni diritti, come quello alle pause in una catena di montaggio, della citazione dello splendido film in cui Chaplin, tra un’azione esilarante e l’altra rende con estrema efficacia il senso della devastazione psicofisica di quel lavoro e degli effetti dell’asservimento alla macchina, al punto che il povero Charlot rischia di essere mangiato dagli ingranaggi. I ragazzi/e avevano visto o avevano presenti alcune scene di “Tempi Moderni”. Il rapporto tra cinema e scuola è ancora molto vivo e molti/e insegnanti se ne servono, per rappresentare problemi e temi che i film rendono più accessibili grazie al loro straordinario linguaggio.
Mi sono resa conto proprio recentemente che, mentre nelle proiezioni degli anni scorsi, la vicenda dell’operaio Charlot colpiva prevalentemente per il suo impatto comico e sembrava riferita ad un’epoca ormai scomparsa, adesso il film torna di un’attualità sconcertante, anche per la società che descrive, contrassegnata dalla disoccupazione, dalla dura repressione degli scioperi, dalla voglia di futuro dei protagonisti. Non c’è da meravigliarsi che Chaplin sia incappato nella reazione maccartista e abbia in seguito dovuto lasciare gli Stati Uniti.
Sarà molto importante che il 28 gennaio la Fiom, soprattutto dopo l’eroico voto degli operai di Mirafiori, riceva il massimo della solidarietà e che siano presenti, nelle manifestazioni regionali, i movimenti che hanno caratterizzato i mesi scorsi. La dimensione della mobilitazione studentesca non potrà essere quella messa in campo in occasione del voto sulla riforma Gelmini, anche per le modalità organizzative della giornata del 28 gennaio, ma la solidarietà spontanea che coinvolge gli studenti nei confronti delle tute blu non può rimanere inespressa. Sarà compito della stessa Fiom, dei sindacati della scuola e dell’università, di tutti coloro che si riconoscono in questa resistenza carica di futuro dei metalmeccanici, farsi carico di curare il rapporto tra queste soggettività diverse, ma uguali nella sofferenza prodotta da un capitale tanto più feroce quanto più in difficoltà.
Il passaggio dalla propria condizione di sfruttamento alla consapevolezza di classe assume oggi un carattere d’immediatezza, di nuova opportunità di assunzione di una coscienza politica. I lavoratori di Mirafiori, come quelli di Melfi vedono bene cosa sia oggi il rapporto tra capitale e lavoro, ma anche quelli delle così dette produzioni “immateriali”, i lavoratori delle compagnie teatrali ad esempio, che totalmente consegnati al mercato non potranno contare su alcun sostegno pubblico, si rendono sempre più conto di dove vada a parare una società come questa. I giovani precari di ogni genere scontano anche la frantumazione della propria condizione, non si trovano in centinaia o migliaia in un unico luogo di lavoro e gli studenti devono acquisire la capacità di guardare al futuro che non c’è, per trovare la spinta alla ribellione. La lotta delle tute blu diventa allora un riferimento pratico e teorico, che fa scuola e può arricchire l’immaginario giovanile di categorie quasi scomparse negli ultimi decenni, come quella del conflitto tra capitale e lavoro; per questo dovremmo vivere gli ultimi eventi con grande preoccupazione, ma anche con una rinnovata speranza ed uno straordinario investimento di tutte le nostre forze.
Anteprima di Liberazione del 18 gennaio 2011

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